ROMA - È ripreso all’Aquila il processo alla Commissione Grandi Rischi, l’organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri accusato di aver fornito false rassicurazioni agli aquilani prima del terremoto del 6 aprile 2009, che provocò la morte di 309 persone.
Davanti al giudice Marco Billi sfilano nuovi testimoni, congiunti e familiari di persone decedute durante i crolli di quella notte. L’accusa vuole dimostrare che, dopo i pareri espressi dalla Cgr e diffusi dalla stampa, gli aquilani ebbero un atteggiamento più tranquillo. Le difese puntano a evidenziare le contraddizioni delle testimonianze.
La prima testimone è stata Valeria Esposito, amica di Ilaria Rambaldi, deceduta nel crollo di un edificio in via Campo di Fossa.
«Mi sentivo sicuro ma ho perso due figli. Dalla riunione della commissione ebbi la certezza, che mi veniva dal fatto che fosse composta da scienziati, che avevano comunicato all’esterno una rassicurazione alla popolazione: lo sciame c’è, L’Aquila è zona sismica, però non c’è nessun elemento che ci possa fare pensare a una scossa forte - racconta Giustino Parisse, della redazione aquilana del Centro, che ha perso il padre e i due figli adolescenti - Mi sono sentito rassicurato ed ero certo che non ci sarebbero state scosse più forti, tanto da arrivare a una catastrofe. Di questo rassicuravo la mia famiglia». Quanto ai mutamenti del suo comportamento dopo la riunione ha aggiunto: «Il 30 marzo (scossa prima della riunione, ndr) uscii di casa e rimanemmo fuori. Quella notte, invece, rimanemmo tutti a casa perché ero sicuro che non potessero accadere altre scosse catastrofiche».
«Di fronte a un ammasso nero di cemento, legno, pietre, polvere, e la voce di mio figlio che gridava 'Papà, papà!'. Saltai sulle macerie gridando 'Adesso arrivo', ma non sapevo nemmeno che fare. Mi resi conto che sopra le macerie c'era un enorme cordolo di cemento per cui non c'era più nulla da fare», è stato il passaggio più straziante della deposizione di Parisse.
La testimonianza ha innescato la reazione di uno degli avvocati della difesa, Marcello Melandri, legale dell'ex presidente dell'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Enzo Boschi, che ha criticato il tono e l'intensità del racconto e delle domande dei pm, sia Fabio Picuti sia Roberta D'Avolio: «Qui - ha tuonato Melandri - dobbiamo appurare il nesso di causalità e gli stiamo chiedendo da tre ore cose che non servono a niente. Tutto quello che ha detto, oltre a far soffrire ancora di più lui, che rilevanza ha? Qui facciamo gli avvocati e i giudici, non la cronaca. E questo non lo volete capire».
Il giudice Marco Billi ha respinto tutte le contestazioni formali, facendo continuare l'interrogatorio. Nel finale, rispondendo a una domanda dell'avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi, Parisse ha chiarito il senso della denuncia presentata nei confronti della Cgr: «Personalmente non ho nulla contro i componenti di quella commissione, qualcuno di loro l'ho anche conosciuto dopo, ma mi interessa dal punto di vista storico che questa vicenda venga chiarita fino in fondo anche dal punto di vista della responsabilità penale. Da questo processo non mi aspetto nulla, quello che ho perso, l'ho perso il 6 aprile e nessuno me lo ridarà».
Il processo è stato rinviato al 30 novembre. In quella udienza continueranno le deposizioni del testi dell'accusa. (ilmessaggero.it)
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