Controlli sui cibi giapponesi: ecco che cosa importiamo

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Giovedì, 17 Marzo 2011

 

ROMA - Controlli speciali per il cibo in arrivo dal Giappone. L'Unione Europea ha raccomandato ieri ai paesi membri di misurare il livello di radioattività dei prodotti alimentari importati da Tokyo. "La raccomandazione è stata emessa dal Sistema di allerta rapida per gli alimenti e il nutrimento animale" ha spiegato il portavoce di Bruxelles Frédéric Vincent. I controlli avverranno a campione e in Italia il ministero della Salute ha già avviato le procedure. "L'Ue ha consumato nel 2010 9mila tonnellate di frutta e verdura provenienti dall'arcipelago. Mentre il flusso di prodotti ittici è assai limitato" ha precisato Vincent.

Il paese che riscontrerà valori di radioattività superiori al normale dovrà immediatamente avvisare Bruxelles. È stata smentita invece la notizia del blocco totale degli import data dal ministro della Salute Ferruccio Fazio nella trasmissione "Porta a Porta" di martedì sera, che aveva colto di sorpresa gli altri paesi Ue. Il decreto emanato ieri dal ministero prevede che gli uffici di sanità marittima e di frontiera controllino gli alimenti "di origine animale e non" provenienti da Tokyo e confezionati dopo l'11 marzo, data del sisma. L'Italia importa dal Giappone 13 milioni di prodotti alimentari all'anno (il totale europeo è di 65 milioni), la maggior parte dei quali conservati (carne e pesce) o tutto sommato superflui (tè, semi di sesamo, piante e semi di fiori decorativi, alghe, spezie, cibo per animali). Negozi e ristoranti giapponesi utilizzano pesce locale. La percentuale delle importazioni di cibo italiane dal Giappone rispetto al resto del mondo non arriva allo 0,1%.

L'Ue non è stata la sola a chiedere controlli sull'import. Procedure simili sono state avviate in Corea del Sud, Hong Kong, Singapore, Sri Lanka, Filippine e Australia, paesi che a differenza dell'Europa ricevono dal Giappone prodotti anche freschi. Negli Stati Uniti la Food and Drug Administration ha condotto alcuni test su prodotti importati dal Giappone e dal sud-est asiatico. L'export alimentare di Tokyo è comunque un filone ridotto: appena lo 0,15% del prodotto interno lordo dell'arcipelago, che anzi riceve dall'estero il 60% del suo cibo. E in questi giorni in cui il paese ha difficoltà perfino a sfamare se stesso e la flotta dei pescherecci è stata decimata dallo tsunami, anche il commercio internazionale è completamente crollato.

Uno dei pericoli maggiori per gli alimenti contaminati proviene dal cesio-137 prodotto nelle reazioni di fissione nucleare. Questo elemento si accumula nei muscoli degli animali e nelle foglie dei vegetali e impiega 30 anni solo a dimezzare la sua quantità. Per questo i bambini, che hanno una vita lunga davanti a sé, sono considerati particolarmente a rischio. (repubblica.it)

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