I ghiacciai sulle Alpi italiane - secondo l'ultimo censimento effettuato nel 2008 da un gruppo di glaciologi coordinato da Michael Zemp, del Dipartimento di geografia dell'Università di Zurigo - sono 1.368 e si estendono per 602,4 chilometri quadrati. Per completare il quadro italiano a questi dobbiamo aggiungere, di fatto, un solo ghiacciaio appenninico, quello del Calderone sul Gran Sasso.
Ebbene, tutti, o quasi, sono in ritirata. In risposta alla variazioni del clima, la superficie dei ghiacciai italiani a partire dalla seconda metà dell'800 è diminuita del 40%. Alcuni tra i più grandi sono arretrati anche di 2 chilometri. Mentre il limite delle nevi si è innalzato di 100 metri. Molti ghiacciai residui sono sotto il limite delle nevi. Resistono per inerzia, ma la loro fine è segnata.
Il ritiro dei ghiacciai non è stato affatto lineare nel tempo. Dopo una fase di arretramento generalizzato negli anni '50 e '60 del secolo scorso, per tutti i successivi anni '70 si è avuto un recupero dell'estensione dei ghiacciai alpini altrettanto generalizzata. Poi con gli anni '80 è iniziata una nuova fase di ritiro che, nel volgere di dieci anni, ha interessato e interessa oltre il 90% dei ghiacciai italiani.
Tutti questi dati - ed altri ancora - sono contenuti in un breve, ma denso articolo, La risposta dei ghiacciai alpini alle variazioni climatiche, pubblicato di recente su Geoitalia, la rivista della Federazione Italiana di Scienze della Terra, da Carlo Baroni, membro del Comitato Glaciologico Italiano e docente presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell'università di Pisa.
È un articolo davvero utile da leggere. Non solo perché ci aggiorna sulle condizioni di quelle masse di ghiaccio presenti sulle nostre montagne che sono, nel medesimo tempo, un indicatore delle variazioni del clima e una fonte primaria di acqua dolce per le nostre campagne e le nostre città.
Di qui le domande che pone Carlo Baroni: qual è il destino dei ghiacciai italiani nei prossimi decenni? Quali effetti avrà il loro ritiro sulla disponibilità di acqua dolce? Non sappiamo rispondere a queste domande, che non hanno solo notevoli implicazioni culturali, ma anche sociali ed economiche.
E non sappiamo rispondere per due motivi. Uno è intrinseco alla natura stessa delle scienze sul clima: che nelle previsioni del futuro è in grado di fornire, in genere, scenari probabilistici e non certezze determinate. Ma non sappiamo rispondere anche e, forse, soprattutto perché non li studiamo abbastanza. L'ultimo catasto aggiornato del Comitato Glaciologico Italiano è stato realizzato nel lontano 1989 per conto del Ministero dell'Ambiente e ha mappato solo i ghiacciai di dimensioni maggiori di 5 ettari.
Non c'è dubbio. Dobbiamo saperne di più. Dobbiamo investire di più nella ricerca sui ghiacciai italiani. Ne va delle conoscenze sulla dinamica di un sistema geologico unico. Ma anche della fonte che alimenta di acqua dolce la gran parte delle nostre campagne e delle nostre case. (Pietro Greco - greenreport.it)
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