TORINO - Sarà una "cena degli avanzi", come quelle di una volta, le sere dopo la festa, a chiudere oggi il Salone del Gusto. Non è un caso perché davvero quello di quest'anno è stato il salone di cui non si butta via niente. Non gli stand, costruiti solo con legno e carta, che verranno riutilizzati appena chiusa la manifestazione. E non i cibi: perché gli avanzi, rimasti nelle cucine delle centinaia di laboratori del gusto, finiranno questa sera nelle mani di un manipolo di cuochi, stellati e no, che, sul momento, nel Teatro del Gusto allestito all'interno della Fiera, come in una grande jam session, ne ricaveranno piatti golosi.
Un'idea che spiega meglio di tanti discorsi la filosofia dell'ottava edizione del Salone, che ha sancito la definitiva alleanza tra golosi e contadini. "In cucina, anche nell'alta cucina, è finito il tempo dell'estetica ed è arrivato quello dell'etica, del rispetto dei prodotti e di chi li lavora", diceva ieri il modenese Massimo Bottura, forse il più famoso chef d'Italia. E riciclare gli avanzi del nostro cibo rischia di diventare più importante che farlo con la plastica o il vetro, se si considerano le cifre dello spreco di nutrimento che ogni giorno si perpetra sulla Terra.
"Oggi negli Stati Uniti - ha spiegato Vandana Shiva, ambientalista indiana e vicepresidente mondiale di Slow Food - il 50 per cento del cibo prodotto viene gettato via o non utilizzato. E ogni americano butta via tre quarti delle calorie che potrebbero sfamare un'altra persona". Così oggi nel mondo si produce il cibo necessario per sfamare 8 miliardi di persone: siamo 6 miliardi, e ciò nonostante circa un miliardo di esseri umani soffre la fame. Qualcosa non funziona.
E non è che in Italia siamo più attenti. Il 30% del cibo acquistato, dice Coldiretti, finisce in discarica: circa 4 mila tonnellate al giorno di derrate alimentari ancora consumabili. E ogni italiano produce, in 12 mesi, 27 chili di avanzi di cibo, per una valore superiore ai 500 euro a testa. Buttiamo via il 15 per cento del pane e della pasta, il 18 per cento della carne e il 12 per cento della frutta e verdura.
"Un tempo non accadeva" dice Carlo Petrini, il leader di Slow Food che ha voluto la cena degli avanzi come ultimo capitolo di questa edizione e come prima pagina della prossima. "Anzi - continua - in Italia ci sono molte ricette nate dal riuso e dal riciclo. Nate dal saper fare di persone che, per nutrire la famiglia, da quello che avevano hanno creato grandi piatti: dal piemontese agnolotto alla "virtù", la minestra teramana. Ricette che ci insegnano il valore del risparmio e il rispetto per il cibo. Perché il cibo ha un valore. Se si capisse, non ne butteremmo via così tanto". Ma possiamo invertire questa tendenza? "Sì, con il nostro comportamento quotidiano, magari evitando che il frigorifero di casa sia sempre più l'anticamera del sacchetto della spazzatura, razionalizzando la nostra paura di restare senza cibo, stimolata dai 3x2". Una cena però deve essere anche un piacere, come spiega Davide Scabin, il grande cuoco piemontese che sarà il regista di questa sera. "Per noi è una sfida su più livelli - racconta - il primo è quello ambientale, certo. Ma potremo anche dimostrare l'importanza del cuoco capace di tirare fuori grandi piatti da ogni prodotto. Perché creare non vuol dire "famolo strano" come molti pensano, ma saper trasformare alla grande ciò che si ha". (repubblica.it)
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