San Benedetto del Tronto - Le migliaia di firme raccolte nei mesi scorsi, anche nel nostro territorio, per il referendum per la gestione pubblica dell’acqua dimostrano inequivocabilmente che i cittadini del Piceno considerano l’acqua un bene comune ed un diritto umano.
Secondo noi del "Tavolo piceno dell'acqua bene comune", nell'ambito del quale si coordinano una serie di associazioni, organizzazioni e cittadini attivi al riguardo, gestione pubblica non vuol dire soltanto esclusione dell'acqua dal mercato e preclusione degli interessi privati dalle finalità del servizio idrico, ma implica che le scelte organizzative e gestionali del servizio stesso siano improntate a vari altri principi etici.
Tra questi, oltre alla universalità, alla solidarietà, al risparmio, alla salvaguardia, all'efficienza, ci sono senz'altro la democrazia e la trasparenza delle scelte principali.
E' per questo che siamo perplessi su come, dopo la nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione, si sta procedendo a quella del Direttore Generale della società di gestione delle nostre acque (CIIP).
Tutti coloro che come noi si battono per la gestione pubblica del servizio idrico hanno ben chiaro che proprio sull'efficienza dello stesso si gioca la salvaguardia del suo carattere pubblico. E' noto infatti come i fautori dell'apertura ai privati, nonostante i noti disastri da questi compiuti, facciano leva proprio sulla loro "aprioristica" ed ideologica superiorità gestionale.
Le nostre preoccupazioni derivano dal fatto che per l'individuazione di questa importantissima figura tecnica, per la quale lo stesso statuto della società prescrive espressamente il possesso di "comprovate attitudini ed esperienze professionali a livello manageriale", non ci risulta si stia procedendo con modalità che consentano di selezionare le migliori competenze possibili attraverso procedure ad evidenza pubblica o almeno confrontando curriculum ed eventuali relazioni sulle modalità di gestione.
Da ciò che si apprende dagli organi di informazione si ha piuttosto l'impressione che tale scelta debba essere il prodotto di preferenze e veti incrociati, più o meno trasparenti, di componenti o esponenti politici. Una tale eventualità invece di assicurare una conduzione tecnica improntata alla piena autonomia di giudizio rischierebbe di determinare meccanismi perversi di riconoscenza/subalternità nei confronti dei soggetti patrocinanti.
Con tutto il rispetto per le figure politiche rappresentative delle nostre comunità locali riteniamo che nell'individuazione di chi dovrà assicurare l'efficienza del principale servizio pubblico del territorio, sia per finalità sia per entità (circa 33 milioni di euro di bollette l'anno), gli amministratori preposti debbano dar conto delle modalità, dei criteri seguiti e del rispetto delle previsioni statutarie.
Saremo vigili ed attivi al riguardo anche perché siamo convinti che questopassaggio rappresenti il primo banco di prova per quanti, nella politica e nelle istituzioni, in questi mesi di mobilitazione collettiva hanno proclamato di voler difendere "l'acqua pubblica". (ilquotidiano.it)
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