Gas: la vera emergenza? Non avere un piano energetico nazionale

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Mercoledì, 8 Febbraio 2012

 

Da tutto il florilegio di commenti, proposte, azioni avanzate per rispondere al picco dei consumi energetici provocati dal gelo che attanaglia il Paese, emerge la solita grande debolezza che l'Italia non ha saputo sanare, e che noi abbiamo sempre denunciato: chi ha governato l'Italia e chi la governa oggi non ha disegnato alcuna strategia energetica. E' ridicolo oggi puntare il dito contro la mancanza di risposte all'emergenza quando invece quello che manca davvero è una pianificazione della gestione ordinaria.

In realtà, in tutto questo c'è la solita buona dose di allarmismo mediatico e di demagogia corporativa, sottolineato anche dalla direttrice del centro di ricerche Ref Pia Saraceno che stamani spiegava che in realtà la situazione è molto meno drammatica del 2007, e che - con buona pace della presidente di Marcegaglia che ha subito gridato all'ennesima batosta per le disgraziate imprese tricolori - i possibili stop riguardano aziende che hanno sottoscritto tale eventualità nei loro contratti di fornitura, garantendosi tariffe più basse in cambio del rischio distacco per le situazioni di emergenza.

Stessi concetti espressi anche dal direttore del Kyoto club Gianni Silvestrini: «Ormai abbiamo una decisa sovracapacità, il picco di potenza è di 55GW, le centrali possono produrre fino a 105 GW», che ha rilanciato la proposta della sua associazione di imporre al 2015 un risparmio energetico del 30%, che è il vero giacimento italiano di energia.

Il risparmio energetico infatti dovrebbe essere uno dei pilastri della strategia energetica italiana, che è annunciata da anni, ma non è mai stata attuata: Certo la nostra strategia è piuttosto ovvia e l'abbiamo ribadita più volte (investire e stimolare il risparmio energetico e l'efficienza energetica prefissando obiettivi concreti e attuabili; individuare quanti e quali rigassificatori sono necessari all'Italia e funzionali a governare la fase di transizione verso le rinnovabili, accelerandone l'entrata in funzione; proseguire nell'incentivazione e stimolazione delle fonti rinnovabili fino a quando queste non saranno in grado di sostituire interamente le fonti fossili), ma in un Paese come l'Italia basterebbe forse avere anche una pessima strategia, ma almeno averla. Perché a quel punto si darebbe un indirizzo, e se anche l'indirizzo fosse sbagliato, potremmo impegnarci a correggerla. Così invece tutto è lasciato al caso e vale tutto: come la politica sui rigassificatori, che non si scelgono quanti e quali eventualmente servono e quali abbiano il minore impatto ambientale, ma si lascia che chi arriva primo in fondo vinca la bambolina.

Anche il Wwf, intervendo oggi sul caso, sostiene che «Non si può essere preparati all'emergenza se non si hanno piani per la ‘normalità' e per il futuro: l'Italia non ha una strategia nè un piano energetico e ambientale in grado di gestire oggi e programmare domani le risorse energetiche. Bisogna puntare davvero, e non a parole, sull'efficienza energetica e di sistema, liberarsi dalla dipendenza dall'estero, decarbonizzare la produzione energetica: in altre parole, l'Italia non si è dotata finora di un piano per attuare l'unica risposta possibile e vantaggiosa, che consenta entro il 2050 di approvvigionarsi totalmente con le fonti energetiche rinnovabili, consumando meno energia ed eliminando gli sprechi (anche nei settori dell'edilizia residenziale e dei servizi), come dimostrato dallo studio del Wwf Internazionale "Energy Report 2011». (Diego Barsotti - greenreport.it)

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