ROMA - Circa metà della popolazione mondiale potenzialmente potrebbe contrarre la malaria. Nei 106 i Paesi in cui questa patologia è considerata endemica, 3,3 miliardi di persone questo rischio lo corrono tutti i giorni, mentre sono tra le 65mila e il milione e 200mila quelle che ogni anno si infettano e muoiono a causa del protozoo Plasmodium Falciparum trasmesso dalla zanzara anofele.
Una vera e propria ecatombe che dovrebbe essere combattuta con i farmaci antimalarici. Purtroppo, però, un terzo di queste medicine risultano inefficaci perché contraffatte. A lanciare l'allarme dalle pagine della rivista scientifica Lancet Infectious Diseases, con la sconvolgente affermazione, è uno studio statunitense condotto dal Fogarty International Center dei National Institutes On Health.
I ricercatori Usa hanno incrociato i dati provenienti da due studi separati condotti suille medicine distribuite negli ultimi dieci anni nelle due aree tropicali in cui il fenomeno della malaria è notoriamente più diffuso: esaminando 1.500 campioni di sette farmaci utilizzati contro la patologia, provenienti da sette Paesi del Sud-Est asiatico e oltre 2.500 esemplari di medicinali provenienti da 21 Paesi dell'Africa Sub-Sahariana, gli autori dello studio sono arrivati alla conclusione che la scarsa qualità di alcuni prodotti e soprattutto la diffusione di false compresse sono la causa dell'insorgenza della resistenza ai farmaci e del fallimento delle terapie.
"Gran parte della morbilità (la frequenza percentuale di una malattia in una determinata popolazione, ndr) e della mortalità causate dalla patologia - avvertono i ricercatori - potrebbero essere evitate se i farmaci disponibili per i pazienti fossero davvero efficaci, di alta qualità ed utilizzati correttamente".
La causa di un tale giro di contraffazione risiede nella scarsa attività di monitoraggio e controllo dei farmaci durante la fase di produzione, nonostante le molte strutture nazionali e internazionali deputate a sanzionare le eventuali falle nel sistema. Secondo lo studio, la dimensione del fenomeno lascia supporre che vi sia la complicità delle case farmaceutiche e delle agenzie che, accusano gli studiosi, "laddove individuano casi sospetti, invece di denunciarli, li tengono riservati".
Ad aggiungere preoccupazioni, poi, è che dalla ricerca appena sono rimasti fuori, per l'assenza di dati disponibili, Paesi come la Cina e l'India: "La grave falla prodotta dalla mancanza di studi approfonditi sulla sicurezza dei farmaci in grandi Paesi come questi - avvertono i ricercatori - , dove per giunta risiede un terzo della popolazione mondiale, deve al più presto essere sanata". (repubblica.it)
|