Il grande raggiro dei sacchetti «eco»

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Lunedì, 26 Dicembre 2011

 

Un anno fa giornali e TV preannunciavano dal primo gennaio 2011 la fine dei sacchetti di plastica in polietilene (PE), e la loro sostituzione con borse completamente biodegradabili in 180 giorni, da riutilizzare in casa per la raccolta differenziata dei rifiuti organici. A distanza di 12 mesi il cambiamento è avvenuto solo in parte. La situazione è confusa perché nei supermercati si trovano i nuovi sacchetti biodegradabili, mentre in molti negozi tradizionali, nelle bancarelle degli ambulanti, nelle farmacie e in numerosi punti vendita ci sono ancora i vecchi sacchetti di polietilene. In questi mesi è apparsa anche una nuova generazione di «finti» sacchetti ecologici di bioplastica che contengono componenti non biodegradabili. Inoltre, sono appena arrivati sul mercato i nuovissimi contenitori di plastica riciclata.

MANCANO I DECRETI - «Il funerale del polietilene non c'è stato perché la legge 296 del 2006 stabilisce l'obbligo di utilizzare sacchetti biodegradabili, ma i decreti attuativi non sono mai stati approvati», spiega Luca Foltran, responsabile della divisione packaging dell'Icq, istituto controllo qualità. «In assenza di questi parametri e dell'indicazione sul periodo massimo di dissoluzione, la legge risulta svuotata e i cambiamenti sono stati affidati alla buona volontà degli operatori». Va detto che il legislatore non doveva inventare nulla, doveva solo applicare la norma europea EN 13432: 2002 utilizzata nei Comuni per i sacchetti compostabili e biodegradabili per la raccolta dell'umido. Il cambiamento vero si è registrato solo nei supermercati, che hanno deciso volontariamente di sostituire i vecchi contenitori in polietilene con i nuovi sacchetti «mollicci» biodegradabili al 100% ottenuti da amido di mais, di patata o poliestere.

L'ECOLOGICO COSTA ILDOPPIO - La novità non è piaciuta ai consumatori perché i biodegradabili sono morbidi, ma costano il doppio rispetto ai precedenti (10 centesimi al posto di 5) e si lacerano facilmente a contatto con angoli o spigoli delle confezioni. Per questo motivo i supermercati sono corsi ai ripari e hanno inserito nell'assortimento a prezzi convenienti (da 1 a 2,5 euro) bellissime borse multicolore, pieghevoli resistenti e riutilizzabili in cotone, carta di riso, tela, polipropilene. «L'operazione ha funzionato molto bene», spiega David Newman, segretario dell'Associazione italiana bioplastiche. «È vero che la legge è incompleta, ma milioni di consumatori hanno cambiato abitudini. Un'inchiesta condotta nel corso dei primi sei mesi di quest'anno in Toscana ha appurato che i clienti nei supermercati Coop usano il 58% in meno di sacchetti a favore di borse di tela o riutilizzabili. Il cambiamento è importante perché gli italiani detenevano il record europeo come utilizzatori di borse di plastica con il 25% del totale». Non tutto però è perfetto anche nella grande distribuzione, perché i sacchetti e i guanti utilizzati per la frutta e la verdura sono in polietilene e, di conseguenza, non sono biodegradabili.

LA (FINTA) NUOVA GENERAZIONE - In questi mesi è apparsa in molti negozi una nuova generazione di borse che possiamo definire «diversamente biodegradabili». Sono riconoscibili perché presentano un'elevata resistenza e riportano scritte con richiami all'ambiente e all'ecologia che confondono le idee. La gente è convinta di comprare shopper ecologiche, invece si ritrova con borse di polietilene additivato con sostanze che con la luce dovrebbero favorire la frammentazione della plastica. Alla fine del processo di sbriciolamento restano minuscoli frammenti di plastica dispersi nel terreno, pericolosi per gli animali e l'ambiente. I finti sacchetti ecologici, definiti oxodegradabili, sono molto utilizzati perché sono più resistenti, costano meno rispetto ai veri shopper biodegradabili, ma sono venduti allo stesso prezzo. «La soluzione migliore», propone Enrico Maria Chialchia, direttore di Unionplast, «è forse quella dei sacchetti ottenuti da plastica riciclata realizzati da alcune imprese italiane che, prime in Europa, hanno messo a punto la nuova tecnologia. Si tratta di borse poco costose che, grazie alla loro robustezza, si riutilizzano più volte e sono ottenute da plastica proveniente dalla raccolta differenziata. La distribuzione è ancora a livello sperimentale in alcune catene di supermercati. Si riconoscono dal momento che riportano il marchio «Plastica Seconda Vita». In questa situazione registrano un vero boom di vendite i sacchetti neri in polietilene destinati alla spazzatura domestica, che talvolta sostituiscono le vecchie shopper della spesa. (Roberto La Pira - corriere.it)

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