Una ricerca del "Macroproyecto sobre peligros y vulnerabilidad costera para los años 2050 y 2100", al quale partecipano 16 istituzioni scientifiche di Cuba, ha rivelato che l'aumento del livello del mare è la principale minaccia del cambiamento climatico a Cuba.
Secondo un modello sviluppato dall'Instituto de meteorología i livello del mare «aumenterà tra 27 e 85 centimetri» mentre gli oceanografi cubani prevedono valori massimi tra 31,14 e 84,92 cm.
Applicando questi dati, nel 2050 il mare dovrebbe aver sommerso 2.550 km2 di terraferma a Cuba, il 2,32% del territorio nazionale, un'area che nel 2100 dovrebbe arrivare a 5.994 Km2.
Granma, il giornale del Comitato centrale del Partito comunista cubano, avverte che «le aree interessate dall'aumento del livello del mare e le onde create dagli uragani intensi sono il principale pericolo del cambiamento climatico nell'arcipelago cubano, per i gravi danni che occasionano questi fenomeni alle coltivazioni, alle installazioni economiche, sanitarie, educative, stradali e ad altri obiettivi situati nelle zone più basse o prossime al litorale».
Carlos M. Rodríguez Otero, un geografo ed uno dei principali autori dello studio, ha spiegato a Granma che «secondo gli studi realizzati, se non si prendono i mezzi di adattamento richiesti, nel 2050 un totale di 122 di questi luoghi saranno totalmente o parzialmente colpiti dalla risalita del livello medio del mare, dei quali 15 scompariranno completamente in quegli anni, ed altri lo faranno mezzo secolo dopo».
Le aree più a rischio sono le spiagge delle province di Pinar del Río, Artemisa, Mayabeque, Villa Clara, Sancti Spíritus, Ciego de Ávila, Camagüey e Las Tunas. Le comunità costiere cubane più vulnerabili sono 577 ed entro il 2100 saranno colpita dalla crescita del livello del mare, inondazioni, mareggiate e uragani. La zona più esposta è quella ad un metro sul livello del mare e fino a 1.000 metri dalla linea costiera.
I ricercatori cubani chiedono progetti, politiche ed iniziative per favorire l'adattamento nei siti in pericolo, minimizzare i rischi e garantire la protezione delle comunità esistenti e delle attività economiche e sociali.
Rodríguez però sottolinea: «Risulta paradossale che, per esempio, mentre il Paese ha terminato la ricollocazione delle aree più esposte alle mareggiate a Santa Cruz del Sur, Camagüey, y Guayabal, Las Tunas, durante i lavori di ricerca abbiamo potuto osservare la malaugurata ricostruzione di altri insediamenti che erano stati devastati dagli uragani nel 2008, i quali saranno ancora in pericolo di essere distrutti dall'accadimento di fenomeni ciclonici tropicali di simile o maggiore intensità. Per esempio, sta succedendo così a Playa Los Pinos, nel nord della provincia di Las Tunas».
Cuba dovrà decidere provincia per provincia quali siano i mezzi ed i metodi per attenuare gli impatti previsti, ma come dice Rodríguez «è urgente inserire, con carattere obbligatorio, la pianificazione, gestione e controllo dei Piani territoriali, nel tema dell'adattamento al cambiamento climatico ed alla diminuzione dei punti deboli trovati ed esigere la loro attuazione. Sarebbe sbagliato non lavorare fin d'ora in questa direzione». (greenreport.it)
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