Da tempo, ormai, siamo
abituati ad attribuire grande importanza alle
previsioni, in qualunque realtà, dalle elezioni
politiche all’andamento economico e, non ultimo, in
ambito meteorologico. Tutta questa necessità di
“prevedere”, fa pensare che nell’uomo che si
definisce “tecnologico”, come nell’uomo primitivo,
la ricerca del “responso” degli oracoli continui a
essere importante e rassicurante.
La differenza che,
però, ci pone in svantaggio è che abbiamo quasi
perduto lo spirito d’osservazione che faceva
dell’uomo del passato un attento e rispettoso
conoscitore dei fenomeni naturali. D’altronde, tale
conoscenza era anche una necessità, poiché la vita
era fortemente correlata ai ritmi della natura che
oggi invece spesso trascuriamo o addirittura
vogliamo modificare secondo i nostri desideri (o
credete sia naturale e salutare mangiare gli
zucchini a gennaio o che nei pomidoro, per
permetterne una migliore conservazione, ci possa
essere un frammento di DNA proveniente dal mondo
animale?).
Dalla volontà di porre
al centro dell’attenzione nuovamente l’osservazione,
sorge la Bioclimatologia, nella veste che
proponiamo, la quale non anela ad essere una disciplina
che si definisca scientifica: non è nostra volontà
far ciò e quindi non ci avventuriamo in un
territorio che non ci compete. Siamo inoltre
convinti che, troppo spesso, si commetta l’errore
di credere che scientifico sia sinonimo di vero:
l’uomo di oggi ha confutato molte delle convinzioni
scientifiche dell’uomo di ieri e, probabilmente,
l’uomo di domani considererà miopi e fantasiose
alcune delle visioni su cui oggi siamo così
arroccati, tanto da vivere talvolta come vere e
proprie eresie le voci che escono dal coro. In
fondo, i roghi continuano ad ardere: semplicemente
sono mutate le modalità e le caratteristiche. Ciò
non nega in alcun modo l’importanza e il valore del
progresso scientifico, quando esso sia al servizio
dell’uomo, ma non quando l’uomo diventa suo schiavo.
La
Bioclimatologia
è un invito a considerare l’uomo immerso nella
natura (intesa in senso ampio, cioè fisica,
climatica e sociale) e quindi da essa ampiamente
condizionato e, al contempo, condizionante.
Osservare, ascoltare e cercare di comprendere,
affinché tali riflessioni possano essere utili
all’uomo, in una visione di benessere non
riduttivamente economico e sociale, ma come uno
stato di ben-essere dell’individuo e della
collettività.
Non a caso ricordiamo
che il primo a porre attenzione alla Biometereologia
e alla Bioclimatologia fu Ippocrate di Kos, meglio
conosciuto come il padre della Medicina occidentale,
il quale in un suo scritto (Corpus Hippocraticum,
in particolare in Arie, Acque e Luoghi)
afferma che le malattie sono determinate in funzione
dell’ambiente geografico e climatico senza nessuna
possibilità di isolamento per l’organismo umano.
Egli affermava:
«Si tratta di
considerare l’uomo come un tutt’uno con l’ambiente
che lo circonda, di analizzare le stagioni, il loro
mutare ed evolvere, nonché la loro influenza sul
corpo umano, non solamente dal punto di vista fisico
ma anche sul versante psicologico: i venti che
soffiano da direzioni diverse, quelli generali e
quelli invece locali, le acque sorgive
caratteristiche di determinati luoghi e le loro
caratteristiche intrinseche, le varie posizioni
nelle quali si trovano le varie città, il
particolare tipo di vita degli abitanti, il loro
modo di comportarsi a seconda del mutamento delle
stagioni oppure delle condizioni atmosferiche».
Questo progetto
umilmente invita a divenire osservatori del mondo
che ci circonda, per iniziare finalmente a cogliere
gli evidenti segnali che la Natura “generosamente”
da tempo continua a mostrare, quasi volesse cercare
di destarci da questo incomprensibile “sonno” nel
quale siamo caduti, quindi “svegliatevi,
svegliamoci, svegliateci ...”
Riego
Gambini & Marco
Aubert - San
Benedetto del Tronto, estate 2007 |