R. ferrugineus
è originario dell'Asia sudorientale e della Melanesia, dove
è responsabile di seri danni alle coltivazioni di Cocos
nucifera. A seguito del commercio di esemplari di palme
infette la specie ha raggiunto negli anni ottanta gli
Emirati Arabi e da qui si è diffusa in Medio Oriente
(segnalata in Iran, Israele, Giordania e Territori
palestinesi) ed in quasi tutti i paesi del bacino
meridionale del Mar Mediterraneo (a partire dall'Egitto dove
è stata segnalata per la prima volta nel 1992); risalita
sino alla Spagna (prima segnalazione nel 1994), ha
successivamente raggiunto la Corsica e la Costa Azzurra
francese (2006). La prima segnalazione in Italia è del 2004
e si deve ad un vivaista di Pistoia che aveva importato
delle piante dall'Egitto; |
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nel 2005 viene
segnalato in Sicilia e quindi in veloce diffusione verso il
Nord della penisola: arriva in Campania, portando a morte
centinaia di palme secolari in parchi pubblici e nei
giardini privati, in Lazio, torna in Toscana ed è infine
anche in Liguria.
La causa della rapida
diffusione è principalmente il commercio di esemplari di
palma infestati dall' insetto e non riconosciuti tali.
Descrizione
Lungo fra i 19 ed i 45 mm, presenta una livrea di colore
rosso-brunastro, con macchioline nere nella parte superiore
del torace. Possiede un lungo rostro ricurvo, che nel
maschio è più accentuato e ricoperto da una fitta peluria
brunastra, alla sua base sono inserite le antenne. La
larghezza del corpo varia fra gli 11,5 e i 15,5 mm, le
elitre presentano una fine striatura e sono di colore più
scuro rispetto al pronoto. Lo scutello è lungo circa un
quarto delle elitre, piuttosto ampio.
Le uova
Sono sottili,
oblunghe, di colore bianco crema, lunghe in
media 2.62 x 1.12 mm, la femmina ne depone
un numero variabile fra qualche decina e
molte centinaia.
La pupa
La pupa
misura in
media 35 mm
x 15 mm, ed
è
inizialmente
di color
bianco crema
e quindi
marrone
negli stadi
più
avanzati.
Le larve
Le larve sono lunghe 35-50 mm, di colore biancastro con il capo marrone, l'apparato buccale masticatorio è ben sviluppato e fortemente chitinizzato mentre il corpo bianco, composto da 13 segmenti, non è dotato di zampe.
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Biologia
Gli adulti di
R. ferrugineus sono attivi sia di
giorno che di notte. Sono abili volatori, in
grado di raggiungere nuovi ospiti nel raggio
di 1 km.
La
oviposizione avviene solitamente in
corrispondenza delle porzioni più giovani e
tenere della pianta o in ferite del tronco o
del rachide fogliare. Una femmina può
deporre sino a 200 uova per volta.
Dopo la
schiusa le larve si dirigono verso l'interno
della pianta, scavando gallerie grazie al
robusto apparato masticatorio e danneggiando
sopratutto la zona del tronco immediatamente
sottostante alla corona foliare. Il periodo
larvale dura in media 55 giorni.
Le larve si
impupano in genere alla base della pianta,
formando dei bozzoli ovali di fibre di palma
all'esterno del tronco. Dopo l'emergenza
dalla pupa gli adulti rimangono all'interno
di tali bozzoli per 4-17 giorni (media 8
giorni), raggiungendo la maturità sessuale.
Il ciclo
vitale completo, dall'uovo allo
sfarfallamento, dura in media 82 giorni. Gli
adulti hanno una durata di vita di circa 2-3
mesi.
È stato
stimato che, in assenza di fattori
limitanti, una singola coppia di R.
ferrugineus possa dare vita, nell'arco
di 4 generazioni, a circa 53 milioni di
esemplari.
Uso alimentare
Presso i Iatmul,
una popolazione indigena della Papua Nuova
Guinea, le larve di R. ferrugineus
costituiscono un importante elemento della
dieta, arrivando a rendere conto di circa il
30% del fabbisogno proteico e costituendo la
principale fonte di zinco e ferro.
Ospiti
R. ferrugineus
colpisce parecchie specie di Arecaceae tra
cui le più diffuse palme ornamentali del
Mediterraneo, Phoenix canariensis e Phoenix
dactylifera, ma anche specie di interesse
economico quali la palma da cocco (Cocos
nucifera) e la palma da olio (Elaeis
guineensis). Altre specie su cui sono stati
segnalati attacchi sono Areca catechu,
Arenga pinnata, Borassus flabellifer,
Calamus merillii, Caryota maxima, Caryota
cumingii, Corypha gebanga, Corypha elata,
Livistona decipiens, Metroxylon sagu,
Oreodoxa regia, Phoenix sylvestris, Sabal
umbraculifera, Trachycarpus fortunei,
Washingtonia sp..
Occasionalmente può anche attaccare Agave
americana e Saccharum officinarum.
Alcune specie, quali la Chamaerops humilis,
che sembrano essere immuni all'infezione, si
sono rivelate in grado di produrre una
secrezione gommosa che sembra impedire
l'attecchimento del parassita.
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Sintomi dell'infestazione
La
infestazione può essere a lungo asintomatica
e manifestarsi solo in una fase avanzata.
I primi sintomi sono rappresentati da un
anomalo portamento della chioma, che assume
un caratteristico aspetto divaricato "ad
ombrello aperto". Nei casi più gravi si
arriva alla perdita completa delle foglie,
per cedimento del rachide fogliare, per cui
la pianta appare come "capitozzata".
Nello stadio terminale della infestazione si
produce un vero e proprio "collasso" della
pianta: solo a questo punto le colonie di
curculionidi abbandonano la pianta attaccata
migrando su un nuovo esemplare.
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Metrodi di lotta
Il controllo del R.
ferrugineus è problematico e molto difficile a causa del
concorso di molteplici fattori che favoriscono il fitofago.
Gli adulti si muovono con facilità e possono eludere
eventuali barriere di protezione o di contenimento
espandendo i focolai d'infestazione.
I trattamenti chimici curativi richiedono l'impiego di
insetticidi sistemici e una diagnosi precoce
dell'infestazione; trattamenti curativi tardivi, oltre ad
essere inutili per risolvere l'attacco nella pianta
infestata, sono anche di scarsa efficacia. I trattamenti
chimici preventivi possono avere una loro efficacia come
barriera chimica, tuttavia presuppongono l'impiego di
prodotti attivi per contatto, dotati anche di una certa
tossicità, e la copertura di tutta la pianta con
l'irrorazione. Il trattamento di esemplari di grandi
dimensioni, che espone al rischio di fenomeni di deriva, e
l'intervento in aree urbane pongono inoltre vincoli nella
scelta del principio attivo subordinando l'efficacia alla
tutela della salute pubblica.
L'impiego di antagonisti naturali è ancora in fase di studio
e al momento non ci sono ancora prospettive di applicazione
significative: gli Artropodi ausiliari si sono finora
rivelati insufficienti a contenere la dinamica della
popolazione. Migliori prospettive sono offerte dall'impiego
degli entomopatogeni, in particolare Virus agenti della
poliedrosi citoplasmatica e Nematodi. L'efficacia di questi
ultimi, almeno in ambito sperimentale, sarebbe stata messa
in evidenza da ricerche condotte in Spagna nell'impiego sia
preventivo sia curativo: la liberazione di adulti su piante
preventivamente trattate con Nematodi ha prodotto una
mortalità del 100%; sembra inoltre che i Nematodi siano in
grado di penetrare nelle gallerie e raggiungere le larve,
permettendo perciò un intervento anche in sede curativa[3].
L'impiego delle trappole, largamente sperimentato in diverse
regioni dell'Asia, del Medio Oriente e in Spagna, ha messo
in evidenza l'utilità accessoria sia nel mass trapping sia
nel monitoraggio della popolazione di adulti. Le indicazioni
riportate in letteratura sul grado di efficacia sono
discordanti, tuttavia mettono in evidenza una maggiore
efficacia dell'uso di attrattivi combinati (feromone e
attrattivi alimentari a base di zucchero) e l'importanza
della disposizione delle trappole in relazione all'altezza.
Sulla base dei risultati finora conseguiti è presumibile che
la tecnologia debba essere ancora raffinata per migliorare
ulteriormente le prospettive di successo.
Scarsi risultati hanno finora prodotto le ricerche in merito
alla possibilità di sfruttamento della tecnica del maschio
sterile.
Interessanti sono le prospettive di adozione di tecniche di
lotta integrata, sulla base dei risultati di prove condotte
in Medio Oriente. In generale la lotta integrata presuppone
l'adozione di tecniche combinate che agiscono a vari
livelli: monitoraggio della popolazione, ricorso al mass
trapping, esame delle palme ai fini di una diagnosi precoce,
misure di profilassi che consistono nell'eliminazione dei
possibili siti di riproduzione, nella bonifica dei possibili
focolai d'infestazione (es. giardini e palmizi abbandonati),
mantenimento delle piante in buono stato fitosanitario,
ricorso ai trattamenti chimici preventivi e curativi,
ricorso a regolamenti che impongono misure fitosanitarie,
educazione e divulgazione. L'adozione di tecniche combinate
ha permesso di ottenere anche un successo nell'eradicazione
(Israele), sia pure in un contesto locale e circoscritto. La
letteratura cita anche la possibilità di sviluppo di metodi
di diagnosi precoce più o meno singolari, come l'impiego dei
cani o il rilevamento del tasso di traspirazione, che nelle
palme infestate s'intensifica.
In ambienti di recente introduzione, come in Italia, è di
fondamentale importanza la profilassi al fine di evitare
l'espansione del fitofago, intervenendo precocemente sui
focolai d'infestazione. In proposito, sulla base delle
difficoltà oggettive di diagnosticare precocemente gli
attacchi e d'intervenire con interventi curativi, si
rivelano di particolare importanza le seguenti azioni:
-
il monitoraggio da parte
degli Osservatori fitosanitari;
-
il mantenimento delle
palme in buone condizioni nutrizionali e fitosanitarie,
in quanto la suscettibilità agli attacchi da parte degli
insetti xilofagi aumenta nelle piante in condizioni di
stress o comunque indebolite;
-
l'adozione di tecniche di
potatura e cure che riducano i possibili siti di
penetrazione dell'insetto;
-
la distruzione dei focolai
d'infestazione, rappresentati da palme attaccate,
adottando accorgimenti finalizzati ad impedire lo
sfarfallamento degli adulti (rimozione delle palme,
allestimento di barriere fisiche di contenimento,
distruzione con la trinciatura e con la bruciatura in
tempi brevissimi).
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