SKARDU, Pakistan — Aiuti alimentari, medicinali, ricostruzione delle case e delle strutture e prima ancora di argini e misure preventive contro nuove alluvioni. C’è tanto lavoro da fare in Baltistan, la ragione dei distretti di Skardu e del Ghangche situate ai piedi del Karakorum.
Interi villaggi devastati dalle inondazioni e dalle frane aspettano di essere ricostruiti, così come le infrastrutture devono essere urgentemente ripristinate per consentire gli spostamenti nell’enorme territorio pakistano. Questo il quadro che ci è stato descritto dai collaboratori del Comitato EvK2Cnr che operano nelle Northern Areas del Pakistan.
I dati arrivano direttamente dall’Aga Khan Rural Support Programme, l’associazione non governativa che si preoccupa dello sviluppo socio-economico delle popolazioni nelle zone delle Northern Areas e del Chitral, in Pakistan, con cui il Comitato EvK2Cnr collabora fin dal 2005. Secondo i primi rilevamenti nei due distretti del Baltistan, quello di Skardu e quello del Ghangche, due villaggi, uno per ciascun distretto, hanno subito vittime per le alluvioni.
In totale i morti ammontano per ora a 57: dal momento che questa sfortunata tragedia è avvenuta di notte, molti sono deceduti senza neanche accorgersene. Oltre alle vittime, numerosi villaggi hanno riportato danni alle terre, agli alberi, al bestiame, alle case e ad altri tipi di beni. Quasi tutti i paesi sono stati interessati dalle piogge, dagli straripamenti fluviali, dai franamenti di terra e di roccia caduti durante il periodo dei monsoni.
Secondo quanto riferiscono i collaboratori del Comitato EvK2Cnr in Pakistan, che stanno seguendo da vicino la situazione in Baltistan e collaborano con le Organizzazioni locali e internazionali che lavorano sul posto, le comunità delle vittime alluvionate hanno dimostrato una grande capacità nel lottare contro il disastro naturale. La comunità all’inizio ha aiutato le persone facendole evacuare dalle aree danneggiate, e in molti si sono salvati grazie ai tempestivi sforzi.
Alcuni villaggi come Kharkho, che è quello più danneggiato dalle alluvioni, non hanno registrato vittime perché avevano già una squadra di prevenzione emergenze. Queste comunità hanno dimostrato grande umanità nell’aiutarsi l’un l’altra, nel mangiare, trovare riparo e sostenersi nei bisogni primari. La popolazione è inoltre pronta a rimboccarsi le maniche e a darsi da fare nei processi di riabilitazione e ricostruzione, e ad usare al meglio gli aiuti finanziari che dovessero arrivare. Nelle aree alluvionate sono stati creati comitati che organizzano punti assistenza alimentari e aiutano nel portare avanti la gestione del lavoro.
Diversi sono i bisogni urgenti a cui pensare. In primis i rifornimenti alimentari per fronteggiare almeno i primi mesi del dopo alluvione. Poi la ricostruzione delle case e delle strutture di base, ma prima ancora di argini e sistemi di protezione, affinché quanto fatto per rientrare nella normalità non venga vanificato da un eventuale ritorno dei monsoni.
Bisognerà poi pensare a ripristinare i canali d’irrigazione, fondamentali per garantire la coltura dei campi. E ancora medicinali e vaccini, per evitare epidemie e fronteggiare le possibili malattie derivate dalle contaminazioni delle carcasse degli animali. Tanti insomma i problemi urgenti da affrontare, perché se i monsoni al momento sono passati, il bilancio dei danni è tutt’altro che chiuso. (Scienze.tv)
|