Siccità: nei campi è un disastro, Onu e G20 corrono ai ripari

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Lunedì, 27 Agosto 2012

 

MILANO - Disastroso, il bilancio di un'estate all'asciutto. Un'Italia piegata in due dall'assenza di pioggia che ora deve fare i conti con un terzo del raccolto nazionale perduto e oltre un miliardo di euro di danni. Cifre insostenibili in cui siccità e caldo torrido hanno «bruciato» il 50% dei raccolti di soia, il 30% di mais e il 20% dei pomodori, costringendoci presto a comperare questi beni alimentari fuori dal mercato nazionale. E forse anche molti altri ora fortemente minacciati dalla mancanza di acqua.

EMERGENZA - A farne le prime spese gli agricoltori italiani che, attraverso le associazioni di categoria, si appellano al governo per trovare soluzioni non episodiche per risolvere il problema della siccità. Ora attaccati a un'unica speranza, di nome Beatrice, che porti pioggia sui campi e salvi i raccolti come redenzione dantesca. Una situazione d'emergenza acqua che oggi allarma tutto lo Stivale, nostante il problema siccità abbia radici profonde. Per non restare sorpresi del contesto attuale basta infatti dare uno sguardo ai dati delle precipitazioni degli ultimi dieci anni. Con i livelli di pioggia diminuiti del 20% al sud, del 15% al nord e del 9% al centro e annate fuori controllo come 2003, 2006 e 2012. Senza contare tutti gli allarmi, lanciati in questi anni dalle organizzazioni mondiali per riscaldamento globale, cambiamenti climatici e impoverimento del suolo. Tra i Paesi travolti dalla siccità infatti, adesso non c'è solo l'Italia, ma anche altri Paesi come Stati Uniti e Francia, costretti a programmare in fretta piani di battaglia per far fronte alle perdite alimentari.

RICARICARE L'ACQUA - In Italia, a proporre una soluzione definitiva l'Istituto nazionale di oceneografia e di geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste che, negli ultimi anni con l'aiuto della comunità europea, sta sperimentando con successo un sistema di «ricarica» idrica, ripristinando gli acquiferi profondi e programmando per tempo le riserve d'acqua. Un sistema, quello di immagazzinare l'acqua per i momenti difficili, che risale agli albori delle prime grandi civiltà e ora riscoperto nell'epoca della tecnologia. A condurre con profitto i primi esperimenti il team di ricerca di Daniel Nieto dell'Ogs di Trieste, occupato a studiare un metodo per riempire le falde acquifere vuote. Provando sistemi d'immagazzinamento nei serbatoi naturali e fronteggiando la formazione del cosiddetto «cuneo salino», ossia l'avanzamento dell'acqua salata verso l'entroterra. Fenomeno pericoloso quanto la siccità, che rende sterili i campi, impedendo la loro coltivazione. In atto, due grandi studi sul campo svolti negli ultimi tre anni che offrono già risultati incoraggianti.

CUNEO SALINO - «Il primo esperimento», spiega Nieto, «è stato fatto a Copparo, in provincia di Ferrara, dove abbiamo rilevato che, dal 1975 a oggi, il cuneo salino è penetrato nell'entroterra di 25 km. Il secondo, che tocca più da vicino il problema della siccità, si è svolto in Friuli Venezia Giulia e nelle zone pedemontane dove la mancanza di pioggia ha diminuito l'afflusso d'acqua dolce dei monti. L'autorità di bacino ha stimato che, in Friuli, ogni anno c'è una perdita di 75 milioni di metri cubi d'acqua per poca pioggia, cementificazione eccessiva e sovrasfruttamento dei terreni. Come soluzione per evitare situazioni limite», prosegue Nieto, «occorre quindi pensare a strategie basate sull'accumulo preventivo delle risorse idriche e sulle caratteristiche del terreno».

SOLUZIONI - Ricaricare l'acqua consente di non trovarsi sempre in stato di calamità e per farlo esistono molte soluzioni. Dall'accumulo nelle falde, nelle dighe, nei pozzi, negli acquedotti fino ai pozzi vuoti. Oppure si possono sfruttare i bacini di raccolta, i serbatoi, le acque reflue industriali. La strategia di riserva, infatti, dipende dalla zona e dalla disponibilità di acqua del territorio, sfruttando anche a quella che resta inutilizzata. Ad esempio, quella dei consorzi di bonifica che d'inverno, invece di perdersi nel mare, potrebbe essere incanalata in risaie e pioppeti per essere raccolta e riutilizzata. Questi sistemi di ricarica sono fondamentali per una gestione razionalizzata delle risorse idriche e da anni sono applicate con successo in diverse parti del mondo. «Occorrono anni di studi», conclude Nieto, «per individuare le giuste modalità di ricarica».

AUTORITÀ UNICA DELLE ACQUE - A chiedere con forza l'introduzione di nuove tecnologie per salvare l'acqua perduta, anche il Consorzio degli agricoltori italiani (Cia) che sottolinea la necessità di investire in infrastrutture e ricerca. «L'Italia ha bisogno di una rete idrica più efficiente», Giuseppe Politi, presidente nazionale del Cia. «Ogni anno lungo le tubature italiane si perde in media un litro su tre, quantità che sale di molto nelle regioni del Mezzogiorno. Tutto questo perché la gestione dell'acqua coinvolge una miriade di soggetti, mentre quello che serve veramente è una politica che coordini i vari soggetti e tenga conto delle necessità di ogni territorio. Bisogna smettere di affidarsi a interventi tampone e uscire dall'ottica dell'emergenza con programmi di intervento. Per farlo però occore un'autorità unica che decida la gestione delle acque».

LA RISPOSTA DEL GOVERNO - Un tema, quello dello strategia complessiva dell'acqua, sentito anche dal governo tecnico. «Nei prossimi mesi e nei prossimi anni», ha detto venerdì a Radio Rai1 Mario Catania, ministro delle Politiche agricole, «il governo deve farsi carico di strategie a lungo periodo. Atti che tengano conto non solo delle emergenze gravi come la siccità, ma anche degli importanti cambiamenti climatici del pianeta. Dobbiamo imparare a gestire le risorse in modo razionale e per farlo è necessario che tutto il governo se ne occupi, non solo i ministeri coinvolti direttamente».

LA SPERANZA DI BEATRICE - Intanto, attesa dall'agricoltura italiana come una manna, l'ondata di pioggia di nome Beatrice. Precipitazioni che, secondo Coldiretti, arrivano comunque troppo tardi per colture come il mais si cui si è già perso un terzo del raccolto nazionale. E che potrebbero, in caso di piogge torrenziali, fare ulteriori danni invece che salvare le coltivazioni. «La pioggia», spiega in un cominicato Coldiretti, «dovrebbe essere costante e leggera. I grandi temporali, infatti, spesso sono accompagnati dalla grandine e il terreno non riesce ad assorbire l'acqua. In più diventa pericolosa anche per le frane e gli smottamenti, considerando che il 68,9% dei Comuni italiani è a rischio idro-geologico».

AUTUNNO NERO - Aspettando Beatrice, gli agricoltori fanno già i conti con l'ultimo colpo di coda di Luicifero che ha messo a richio le coltivazioni oltre a funghi e tartufi. «I danni», dice il consorzio agricolo piemontese, «si estenderanno anche alle produzioni autunnali. Le raccolte di funghi e tartufi sono partite con difficoltà e in stato di crisi si trovano anche noccioleti e castagneti, fiaccati dal caldo. Si prevedono forti rincari sui prezzi».

EMERGENZA MONDIALE - A discutere sui modi di limitare il rincaro delle materie prime agricole non solo l'Italia, ma anche il resto del mondo. Il 27 agosto, infatti, è prevista una riunione d'emergenza tra Messico (presidente di turno del G20), Usa e Francia dopo la grave siccità che ha colpito gli Stati Uniti per cercare una reazione rapida. In più, anche il richiamo dell'Organizzazione metereologica mondiale per combattere gli effetti della siccità. L'agenzia dell'Onu ha infatti messo in agenda un summit per la lotta alla siccità fondata sulla gestione dei rischi che si svolgerà dall'11 al 15 marzo 2013 e che prenderà a modello l'ottimale gestione attuata negli ultimi anni dal governo australiano. (CarlottaClerici - ilcorriere.it)

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