ROMA - E' un bene che sia tramontata l'ipotesi del diritto di superficie per 90 anni per le spiagge date in concessione a privati, ma è un altro il rischio nascosto nel decreto sviluppo: scadute le future concessioni, il Demanio sarà costretto a "comprare" le strutture edificate sul suolo pubblico. La denuncia viene da Fai e Wwf a poche ore dalla firma del capo dello Stato sul decreto che contiene le norme sulle nuove concessioni a fini turistici sul litorale demaniale. Il governo, dopo le polemiche dei giorni scorsi, è stato costretto a modificare il termine delle concessioni, riducendo drasticamente a vent'anni la durata di 90 anni inizialmente prevista.
Il diritto di superficie quasi secolare era stato istituito a garanzia della programmazione e della certezza degli investimenti degli operatori privati. Ma quella sorta di concessione "a vita" era stata giudicata dall'Ue "non conforme" alla disciplina del mercato comune, che prevede in casi simili tempi ragionevolmente ridotti, ed aveva sollevato anche le perplessità del Quirinale. Il Colle aveva chiesto che il termine fosse riconsiderato. Così il testo è stato modificato e il termine di 20 anni dovrebbe comparire nell'ultima versione del decreto, la cui pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è attesa per stasera..
Fai e Wwf temono però che questo non basti e chiedono che si ritorni al diritto di concessione oggi in vigore. "L'inghippo - sostengono le due associazioni - della trasformazione del diritto di concessione in diritto di superficie mette a rischio cementificazione le spiagge. Si vuole infatti separare la proprietà del terreno da quello che viene edificato e questo significa garantire ai privati la proprietà degli immobili, già realizzati o futuri sul demanio marittimo".
Oggi come oggi, questo rischio era escluso perché, tramite la concessione, gli immobili, anche se realizzati da privati, rimanevano in uso per il tempo della concessione, ma erano del demanio. "In concreto - proseguono Fai e Wwf - questo significa che con l'introduzione del diritto di superficie se lo Stato vorrà le spiagge libere da infrastrutture, una volta scaduto il termine dei vent'anni, dovrà pagare ai privati il valore degli immobili realizzati perché questi saranno a tutti gli effetti di loro proprietà e quindi potranno essere venduti o ereditati".
"In via teorica - concludono Wwf e Fai - , anche se poco applicata, lo Stato oggi può revocare le concessioni in caso di violazioni; cosa che non sarà più possibile con il diritto di superficie".
I Verdi, con il presidente Angelo Bonelli, vanno oltre: "E' chiaro a tutti che i 90 anni sono stai usati per nascondere il vero obiettivo che era e purtroppo rimane il diritto di superficie. Il 18 giugno manifesteremo a Ostia, la città dove è stato cementificato il 90% delle spiagge, per dire no a questo decreto vergogna". "Il diritto di superficie - accusa Bonelli - si utilizza infatti per l'edificazione in fondi altrui ovvero pubblici e sarà proprio il diritto all'edificazione, da esso garantito, il vero killer delle spiagge italiane. Diritto di superficie e norme sui distretti turistici 'a burocrazia zero' consentiranno di realizzare qualunque attività e intervento edilizio sulle spiagge". Tra l'altro, dice Bonelli, il Decreto sviluppo lo sostiene espressamente: "Il diritto di superficie - si legge - si costituisce sulle aree inedificate formate da arenili... Sulle aree già occupate da edificazioni esistenti, aventi qualunque destinazione d'uso in atto alla data di entrata in vigore del presente articolo". (repubblica.it)
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