Veronesi lascia l'Agenzia per il nucleare

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Martedì, 6 Settembre 2011

 

Per il futuro dell'energia nucleare italiana arriva un nuovo siluro. Che colpisce e affonda l'agenzia per la sicurezza nucleare affidata lo scorso anno alla guida dell'illustre oncologo Umberto Veronesi, dapprima per gestire il ritorno italiano all'atomo elettrico e poi, con il dietrofront referendario dello scorso giugno, per svolgere missioni parallele non meno importanti e impegnative: sveltire la dismissione delle nostre vecchie centrali atomiche chiuse con il vecchio referendum del 1987 e mai davvero smontate, guidare la realizzazione del deposito nazionale delle scorie (altra missione finora fallita), ma soprattutto promuovere e coordinare la ricerca italiana verso il nucleare del futuro, garantendoci, se possibile, un posto in prima fila nell'energia che verrà.

Tutto cancellato. Con un siluro a doppia testata. La prima: Umberto Veronesi, esausto per il mancato arrivo ancora oggi del decreto formale di nomina e soprattutto di una sede e delle strutture minime per partire, ha cambiato idea («comunque non mi dimetto» ripeteva ancora nel giugno scorso) e ha formalizzato il suo abbandono con una stringata lettera al Governo.

Ed ecco la seconda testata del siluro. Uno dei 1.300 emendamenti che pendono in queste ore sulla manovra anticrisi prevede la soppressione secca dell'Agenzia, con il trasferimento dei suoi compiti all'Authority per l'energia. Che non avrà né uomini né mezzi supplementari, in nome della motivazione che anima la proposta: il taglio di costi per lo Stato. E così l'emendamento, pur presentato dalle opposizioni, ha una qualche possibilità di farsi largo.

Una campana a morto non solo per il ritorno atomico di oggi ma anche per la possibilità di mettere l'Italia in linea con l'atomo del futuro? Sembra proprio di sì.

Le dimissioni di Veronesi hanno contorni duri e in ogni caso sembrano senza appello, se non quello di un augurio al governo perché si recuperi in qualche modo la missione dell'Agenzia.

«Mi sono dimesso da qualcosa che era nato asfittico e non ha mai preso forma. Avevo accettato - spiega Veronesi al Sole 24 Ore in una pausa del forum Ambrosetti di Cernobbio – solo perché confidavo in un progetto italiano di grande respiro per lo sviluppo della fisica nucleare e delle sue applicazioni nell'energia, ma non solo. Così non me la sento. Non voglio certo occuparmi, nella migliore delle ipotesi, solo di scorie». «Mi auguro che il Governo e il Paese possano in qualche modo rimanere almeno nei programmi di partecipazione alla sicurezza nucleare» taglia corto il professore.

C'e da dire che per dare forma e sostanza all'Agenzia, prevista dalla legge “sviluppo” del 2009 (quella che aveva appunto rilanciato l'Italia nucleare) il Governo non si era applicato un granché.

Presentata come struttura “urgente” da rendere operativa entro la fine del 2009 come presupposto di ogni altra azione per costruire le nostre nuove centrali atomiche, l'agenzia è stata abbozzata solo un anno dopo. L'avrebbe appunto guidata Umberto Veronesi, affiancato da un quartetto di commissari di nomina ministeriale piuttosto eterogeneo.

Un magistrato esperto di terrorismo internazionale, Stefano Dambruoso, incaricato evidentemente di scandagliare le minacce ai nostri impianti vecchi e nuovi. Un professore di diritto amministrativo già capo di gabinetto del ministero dell'Ambiente (che lo ha indicato): Michele Corradino, piazzato lì già pensando al tormento dei ricorsi territoriali contro i nuovi impianti. Infine i due soli manovratori autentici dell'energia nucleare (il professor Veronesi non è un esperto specifico della materia): gli scienziati e professori Maurizio Cumo e Marco Ricotti.

Sede? Tutt'oggi da definire. Personale? Ancora nessuno, neanche il nucleo d'avvio: poche decine di persone da prelevare dall'Ispra e dall'Enea. Fondi? Il primo stanziamento è stato disposto (ma non perfezionato) solo nel maggio scorso, per 2,4 milioni di euro.

Il minimo necessario all'avvio della macchina, da integrare quest'anno e il prossimo con 1,5 milioni necessari alle prime spese di funzionamento, come prevede la legge “sviluppo” del 2009 dalla quale partì l'operazione nucleare poi affossata dall'ultimo referendum. Stanziamento che si vorrebbe ora destinare al calderone anticrisi. Una goccia in un mare. Ma per sempre una preziosa goccia.

«Il fatto è – confermano gli analisti di Quotidiano Energia – è che l'assenza dell'Agenzia è un problema concreto e urgente. Perché i suoi, anche dopo l'esito della consultazione di giugno, sono compiti importanti ai fini delle operazioni di decommissioning del vecchio nucleare ma soprattutto del necessario parco tecnologico con annesso deposito nucleare nazionale per le scorie radioattive la cui realizzazione non è stata abrogata e per la quale alcuni passaggi normativi erano attesi proprio in queste settimane ai fini del complesso iter autorizzativo». (ilsole24ore.com)

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