Ecosistemi marini a rischio: le interazioni complesse spiegate dalle alghe

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Martedì, 31 Maggio 2011

 

Ecosistemi marini a rischio e cambiamenti climatici, le interazioni complesse spiegate dalle alghe

Advances in Marine Biology ha pubblicato lo studio "Stress ecology in FUCUS: abiotic, biotic and genetic interactions" di un team di ricerca internazionale condotto dai biologi Leibniz Institut für Meereswissenschaften (Ifm-Geomar) che dimostra che «Le interazioni altamente complesse negli ecosistemi possono intensificare l'impatto dei cambiamenti climatici nell'ambito di un periodi di tempo relativamente breve».I ricercatori del. Ifm-Geomar spiegano che «Gli animali e le piante che vivono nelle zone costiere sono organismi resistenti. Ad esempio, quelli che popolano le coste basse del Mar Baltico devono fare i conti con temperature fluttuanti, salinità variabile e anche con i cambiamenti del valore del pH a breve termine».

Martin Wahl, il biologo marino dell'Ifm-Geomar di Kiel che ha guidato il team internazionale di ricerca, spiega che «In poche settimane, a causa dei cambiamenti climatici (globali), queste fluttuazioni naturali possono superare i cambiamenti medi previsti per il prossimo secolo».

Il cambiamento climatico globale è quindi trascurabile per gli ecosistemi costieri? La risposta del team di ricercatori europei ed americani è un netto «No» e Wahl sottolinea che «Persino le più piccole variazioni in un ecosistema possono avere gravi conseguenze a causa dell'intensificazione ecologica. D'altro canto, in alcuni casi gli agenti stressanti possono persino attenuarsi a vicenda».

Gli autori dello studio, provenienti da Germania, Finlandia, Olanda, Usa Portogallo e Svezia, con l'aiuto della stress ecology of macro algae, spiegano le interazioni, spesso sorprendenti, tra le pressioni dovute da un lato agli stress abiotici (per esempio il riscaldamento) e dall'altro agli stress biotici (ad esempio gli erbivori e i parassiti).

L'alga marina Fucus vesiculosus è una macroalga chiamata quercia marina che si trova lungo le coste del Mar Baltico e del Mare del Nord, oltre che degli oceani Atlantico e Pacifico. «In quei luoghi essa gioca un ruolo chiave negli ecosistemi delle acque poco profonde - spiega Wahl - anche se le alghe marine del Mar Baltico dovrebbero essere abituate a condizioni di vita difficili (rigide), la loro popolazione è diminuita in modo considerevole negli ultimi decenni. Il Fucus vesiculosus può vivere in realtà fino alla profondità di 6 metri. Tuttavia, nel Mar Baltico occidentale ora lo troviamo soltanto a profondità massime di 2 metri».

Questo cambiamento non può essere spiegato solo dagli effetti diretti del cambiamento globale, tra cui l'eutrofizzazione e le bioinvasioni. Per capirlo i ricercatori hanno raccolto tutte le informazioni disponibili negli studi precedenti sul Fucus vesiculosus: distribuzione, disponibilità di luce e nutrienti, erbivori, strategie di difesa, reazioni all' inquinamento ambientale, genetica e varietà delle popolazioni di alghe...

«Così siamo stati in grado di mostrare una sequenza di effetti e interazioni che influenzano le singole alghe o intere popolazioni - dice sor Wahl - Ad esempio, l'ombreggiamento indebolisce le riserve energetiche, e ciò porta a difese antivegetative e anti predazione indebolite. Di conseguenza si ha un'intensificazione della pressione da contaminazione e predazione». I ricercatori sottolineano che «L'area fotosintetica del tallo diminuisce, amplificando in questo modo la carenza di energia in condizioni di scarsa luce e lo stress da temperatura riduce la crescita, mettendo a repentaglio la capacità dell'alga di compensare la perdita di tessuto prodotta dagli erbivori, la cui attività è sostenuta a dagli stress di temperatura».

«L'elenco delle possibili intensificazioni è lunga e complessa - evidenzia Wahl. Per migliorare la loro comprensione è in corso la realizzazione di un modello dell'ecologia dello stress della macroalga allo scopo di fornire delle intuizioni su questo problema». I risultati del nuovo studio sono esemplari per gli ecosistemi nelle zone costiere e in generale per la piattaforma continentale. Quasi nessuna specie muore a causa di un singolo effetto dei cambiamenti climatici, ma non possiamo per questo motivo ignorarli Questo studio potrebbe aiutare a intensificare la ricerca in futuro. Non ci sono informazioni sufficienti riguardo all'effetto valanga che l'intensificazione ecologica può causare». (Greenreport.it)

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