Il senso dei delfini della Guyana per l'elettricità

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Giovedì, 28 Luglio 2011

 

Proceedings of the Royal Society B ha pubblicato lo studio "Electroreception in the Guiana dolphin (Sotalia guianensis)" redatto da ricercatori dell'Agenzia federale tedesca per la conservazione della natura marina e costiera delle università tedesche di Amburgo, Rostok e Goethe di Francoforte e di quella statunitense del Texasi Martin-Luther-King-Platz 3, 20146 Amburgo e Rostock e della Texas A & M University, che rivela che il delfino della Guyana è il primo "vero" mammifero a captare le prede attraverso un senso elettrico, l'elettroricezione (o elettrolocalizzazione). fino ad ora l'unico mammifero conosciuto con questa caratteristica era l'ornitorinco, che è un monotremo, appartiene cioè al sotto-gruppo di mammiferi che depongono uova.

L'elettroricezione è nota per squali e razze. Infatti i ricercatori spiegano che «l'elettroricezione passiva è un senso diffuso tra pesci ed anfibi, ma per i mammiferi questa capacità sensoriale è già stato dimostrato solo nei monotremi. Mentre gli elettrrorecettori nei pesci e anfibi si sono evoluti da organi sensori meccanici della linea laterale, quelli di monotremi sono basati sulle ghiandole cutanee innervate dai nervi del trigemino. Fino ad oggi elettroricezioni evolute da altre strutture o in altri taxa erano sconosciute. Qui dimostriamo che le cripite vibrissali senza peli, le cripte sul rostro del delfino della Guyana (Sotalia guianensis), strutture originariamente associato ai baffi dei mammiferi, servono come elettrorecettori. Le indagini istologiche hanno rivelato che le cripte vibrissali possiedono una struttura ampollare ben innervata che ricorda gli elettrorecettori ampollari in altre specie. Esperimenti psicofisici con un maschio di delfino della Guyana hanno determinato una soglia di rilevazione sensoriale per deboli campi elettrici da of 4.6 µV cm che sono paragonabili alla sensibilità degli elettrorecettori negli ornitorinchi. I nostri risultati dimostrano che gli elettrorecettori possono evolvere da un organo sensoriale meccanico che quasi tutti i mammiferi possiedono e suggerisce la possibile scoperta di questo tipo di elettrolocalizzazione in più specie, soprattutto in quelle con uno stile di vita acquatico o semi-acquatico».

Il delfino Guyana vive in regioni costiere sudamericane ed è generalmente presente nelle acque degli estuari, nelle baie poco profonde e protette, nelle foci di fiumi e in acque torbide, habitat dove le particelle in sospensione spesso riducono notevolmente la visibilità, in particolare quando i sedimenti vengono smossi. Quindi gli elettrorecettori sul rostro dei delfini massimizzerebbe la probabilità di rilevare sia le prede che la loro distanza in acque torbide o mentre i cetacei scavano nel substrato, e funzionano come un senso supplementare rispetto all'ecolocalizzazione durante la caccia bentonica.

I mammiferi acquatici e semi-acquatici spesso sono molto diversi dai loro antenati terrestri, per anatomia, fisiologia e nella funzionalità dei loro sistemi sensoriali e per il ruolo che svolgono nell'orientamento, comunicazione e alimentazione. «Anche se i diversi ambienti acquatici del mondo non sono affatto uniformi - spiegano gli scienziati tedeschi ed americani - il campo di funzionamento del sistema visivo sotto l'acqua è spesso ridotto dai bassi livelli di luce o dalla torbidità, mentre i sensi meccanici, come l'udito, l'ecolocalizzazione, il tatto e la percezione di movimenti dell''acqua, diventano sempre più importanti. L'electroricezione, la capacità di percepire i campi elettrici, è operativo solo negli ambienti acquatici (o almeno umidi). L'elettroricezione può essere sia attiva che passiva. Nell'elettroricezione attiva, l'animale genera un campo elettrico e capta le distorsioni di questo campo elettrico da oggetti di diversa conducibilità e capacità nel suo habitat. Si trova nei pesci debolmente elettrici (Mormyriformes e Gymnotiformes). Nell'elettroricezione passiva, sono percepiti i campi elettrici generati da un oggetto nelle vicinanze, spesso un animale preda. L'elettroricezione passiva è nota in molti pesci (tra cui elasmobranchi, lamprede, spatole e il pesce gatto) in alcuni anfibi (come l'axolotl, Siredon mexicanum, ndri, e nei mammiferi monotremi (cioè ornitorinchi e echidne)».

Gli odontoceti come i delfini e i capodogli occupano molte nicchie ecologiche dell'ambiente acquatico e si cibano di molti tipi di prede pelagiche e bentoniche. Generalmente il rilevamento delle prede nei mammiferi odontoceti è attribuito all'ecolocalizzazione, ma secondo i ricercatori «E' più probabile un processo multimodale di vari sensi tra vista e ascolto passivo». In altri mammiferi acquatici, come le foche, la mancanza di un sistema di biosonar è sostituito dalle vibrisse sul muso che li aiutano a scoprire e tracciare i sentieri idrodinamici percorsi dalle prede. Le strutture della pelle che portano le vibrisse sono chiamate "vibrissal follicle-sinus complexes" (F-Scs), Si tratta di follicoli piliferi fortemente innervati e irrorati di sangue e circondati da una capsula di tessuto denso. A differenza delle le foche, la maggioranza degli odontoceti perde le vibrisse dopo la nascita o non le ha proprio, presenta solo le loro "cripte" vuote, che i ricercatori chiamano "cripte vibrissal", ancora visibili nel delfino della Guyana su ogni lato della mascella superiore.

Lo studio spiega che «Queste cripte vibrissali sono spesso descritte come strutture vestigiali prive innervazione e dei caratteristici seni sanguigni, che si sono probabilmente ridotte in favore del sistema sonar. Al contrario, i nostri studi termografici delle cripte vibrissali in un delfino della Guyana adulto (Sotalia guianensis) suggeriscono che sono unità sensoriali funzionali. In modo simile ai F-Scs nelle foche, spot di intensa radiazione termica sono risultati associati ad ogni singola cripta vibrissale. Per determinare se le cripte vibrissali nel delfino della Guyana siano davvero strutture residuali, o se siano unità sensoriali funzionali, le abbiamo studiate istologicamente. Sulla base dei risultati morfologici e dell'ecologia alimentare del delfino della Guyana, abbiamo sviluppato l'ipotesi che le cripte vibrissali funzionino come elettroricettori».

L'esperimento psico-fisico effettuato si un delfino di 28 anni del delfinario di Münster, in Germania, sembra aver confermato questa teoria. L'animale è stato addestrato a rispondere agli stimoli elettrici generati dai pesci di piccole e medie dimensioni, la sua preda naturale. Poi le cripte vibrissali sono state ricoperte da un guscio di plastica e da un mezzo guscio. I risultati sembrano inequivocabili: «Il delfino ha risposto con calma, e in generale con un ritardo di circa 2 s dopo l'insorgenza dello stimolo; i saccadi della testa involontari, come descritto nell'ornitorinco, non sono stati trovati. La soglia sensoriale dei delfini è stato determinato in 4.6 µV cm».

Invece, con il guscio di plastica che ricopriva interamente le cripte vibrissali, il delfino non ha reagito agli stimoli ad alta intensità di campo elettrico (40 test eseguiti), mentre l'elettrolocalizzazione non è stata compromessa dal mezzo-guscio, in questo caso l'acqua sembrerebbe aver permesso di "contattare" le cripte vibrissali. «Quindi - dicono i ricercatori - possiamo concludere che le risposte dei delfini sono state causate da elettroricezione. I dati qui presentati dimostrano che le cripte vibrissali nel delfino della Guyana non sono strutture vestigiali. Sulla base dei risultati psicofisici e sulle analogie della morfologia con gli elettrorecettori nell'ornitorinco e nell'echidna, possiamo concludere che nel corso dell'evoluzione il sistema vibrissale si è trasformato funzionalmente da un sistema originariamente meccanico in un sistema elettroricettivo».

I sistemi elettrosensoriali differiscono molto tra delfini ed i monotremi, ma la sensibilità del delfino Guyana agli stimoli elettrici è risultata addirittura superiore a quella di ornitorinchi. I ricercatori spiegano che «Negli ornitorinchi, come in altre specie elettroricettive, il sistema passivo elettrosensorio viene utilizzato per la rilevazione dei campi bioelettrici delle prede bentoniche. Anche le osservazioni sul delfino della Guyana suggeriscono comportamenti di alimentazione bentonici, indicati dalla risalita di fango sulla superficie dell'acqua dopo l'alimentazione, così come dal fango che aderisce al corpo del delfino. Questo è coerente con la constatazione che le specie di pesci che vivono sul fondo sono le prede comuni del delfino della Guyana. Il comportamento alimentare bentonico è una modalità di alimentazione comune in molti odontoceti. Una strategia più peculiare di alimentazione bentonica, chiamata ‘crater-feeding' è stata descritta nei tursiopi (Tursiops truncatus), delle Bahamas nord-occidentale. Applicando questa strategia, gli animali si immergono e si seppelliscono nella sabbia fino alla pinne pettorali per catturare i pesci nascosti», lasciando i caratteristici crateri che danno il nome a questo comportamento alimentare. Anche i tursiopi (che morfologicamente somigliano moltissimo ai delfini della Guyana) ed altre specie di cetacei possiedono le cripte vibrissali, il che potrebbe significare che altre specie utilizzino l'elettroricezione. (greenreport.it)

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