Cementificazione: un metro quadrato al secondo

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Lunedì, 21 Novembre 2011

 

Quando avrete finito di leggere questo articolo altri 400 metri quadrati del territorio italiano saranno stati trasformati in cemento e asfalto. Ogni secondo che passa, in Italia, un metro quadrato di territorio viene sottratto ad altri usi, per un totale di circa 244.000 ettari di cemento e asfalto all’anno.

Negli ultimi 15 anni, nella penisola, sono già andati distrutti oltre 3.663.000 mila ettari di cui due milioni di ettari di superfici agricole: un territorio più grande dell’Abruzzo e del Lazio messi insieme. Solo nel Molise, una delle regioni più piccole e demograficamente stabili, l’urbanizzazione è cresciuta di oltre il 500 per cento negli ultimi 50 anni, dai 2.300 ettari del 1956 agli oltre 12.000 del 2006.

“E impressiona anche la velocità: la provincia sarda di Olbia Tempio, con 25,1 mq/ab all'anno, presenta la più alta velocità di urbanizzazione pro-capite, un dato doppio di quello medio regionale e ben sei volte più alto di quello di una regione come la Lombardia”, dichiara Paolo Pileri del Politecnico di Milano.

Tutto ciò ha un effetto ambientale negativo: impermeabilizzazione dei suoli, modificazioni climatiche localizzate, distruzione e frammentazione degli habitat di specie di importanza planetaria, alterazione degli assetti idraulici superficiali e sotterranei, riduzione dell’estensione e della capacità produttiva agricola.

La cementificazione riscalda il pianeta, pone problemi crescenti al rifornimento delle falde idriche e non reca più alcun beneficio, né sull’occupazione né sulla qualità della vita dei cittadini.

Così si è arrivati allo svuotamento di molti centri storici e all’aumento di nuovi residenti in nuovi spazi e nuove attività, dando vita, per esempio, a quella che si può definire la città continua, come in pianura padana fra Torino e Venezia. Dove esistevano paesi, comuni, identità municipali, oggi troviamo immense periferie urbane, quartieri dormitorio e senza anima: una conurbazione ormai completa per molte aree del paese.

Nel resto d’Europa si va nella direzione contraria: in Germania la soglia è 44.000 ettari all’anno, mentre in Gran Bretagna si mise un freno fino dal 1947, grazie al Town and countries planning act, con la individuazione delle green belts, cioè delle cinture verdi intangibili. In questo modo la punta di 25.000 ettari consumati in dodici mesi negli anni Trenta in Inghilterra e Galles è stata abbattuta ad appena 8.000 ettari annui nel decennio 1985-96. Molto di più di quanto suolo si consuma in Sicilia ogni anno.

Anche questi sono dati scientifici “robusti” che meritano un’analisi seria, perché il suolo è una risorsa non rinnovabile in tempi brevi: per avere 10-15 cm di terreno utile agli usi umani occorrono almeno un paio di millenni. E perché, quando il profilo verticale del suolo si altera, anche il rischio idrogeologico aumenta e il rimboschimento diventa praticamente impossibile, oltre a lasciare preda delle desertificazione ampi settori di territorio. (Mario Tozzi)

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