SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Pochi, tanti, duemila (per la Questura): non fa nulla, non siamo nella famosa Piazza San Giovanni di Roma e i giochini sulle “quantità” lasciamoli ad altri. Di sicuro quanto avvenuto a San Benedetto il 14 gennaio è un piccolo fatto storico per la città: una partecipazione per una manifestazione politica cittadina così numerosa forse non avveniva dagli anni Settanta (chi ha più memoria di noi per motivi anagrafici magari può aiutarci).
Certo, alla base vi è stato un sentimento primordiale, quello della paura, che è in grado di muovere anche i più scettici (ma che non va deriso dai “professori”). Vi sono stati anche eccessi, probabilmente inevitabili nei mesi scorsi, ma occorre dire che i due documenti che abbiamo pubblicato, scritti dai comitati di quartiere, sono difficilmente confutabili. E sono documenti politici prima che tecnici: una boccata d’aria in tempi di rating e spread. Eccessi ci possono sempre essere quando si approfondiscono temi così complicati, ma la sintesi crediamo sia ineccepibile.
Vi è, prima di tutto, una domanda assolutamente nuova. Una domanda che è pre-politica, e difatti tutti i partiti politici, o quasi, hanno dovuto seguire l’onda popolare. Viviamo nell’epoca del politicamente corretto: e alcuni valori sono totalmente condivisi almeno in facciata (sul come raggiungerli, vi sono certo divergenze). La richiesta principale non è tanto riferibile alla centrale di stoccaggio del gas: è ovvio che tutti i partecipanti abbiano maturato una convinzione più o meno radicata, se non nell’oggetto in sé (lo stoccaggio) almeno nell’opportunità della sua dislocazione. Lo stoccaggio, infatti, è un pretesto per chiedere qualcosa di più, di strategico e non contingente. Almeno lo speriamo.
“Dico No all’impianto di stoccaggio gas come dirò No a tutto quello che non voglio per il mio territorio, perché non è più possibile subire passivamente le scelte e le imposizioni che ci calano dall’alto, perché per troppo tempo siamo stati in silenzio sulle vicende della nostra vita“: è probabile che qualcosa stia cambiando, che il momento del voto è ormai percepito solo come un passaggio del sistema di rappresentanza e non come l’unico rapporto possibile, come avveniva fino a poco fa. La frantumazione dei sistemi di comunicazione, sempre meno centralizzati e controllabili, sta facendo il resto.
Ovviamente al centro di tutto, nella nostra Piazza Giorgini che non è la Piazza San Giovanni romana, vi è l’amministrazione comunale, ma anche quella provinciale (il capogruppo dell’Idv Cardilli ha ammesso le colpe dell’ente di cui fa parte, seppur in minoranza). Amministrazione che negli ultimi due mesi ha tentato di muoversi in maniera diversa: il che è stato apprezzato, ma la piccola palla di neve è divenuta una valanga nel frattempo, non arrestabile. E in pochi capiscono tanta timidezza.
Non per questo l’operato messo in piedi negli ultimi due mesi è da rigettare. Seppur all’interno della commissione coordinata da Giuseppe Cappelli vi siano delle forti frizioni e probabilmente gli obiettivi della sua funzione non sono stati bene esposti (o compresi?), sarebbe cosa buona adoperare strumenti del genere, con regole ben definite, per ampliare la discussione oltre il consiglio comunale, che resta organo decisorio unico. Forse qualcuno avrà paura di una deriva assembleare, ma nel caso ciò andava detto quando ci si è candidati assieme ad altri 500, ai quali è stato chiesto ripetutamente, da destra a sinistra, di non abbandonare la politica dopo il voto (i più, comunque, sono davvero scomparsi). Crediamo che nessuno voglia limitare la politica dentro i partiti (almeno nel nostro mondo politicamente corretto). Vi sono energie e idee non confinabili all’esterno delle stanze dei bottoni o bottoncini.
Crediamo insomma che la questione “gas” possa essere una palestra utile a pensare in maniera diversa alla nostra città, al nostro mondo in rapida e imprevedibile evoluzione. L’energia, l’urbanistica, la mobilità, i consumi, l’agricoltura, la pesca. Vi sono mille modi per organizzarsi, approfondire e cercare di migliorare San Benedetto e il Piceno. Ognuno di questi passa attraverso alcune parole chiave: informazione, condivisione, responsabilità. Chiedere di non volere lo stoccaggio e contemporaneamente non sforzarsi di migliorare il proprio mondo è un atto egoistico; viceversa diviente una manifestazione politica consapevole in direzione di un cambiamento via via più radicale, che – ce ne stiamo accorgendo – rischia di diventare una necessità invece subita inconsapevolmente.
Perché se ci si fermasse al 14 gennaio, forse sarebbe la vittoria di una battaglia in una guerra persa. E certe sfide si possono iniziare anche in pochi. (Pier Paolo Flammini - rivieraoggi.it)
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