Studio choc: le foreste tropicali tutelate non proteggono la biodiversità

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Martedì, 31 Luglio 2012

 

MILANO - Pessime notizie dal fronte ambientale. Non bastano le continue minacce alle specie in via di estinzione e gli allarmi per il riscaldamento globale, ora uno studio pubblicato su Nature, al quale ha partecipato il Museo delle scienze di Trento - unica istituzione italiana nel gruppo di analisi - dimostra che molte delle aree di foresta tropicale poste sotto tutela non riescono a proteggere la biodiversità.

ANALISI - Lo studio - che ha coinvolto più di 200 ricercatori di tutto il mondo - non ha precedenti per mole di dati e numero di ricercatori e istituti coinvolti (ben 166). Tra questi il Museo delle scienze di Trento, che conduce da oltre dieci anni attività di ricerca e conservazione nelle foreste tropicali dell’Africa orientale, specialmente in Tanzania.

ULTIMA SPERANZA - «Queste aree protette sono la nostra ultima speranza di mantenere in vita le foreste tropicali e la loro straordinaria biodiversità. Ma molte di quelle studiate stanno per “affondare”», afferma William Laurance, coordinatore dello studio. La ricerca ha preso in esame la variazione numerica negli ultimi 20-30 anni di oltre trenta gruppi biologici – dalle piante alle farfalle, dai primati ai grandi predatori – all’interno di aree protette di foresta tropicale in America, Africa e Asia. Nel complesso, le riserve contribuiscono validamente a proteggere le foreste, ma circa la metà non riescono a garantire la protezione dell’intera diversità ecologica che contengono. «L’85% delle riserve che abbiamo considerato ha perso una parte importante della superficie delle foreste che la circondavano mentre solo il 2% ne ha visto un incremento», illustra Francesco Rovero, curatore della sezione di biodiversità tropicale del museo trentino.

DEGRADO - Uno dei punti chiave dello studio è la dimostrazione che i cambiamenti esterni alle riserve sono altrettanto influenti di quelli interni. Tra questi la caccia illegale e il degrado delle foreste dovuto a disboscamento, incendi e sovrasfruttamento delle risorse naturali. Inoltre, ma con effetti meno diretti, determinanti anche l'aumento della popolazione e i cambiamenti climatici. «Ciò che è peggio», aggiunge Carolina Useche dell'Humboldt Institute (Colombia), «è la portata del declino delle specie nelle riserve che soffrono maggiormente. Non sono solo alcuni gruppi a essere in difficoltà, ma una gamma molto ampia». Tra queste, i grandi predatori e altri mammiferi di grande taglia, molti primati, alberi di foresta primaria, pesci di acqua dolce e anfibi. I risultati mostrano come le riserve più in pericolo siano quelle meno protette, e quindi con maggior incidenza di caccia e disboscamento illegali.

L'ESEMPIO - «I monti Udzungwa in Tanzania sono emblematici in questa tendenza globale», spiega Rovero. «L’area è una delle più importanti in Africa in particolare per la conservazione dei primati, ma abbiamo registrato che, mentre il Parco nazionale riesce con successo a tutelare la biodiversità, nelle riserve naturali meno protette molti primati e altri mammiferi forestali sono sull’orlo dell’estinzione».

PIÙ PROTEZIONE - «Le foreste tropicali sono la parte più ricca del pianeta in biodiversità», conclude il professor Laurance, «ma molto di questo patrimonio naturale rischia di scomparire senza aree ben protette». (corriere.it)

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