Il Serengeti ospita il più grande sistema migratorio di mammiferi al mondo. Tra la stagione secca e la stagione delle piogge almeno 2 milioni di erbivori (gnu, zebre, gazzelle) partono e poi ritornano, seguite da frotte di carnivori affamati (dai leoni ai licaoni).
Il Serengeti ospita la Rift Valley, la culla del genere umano. La valle dove gli australopitechi hanno definitivamente imparato a camminare su due gambe e i primi ominini del genere Homo hanno iniziato a lavorare in maniera sistematica le pietre e il legno e hanno attivato quel processo di rapida encefalizzazione caratterizzato dalla crescita del volume cerebrale e (di conseguenza?) delle capacità cognitive.
Il Serengeti è probabilmente il luogo dell'Africa sub-sahariana più conosciuto e documentato al mondo, filmato da miriadi di videocamere e visitato ogni anno da migliaia di turisti provenienti da ogni parte del pianeta, che con le loro spese contribuiscono per quasi un quarto all'afflusso di moneta straniera nella povera economia della Tanzania.
Il Serengeti è a rischio.
Il presidente Jakaya Kikwete ha deciso di costruire un'autostrada di 120 chilometri, per collegare la costa al Lago Vittoria, che attraverserà la Rift Valley e dividerà a metà il grande ecosistema del Serengeti. E con questo progetto del valore di quasi mezzo miliardo di dollari conta di vincere le prossime elezioni di novembre, grazie al voto di una popolazione che, per il 95%, vive con meno di 2 dollari al giorno.
Con una denuncia che è anche un accorato appello pubblicata su Nature, Andrew Dobson, Markus Borner, Tony Sinclair e da altri 24 ecologi esperti di quel bioma sostengono che, se l'autostrada del Serengeti verrà costruita, l'ecosistema morirà. La grandi migrazioni dei mammiferi dalla Tanzania al Kenya e viceversa saranno bloccate. Le popolazioni di erbivori e di carnivori diminuiranno. L'erba crescerà rigogliosa e nelle stagioni secche si accenderà, procurando un numero insostenibile di incendi che distruggeranno anche gli alberi. Anche i turisti spariranno. E l'economia della Tanzania subirà un colpo durissimo.
Dobson e gli altri ecologi non hanno dubbi. Bisogna impedire tutto questo. Ed è possibile farlo. Sia perché la costruzione dell'autostrada inizierà nel 2012. Dunque c'è tempo per trovare soluzioni alternative. Sia perché ciò che si chiede al governo della Tanzania non è di rinunciare a un moderno sistema di comunicazione tra due parti vitali, come la costa e il Lago Vittoria. Ma semplicemente di cambiare percorso.
L'alternativa c'è. È un tragitto a sud del Serengeti. Un po' più lungo ma assai meno costoso, non fosse altro perché no deve salire e ridiscendere dalle alture della Rift Valley.
È molto probabile che la decisione definitiva verrà presa dopo le elezioni di novembre. Resta la grande questione. Un ecosistema unico al mondo - non a caso eletto a patrimonio dell'umanità dall'UNESCO - la cui perdita sarebbe probabilmente irreversibile che dipende, come è giusto nell'attuale diritto che regola i rapporti internazionali, dalle esigenze contingenti di un governo locale che indica a se stesso e ai suoi elettori altre priorità.
Come risolvere il paradosso? C'è un'unica opzione. Piena di mille e mille trappole, prima tra tutte la corruzione dei gruppi di potere internazionali e locali. Se tuttavia è interesse dell'intera umanità che il Serengeti resti intatto, sia l'intera umanità - attraverso le Nazioni Unite o una delle sue agenzie - e farsi carico, anche economicamente, della conservazione del patrimonio. (Pietro Greco - greenreport.it)
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