Jacques Beneviste ... alla sua memoria e a quella dell'acqua

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L’area scientifica annunciata e mostrata dalle ricerche di Jacques Benveniste è nota come il fenomeno della memoria dell’acqua: infatti, l’acqua sarebbe in grado di trasportare informazioni molecolari - messaggi biologici -, e inoltre sarebbe possibile registrare, trasmettere e amplificare queste informazioni come può essere fatto per i suoni [1]. Ciò significa considerare l’acqua ben altro che un liquido composto da molecole di H2O più o meno isolate, in movimento, bensì un fenomeno assai più complesso e articolato. E se nel far ciò rammentiamo che l’uomo come il pianeta Terra sono costituiti dal 70% circa di acqua (il feto raggiunge il 95%), ci si avventura in un mondo per nulla fantasioso o bizzarro, ma sicuramente ancora inesplorato, ove vengono custodite verità che sono a fondamento della Vita.

Jacques Benveniste ha intuito nel suo percorso di ricercatore una di queste verità e anziché negarla, soltanto perché non corrispondeva al sapere da lui acquisito sino a quel momento, ha cercato di comprendere spinto dall’amore per la Scienza, il cui etimo originario deriva dal latino Scientia che significa Conoscenza. Non a caso Socrate fu il primo ad accostare la Conoscenza alla Virtù ritenendo che “l’uomo che non sapeva cosa era il bene non poteva certo farlo”. Oggi, purtroppo, assai di frequente nella scienza (e non soltanto in essa) non dominano i principi etici di Socrate, quanto piuttosto quelli di alcuni suoi contemporanei: i sofisti, che trasmettevano la conoscenza, talvolta, se necessario, anche false conoscenze, dietro compenso.

La storia che stiamo per raccontare non si è svolta ad Atene ai tempi di Socrate, il quale all’esilio preferì la cicuta, e neppure in un regime dittatoriale, dove i dissidenti vengono “invitati” in vari modi a rivedere le proprie idee, ma nella terra ove Liberté, Egualité, Fraternité sono i principi sui quali si fonda la Repubblica.

Nel 1984, mentre Benveniste si stava occupando dei sistemi ipertensivi (allergici), “casualmente”, riscontrò il cosiddetto fenomeno ad alta diluizione che venne denominato appunto la memoria dell’acqua. Il fenomeno a cui si fa riferimento riguarda la diluizione di una sostanza in acqua sino al punto nel quale la soluzione finale contenga solamente molecole di acqua. Con i sistemi ipertensivi che stava usando, osservò che questa soluzione altamente diluita attivava una reazione come se le molecole iniziali fossero ancora presenti nell’acqua: essa aveva trattenuto, “memorizzato” una traccia, un’informazione delle molecole presenti all’inizio della diluizione. Jacques Benveniste aveva realizzato la dimostrazione biofisica dei più recenti “messaggi nell’acqua” del ricercatore giapponese Masaru Emoto, il quale con i suoi cristalli d’acqua ha mostrato visivamente come questa sia profondamente sensibile e connessa alla coscienza individuale e collettiva degli uomini.

Jacques Benveniste, probabilmente, non ricevette il premio Nobel per aver scoperto la molecola del PAF (fattore di aggregazione piastrinica), oltre a perdere la sua acclamata reputazione, proprio perché si “smarrì”, secondo il mondo scientifico “ufficiale”, nei meandri oscuri dell’acqua e della sua memoria. Intrapresa la via meno ortodossa suggerita e stimolata da questa sua nuova scoperta, perse immediatamente il sostegno e i finanziamenti del mondo accademico, che lo derise per questa sua “eresia”. Ma facciamo un po’ di storia, per comprendere meglio come talvolta funzioni la scienza… quella scienza nella quale Benveniste credeva e alla quale aveva offerto la propria esistenza di ricercatore affermando con dignità e rispetto: «Io ho una guida assai esigente e ne sono rapito. Il mio intero essere è completamente appagato dalla sua immagine, dal profilo, dal volto seducente e a volte evasivo, dal sorriso incostante di questa donna che si chiama la Scienza. Non mi si può impedire di fare quello che faccio, di andare là dove sto andando» [2]. Ma la donna in cui egli credeva e alla quale aveva dato devozione e fedeltà non ha saputo riconoscere e accogliere fra le sue braccia un uomo che alla ricerca di talune risposte aveva visto e scoperto l’inatteso. Avrebbe potuto negarlo, tacere e invece si è comportato da vero scienziato: ha accolto ciò che inizialmente era incomprensibile e inconciliabile con le conoscenze acquisite sino a quel momento e si è avventurato in quel mondo sconosciuto con la fierezza e il coraggio d’un cavaliere d’altri tempi, senza tradire, seppure vi fosse rischio, il codice d’onore a cui si era votato, che era anche la sua fede:la verità e la libertà.

Non ha negato l’esistenza di ciò che ha visto semplicemente perché non lo comprendeva e non era riconducibile al modello conoscitivo che possedeva. In fondo lo scienziato – quando è un libero pensatore - è tale se ha la capacità di stupirsi come accade al fanciullo e se, al contempo, riesce a mettere in atto il dubbio cartesiano, che non dovrebbe alimentare riduttivamente lo scetticismo o l’integralismo, ma l’umiltà di dubitare del proprio sapere e quindi di non essere imprigionato da dogmi e pregiudizi, così da permettere alla Conoscenza e non solo al sapere accademico di accompagnare l’uomo nel suo cammino evolutivo, che non è affatto sinonimo di progresso, ma di vera conoscenza di sé e del mondo, ossia del Tutto che è in noi e di cui siamo parte.

Per colui che nel suo laboratorio aveva avuto la capacità di stupirsi, di accogliere l’inatteso e - come un novello alchimista - di scoprire il messaggio della Grande Opera inscritto nell’acqua, la via dell’ ”esilio” e del “rogo” era segnata, poiché egli scelse di non abiurare. Ma vediamo come venne affrontato l’affaire Benveniste: come si svolse il processo per eresia e quale fu il tribunale dell’inquisizione.

Il 30 giugno 1988, il quotidiano francese Le Monde pubblica una notizia da prima pagina, che viene così sintetizzata: «una scoperta francese che potrebbe capovolgere i fondamenti della fisica». Il quotidiano fa riferimento a un articolo apparso sulla rinomata e accreditata rivista scientifica inglese Nature. Le ricerche sono state condotte dal prof. Benveniste che vanta una straordinaria carriera: Direttore di Ricerca presso un’importante unità dell’INSERM (istituto nazionale per la sanità e la ricerca medica), del quale è anche membro del consiglio scientifico. Egli ha scoperto una molecola importantissima implicata nel fenomeno dell’asma ed è stato uno stretto collaboratore di J.P. Chevènement, ministro della ricerca dal 1981 al 1983. Tredici dei biologi suoi collaboratori, sia francesi sia stranieri, hanno partecipato ai lavori. Essi sottoscrivono e testimoniano l’incredibile esperienza che egli pubblica col titolo: La Degranulazione dei basofili umani indotta da elevate diluizioni di un antisiero anti IGE. In pratica, il ricercatore è riuscito ad attivare una cellula sanguigna grazie a una soluzione d’acqua contenente un anticorpo ormai completamente diluito. L’informazione biologica è stata dunque trasmessa in assenza della molecola: «L’acqua può ricordare» afferma Benveniste, il quale senza averne ancora pienamente coscienza stava comprendendo i meccanismi biologici relativi alla struttura dell’acqua.

Questa scoperta ha suscitato una controversia scientifica di notevole portata, oltre che una campagna denigratoria nei confronti del ricercatore divenuto un eretico. Per molti, i risultati non erano accettabili solo perché non spiegabili. Ma, Benveniste non ha abbandonato il cammino intrapreso. Cambiando spesso il protocollo sperimentale, per offrire basi più solide ai suoi risultati, egli ha potuto progressivamente fornire una spiegazione al fenomeno che pareva inizialmente incomprensibile.

Jacques Benveniste ha così concluso che a ciascuna molecola attiva corrispondeva un segnale elettromagnetico. Mano a mano che le varie diluizioni escludevano la presenza della molecola, il segnale rimaneva attivo. E’ così che egli, nonostante le avversità e le difficoltà, si è impegnato anno dopo anno a mettere in evidenza un fenomeno anomalo e per lo più difficile da gestire con mezzi ridotti (poiché, ricordiamo, che i fondi per la ricerca gli erano stati negati).

Gli effetti di queste alte diluizioni sono stati riprodotti sette volte in sei laboratori internazionali, indipendenti dal suo, e più di un migliaio di volte nel proprio laboratorio, avvalendosi anche di un robot per escludere l’intervento umano.
Nel 1999, venne invitato dal Prof. B.D.Josephson, premio Nobel per la Fisica, a una conferenza a Cambridge e il laboratorio di Cavendish - il luogo ove sono state presentate negli ultimi centoventicinque anni alcune tra le più straordinarie scoperte scientifiche - ospitò anche Benveniste, il quale presentò praticamente i risultati più recenti delle sue scoperte. Durante la sua relazione, mostrò alcuni esperimenti nel corso dei quali un segnale biologico registrato su disco rigido di un computer venne inviato, via internet, a un altro laboratorio sperimentale dove gli effetti specifici della molecola originaria venivano trasferiti a un sistema biologico. Seppure il tempo e la strumentazione a disposizione in quel momento fossero limitati, il risultato fu sorprendente.

Viene da domandarsi a questo punto quante prove siano necessarie affinché una scoperta possa essere considerata scientifica, o almeno presa seriamente in considerazione, e cosa significhi veramente la riproducibilità di un esperimento. Probabilmente quando il mondo scientifico si comporta da “clero scientifico”, arroccato ai suoi dogmi, diviene assai più intransigente con coloro che portano altre verità rispetto a quelle ufficialmente riconosciute di quanto lo fossero i tribunali dell’inquisizione con la stregoneria.

Il 3 ottobre 2004 il Prof. Jacques Benveniste termina la sua permanenza terrena durante un intervento chirurgico presso l’ospedale della Pitié-Salpétrière di Parigi.

Noi crediamo che Benveniste non sia stato né un eretico, né un visionario, quanto piuttosto un pioniere e abbia colto un frammento di Verità universale.

Come ha affermato il Prof.Josephson: «Quanti si ostinano a credere che Benveniste avesse inevitabilmente firmato la sua condanna al declino e all’oblio, nel momento stesso in cui si era avventurato al di là dei campi convenzionali di ricerca, nei quali aveva ottenuto approvazione e successo, si sbagliano totalmente e commettono, senza ombra di dubbio, un grave errore».

In sua memoria e di quella dell’acqua queste poche pagine…

In sua memoria, ma soprattutto per onorare la Scienza in cui credeva, non smettiamo di cercare la Verità…

Torino, 3 ottobre 2009

ATI


[1] Cfr.V.Valenzi, Il caso Benveniste. Alla sua memoria e a quella dell’acqua. Il caso Benveniste: il Nikola Tesla della biologia? www.scienzaeconoscenza.it

[2] Cfr. Benveniste J., La mia verità sulla memoria dell’acqua, Diegaro di Cesena, Macro Edizioni, 2006.

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