Acqua: quasi a secco, chiudiamo i rubinetti

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Sabato, 21 Aprile 2012

 

Siamo un Paese in riserva, quasi a secco. Questa volta però non si tratta di una metafora della crisi economica. La spia rossa segnala il quadro reale, e grave, del fronte idrologico: in Italia manca acqua. E se un cardinale, Giuseppe Betori, invita il popolo a pregare il Signore perché conceda un po’ di pioggia, si capisce che il problema è serio. I non credenti non sanno a chi affidarsi e gli agricoltori vedono profilarsi il rischio che le loro coltivazioni finiscano in ginocchio, anche quelle della Pianura Padana.

DISPONIBILITÀ - E dire che l’Italia è un Paese “acquatico”: abbiamo una disponibilità annua di circa 52 miliardi di metri cubi di acqua, per un massimo di 1.975 per ogni abitante del Nord-Est e un minimo di 220 per un pugliese, con una quota media disponibile in tutte le regioni di almeno 400 metri cubi per abitante, cioè dieci volte superiore alla quota disponibile nei Paesi del Sud del Mediterraneo. Noi sprechiamo acqua in mille modi, a cominciare dal fatto che ogni abitante, solo per uso civile, ne consuma 152 metri cubi a testa contro i 62 di un tedesco; rubinetti aperti e cervelli chiusi. La falla più grande resta quella dell’agricoltura dove se ne vanno almeno 20 miliardi di metri cubi l’anno, molti sicuramente a causa di sistemi di irrigazione basati su tecniche vecchie e inefficienti visto che i ricercatori che hanno lavorato per stilare il rapporto Italia 2012, di Legambiente e dell’Istituto di ricerche ambiente, stimano che un miglioramento delle tecniche irrigue permetterebbe un risparmio del 30%.

RETE IDRICA - «La rete idrica fa acqua da tutte le parti, tranne che dai rubinetti delle nostre case», era scritto su un volantino diffuso qualche anno fa da esasperati cittadini di Agrigento. La situazione non è cambiata, anzi: in Molise, secondo i dati raccolti in una ricerca di Cittadinanzaattiva ed Ecosistema Urbano, si registra una perdita nella rete idrica pari al 65%, in Basilicata del 58% e in Lazio del 38%. La media nazionale è del 35%: perdiamo acqua come uno scolapasta. Gli invasi sono metà vuoti e cominciano a esserci problemi seri per l’agricoltura, in particolare in alcune aree: Emilia, Toscana e Umbria davanti a tutti, in particolare le zone appenniniche. Ma tutto il Nord è in una situazione critica che può diventare emergenza mentre, per una volta, sono le regioni meridionali a essere fuori dall’allarme.

INVASI E CORSI D’ACQUA - La situazione in Toscana è grave: il livello di invaso del lago Bilancino, risorsa fondamentale per garantire l’approvvigionamento idrico agli abitanti dell’area di Firenze, Prato e Pistoia, è pari a 37 milioni di metri cubi, rispetto ai 70 milioni di capienza. La questione è arrivata in Parlamento, con un interrogazione presentata da Ermete Realacci, deputato del Pd: «È possibile che quest’estate nella regione sarà necessario un razionamento della fornitura di acqua e una riduzione del Dmv dei fiumi (deflusso minimo vitale, quello che garantisce la sopravvivenza degli ecosistemi acquatici, ndr). La terra secca e argillosa, anche in caso di piogge abbondanti, ne assorbirebbe la gran parte ed è ormai difficile che si riequilibri il livello degli invasi e dei corsi d’acqua. Bisogna favorire colture meno onerose sotto il profilo idrico, e recuperare l’acqua favorendo impianti di irrigazione che riusino quella degli impianti di depurazione».

RUBINETTI - Delle 549 stazioni di monitoraggio sulla salute delle acque censite dall’Ispra solo la metà è risultata in “buono stato”. Il resto male o malissimo. E alzando gli occhi al cielo la situazione non sembra migliorare: «Le previsioni meteo indicano fino alla fine di giugno precipitazioni nella media con temperature al di sopra dei valori stagionali», spiega Massimiliano Pasqui, ricercatore dell’Istituto di biometeorologia del Cnr. «Dal punto di vista idrologico quindi la situazione resta preoccupante e lo scioglimento della poca neve caduta non potrà certo modificare il quadro generale. Gli ultimi aggiornamenti confermano situazioni molto critiche al Centro-Nord, sia nelle dighe che nei bacini naturali». Dal cielo, quindi, nessun aiuto. Dobbiamo imparare a cavarcela da soli e, in attesa di politiche più lungimiranti, cominciare a fare l’unica cosa alla portata di tutti: chiudere i rubinetti. (Stefano Rodi - corriere.it)

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