MILANO - Alle 11 è suonata la sirena (in Italia era mezzogiorno) e il reattore è stato spento. A Oldbury-on-Severn, nel Glouchestershire, 20 km a nord di Bristol, è stata fermata il 29 febbraio la più antica centrale nucleare al mondo ancora in funzione. A poche centinaia di metri di distanza, nel 2025 ne aprirà una nuova costruita dalle aziende tedesche E.On e Rwe, con una potenza sei volte maggiore di quella operativa dal 1967.
FUKUSHIMA - Dall'altra parte del mondo, a quasi un anno di distanza (11 marzo) dal terremoto di 9 gradi Richter e dal conseguente tsunami, stanno uscendo nuovi studi sulle centrali di Fukushima e da imbarazzanti notizie sulla gestione da parte del governo giapponese dell'incidente nucleare. Uno studio sismico basato su oltre 6 mila scosse pubblicato su Solid Earth, dimostra che il terremoto dell'11 marzo ha riattivato una faglia nella zona delle centrali e suggerisce alle autorità nipponiche di incrementare le misure di sicurezza per contrastare un terremoto che potrebbe arrivare sino a 7 gradi di magnitudo con epicentro in terraferma, come avvenuto nella vicina Iwaki (60 km a sud-ovest di Fukushima) esattamente un mese dopo il sisma distruttivo. Il rischio è stato evidenziato anche da Michael Friedlander. Come riporta la Cnn, l'esperto dice che permane la minaccia costante di fuga di materiale radioattivo: nel caso di terremoto la rottura di una conduttura potrebbe liberare tonnellate di acqua contaminata utilizzata per il raffreddamento dei reattori.
RADIOATTIVITÀ - Sebbene il livello di radioattività sia calato notevolmente dalla prima fuoriuscita di materiale contaminato, il tasso resterà «cronico e durerà per molti anni», ha ammesso Didier Champion, dell'Istituto francese di protezione radiologica e sicurezza nucleare (Irsn), secondo il quale le autorità giapponesi dovranno continuare a monitorare frutta, latte, funghi, pesce e selvaggina per i «rischi di esposizione cronica a bassi dosaggi». Secondo l'istituto francese sono fuoriusciti da Fukushima in quindici incidenti almeno 408 peta becquerel di iodio radioattivo (ossia 408 milioni di miliardi di becquerel), pari al 10% della radioattività emessa nell'incidente di Chernobyl. Per quanto riguarda tutti gli isotopi di cesio, le emissioni di Fukushima sono state di 58 peta becquerel, un terzo di quelle emesse a Chernobyl solo dall'isotopo cesio-137.
ERRORI DEL GOVERNO - E infine in un rapporto indipendente diffuso da Rebuild Japan Initiative Foundation (Rjif) l'ex premier Naoto Kan (in carica al momento del disastro) viene accusato di aver fatto confusione con il suo intervento diretto, rendendo la gestione della crisi ancora più difficile. Kan, però, scarica le colpe sulla Tepco (che gestiva la centrale).
TOKYO EVACUATA - In quei giorni difficili, svela per la prima volta il rapporto di 400 pagine con oltre 300 interviste, il governo arrivò a ipotizzare anche l'evacuazione di Tokyo se ci fosse stata una catena di esplosioni di centrali nucleari lungo la costa pacifica. «Avevo questo scenario infernale nella mia testa», ha raccontato l'ex segretario di gabinetto, Yukio Edano. «Se fosse accaduto, Tokyo era finita». La Tepco, che non ha voluto collaborare al rapporto, avrebbe voluto abbandonare Fukushima al proprio destino, secondo quanto ha rivelato la commissione. E questo avrebbe potuto comportare conseguenze devastanti, fino a una reazione a catena delle altre centrali nucleari vicine. A costringere la Tepco a fare il suo dovere sarebbe stato proprio il primo ministro Kan, che arrivò a minacciare lo smantellamento della società elettrica. (Paolo Virtuani - corriere.it)
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