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San Benedetto del Tronto - “Siete fortunati, vivete in un ambiente ancora relativamente pulito. Ma vi state impegnando moltissimo a rovinare questo piccolo paradiso”.
Stefano Montanari, uno dei massimi esperti europei di nanoparticelle e nanopatologie, ha trascorso la giornata di ieri nell’Auditorium comunale per parlare di polveri sottili e dei loro effetti sulla salute con gli studenti dei Licei in mattinata e i cittadini tutti nell’incontro pubblico del pomeriggio.
Organizzata dall’associazione “In Movimento per San Benedetto” e introdotta da uno dei suoi membri, il geologo Serafino Angelini, l’iniziativa è arrivata in coda ad una settimana dedicata ad accelerare l’opposizione alla realizzazione del famigerato deposito di stoccaggio del gas metano all’Agraria da parte del Movimento 5 Stelle e del Comitato cittadino “Conoscere per Capire”, ma può rappresentare, forse, anche un punto di partenza per ripensare tutta la questione dell’inquinamento cittadino e il modo in cui affrontarlo.
Perché Montanari, che non ha parlato della questione deposito, è stato tuttavia molto chiaro: il particolato sottile (e soprattutto sottilissimo, dal micron in giù) può avere effetti devastanti per le persone (infarti, trombosi, tumori, malattie degenerative del cervello come l’Alzheimer o il Parkinson, sterilità, malformazioni fetali e mutazioni del dna) e il modo attuale di quantificare la loro presenza rende di fatto impossibile affrontarlo con vera cognizione di causa.
“Il problema è che la quantità di Pm 10 nell’aria viene misurata in termini di peso e questo da un punto di vista scientifico è privo di senso – ha spiegato Montanari agli studenti – perché le Pm 10 monitorate per legge sono polveri dal diametro dai 10 micron in giù, ma c’è una enorme differenza tra una particella da 10 micron ed una da 0,1 micron: se metto sulla bilancia una particella ‘10’ e un milione di particelle ‘0,1’, il peso si equivale, ma le seconde sono infinitamente più patogene. La legge fissa un limite di 40 microgrammi per metro cubo (media annuale, ndr) senza differenziare ed è così impossibile distinguere se superare questo limite significa un inquinamento grave o no. Dal punto di vista della salute delle persone non vuole dire nulla. La misura andrebbe effettuata contando le particelle e valutandole inversamente alla loro dimensione”.
Se concentrarsi sugli “sforamenti” dei limiti consentiti diventa quindi, per il momento, inutile e fuorviante, il passo da fare sarebbe quello di ridurre, cancellare o evitare le fonti note di polveri. Da questo punto di vista San Benedetto (e nel complesso le Marche) sono fortunate: un “mini-eden” secondo Montanari, consulente UE per le nanopatologie e leader, con la moglie Antonietta Gatti, di alcuni dei più importanti progetti di ricerca nel campo, ma come ogni paradiso, rischia: “Finora siete rimasti senza inceneritori e quindi siete estremamente appetibili, perché c’è un vuoto che va riempito ed è un business enorme – rimarca Montanari – la più grande bugia è che gli inceneritori eliminino i rifiuti, in realtà li raddoppiano e li rendono più tossici, perché nel processo sono coinvolte molte altre sostanze”.
Le principali fonti di polveri attuali a San Benedetto sono le caldaie da riscaldamento e le auto ma sulla città aleggia l’ombra del deposito di metano: “Nei primi due anni – aveva detto durante l’ultimo incontro dedicato alla questione Peppe Giorgini, presente anche ieri – secondo i dati contenuti nello stesso progetto, produrrà un inquinamento pari a quello di 107 mila caldaie”. Abbastanza per cacciare i sambenedettesi dal paradiso. (Alex Licciardello - corriereadriatico.it)
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