IN ITALIA l'acqua di rubinetto è buona e, nonostante i
recenti rincari delle tariffe, costa ancora poco. Gli
italiani però sono i più grandi consumatori di acqua in
bottiglia di tutta Europa (ne bevono 195 litri a testa
all'anno) e i terzi al mondo dopo arabi e messicani. Può
sembrare un paradosso, ma è la realtà. Dalle fonti alla
tavola il trasporto dell'acqua mette in movimento nel
nostro paese ogni anno 480.000 tir (che, messi uno
accanto all'altro, formerebbero una fila di 8.000 km, un
viaggio andata e ritorno Roma-Mosca). Se poi all'acqua
bevuta si aggiunge quella consumata (per mangiare,
lavare, far funzionare siti produttivi e agricoli e così
via) si scopre che ogni italiano usa al giorno 237 litri
d'acqua (uno statunitense 425, un francese 150, un
abitante del Madagascar 10).
Sul prezzo non c'è
competizione: la cosiddetta "acqua del sindaco" secondo
Legambiente costa in media 0,5 millesimi di euro al
litro, mentre quella in bottiglia si aggira intorno ai
50 centesimi di euro al litro. Secondo una recentissima
indagine di Federconsumatori svolta su un campione di 72
città italiane, negli ultimi dieci anni la bolletta
dell'acqua è salita dell'85%, con differenze notevoli
tra i vari capoluoghi (a Milano si pagano in media
107,79 euro l'anno contro i 447,23 di Firenze e i 204,08
di Roma). Nonostante quest'impennata, però, in Italia ci
si disseta a prezzi ancora molto bassi rispetto ad altri
paesi europei.
Il problema più grave e urgente
da noi non è il costo dell'acqua ma il modo in cui
questa viene distribuita. Gli acquedotti italiani
rimangono i colabrodo di sempre: più di un quarto
dell'acqua che trasportano si perde per strada.
Una volta entrata nelle case, lo spreco continua:
consumiamo molta più acqua del necessario mentre al Sud,
soprattutto d'estate, 8 milioni di italiani scendono
sotto la soglia di emergenza e hanno il rubinetto a
secco diverse ore al giorno. Basterebbe cambiare qualche
abitudine per risparmiare acqua e denaro 2
.
In bagno:
-
per lavarsi i denti è sufficiente
inumidire lo spazzolino e
risciacquarsi la bocca con un
bicchiere d'acqua: con questo metodo
si risparmiano 40 litri d'acqua
-
prima di farvi la barba chiudete il
lavandino con il tappo e riempitelo
a metà: sarà sufficiente per
risciacquare il rasoio durante la
rasatura
-
un bagno caldo è una delle cose più
rilassanti che ci siano ma con la
doccia si utilizza la metà
dell'acqua. E potete risparmiare
ancora di più se, mentre vi
insaponate, chiudete il getto
dell'acqua
-
il 30% dei consumi idrici domestici
dipende dallo sciacquone;
assicuratevi che non ci siano
perdite e utilizzate i sistemi a
quantità differenziata, in modo da
poter scegliere quanta acqua usare a
seconda delle esigenze
In cucina:
-
fate partire la lavastoviglie e la
lavatrice solo a pieno carico: si
possono risparmiare 11.000 litri
all'anno
-
lavate la frutta e la verdura in un
recipiente e, quando avete
terminato, riutilizzate l'acqua per
annaffiare le piante
-
l'acqua in cui avete cotto la pasta
è un ottimo sgrassante e vi tornerà
utile al momento di dover lavare i
piatti
-
mentre fate scorrere l’acqua in
attesa che diventi calda,
raccoglietela in una bacinella e
usatela per innaffiare o lavare i
pavimenti
Consigli generali:
-
Attenzione alle perdite, un
rubinetto o un wc che gocciolano
possono costare caro in bolletta.
Novanta gocce al minuto significano
4000 litri d'acqua sprecata
-
Prima di partire per le vacanze
assicuratevi che il rubinetto
centrale sia chiuso.
In questo quadro dai numeri
sorprendenti, la Coop lancia una campagna per promuovere
un uso corretto e consapevole delle risorse idriche, a
partire dall'acqua di rubinetto. L'iniziativa si chiama
"Acqua di casa mia" ed è accompagnata dallo slogan: "Hai
mai pensato a quanta strada deve fare l'acqua prima di
arrivare nel tuo bicchiere?". Alla domanda, sui
manifesti e negli spot interpretati da Luciana
Littizzetto che presto appariranno in giro per l'Italia
e in tv, segue un invito piuttosto inusuale per chi
l'acqua la vende da sempre: "Salvaguardiamo l'ambiente:
scegli l'acqua del rubinetto o proveniente da fonti
vicine". Al consumatore resta poi la libertà di scelta
tra queste diverse opzioni. Se per motivi di gusto o di
salute non si vuole o non si può rinunciare alle acque
in bottiglia (ma i dati Nielsen relativi al primo
semestre 2010 registrano un calo del 4,7% del consumo di
acque minerali rispetto al 2009) allora si può prestare
attenzione a scegliere quelle minerali provenienti da
sorgenti vicine che non hanno fatto molti chilometri
sulle strade. L'imbottigliamento e il trasporto su gomma
di 100 litri d'acqua che viaggiano per 100 Km
(mediamente ne fanno molti di più) corrispondono,
infatti, a circa 10 Kg di anidride carbonica (CO2)
immessi in atmosfera. Se invece si sceglie l'acqua del
rubinetto la produzione di CO2 è pari solo a 0,04 Kg. Un
rapporto di 1 a 250.
Negli "scaffali parlanti"
dei punti vendita Coop sarà dunque indicata la mappa
delle acque,
ossia la precisa localizzazione
geografica delle fonti, in modo che il consumatore possa
verificare quanti chilometri ha percorso la bottiglia
che sta acquistando prima di finire nel suo carrello.
Dal punto di vista delle acque minerali a proprio
marchio, Coop ha "alleggerito" le bottiglie, riducendo
la quantità di plastica impiegata in una percentuale tra
il 13 e il 20%. Un'operazione che, nel complesso, ha
prodotto un risparmio all'anno di 3300 tonnellate di
CO2. Per evitare inutili sprechi nei consumi idrici dei
propri punti vendita, inoltre, sono state adottate
iniziative come l'utilizzo di riduttori di flusso per i
rubinetti, scarichi a doppia cacciata per i wc, raccolta
delle acque piovane. Infine, in coerenza con la
campagna, Coop da un mese ha raddoppiato le fonti di
approvvigionamento della propria acqua a marchio
aggiungendo alle due sorgenti originarie (Grigna in
provincia di Lecco e monte Cimone in provincia di
Modena) quelle di Valcimoliana (Pordenone) e Angelica
(Perugia). La disponibilità di quattro fonti (più
un'altra al Sud ancora da individuare) permetterà di
ottenere, a regime, una riduzione della distanza media
che le bottiglie devono compiere di circa il 12%. Su
scala annuale significa 235.000 chilometri in meno, pari
a 388 mila chilogrammi di CO2 non emessi.
Del
resto di fonti, nel nostro paese, ce n'è in abbondanza e
l'Italia è ancora un paradiso per chi decide di entrare
nel business dell'acqua in bottiglia. Ogni territorio
dispone di un ricco patrimonio di sorgenti, dalle quali
le aziende imbottigliatrici attingono a prezzi spesso
irrisori. Le Regioni, infatti, elargiscono concessioni
in cambio di tariffe molto convenienti. Non esiste una
legge nazionale che regoli la materia, perciò ogni
Regione si regola a modo suo. Alcune esigono una somma
per ogni ettaro di terreno sfruttato; altre per ogni
metro cubo d'acqua prelevato; altre impongono sia l'una
che l'altra tassa. Le regioni più all'avanguardia hanno
fissato tariffe diverse a seconda della quantità d'acqua
estratta.
In realtà negli ultimi anni c'è stata
un'inversione di tendenza. Prima la Lombardia, poi il
Piemonte, il Veneto, il Lazio e la Toscana hanno
cambiato sistema: più acqua si imbottiglia, più si paga.
L'ultima regione ad essersi messa al passo con i tempi è
la Puglia. La giunta regionale, a giugno scorso, ha
aumentato il canone di concessione da 50 a 130 euro per
ettaro.
Se nel settore delle acque minerali la
concorrenza è spietata, non tutta l'acqua di rubinetto è
buona allo stesso modo. Secondo un'indagine di
Altroconsumo 13 città su 34 hanno ottenuto il massimo
dei voti sul piano della qualità. Tra le prime della
classe ci sono Ancona, Bergamo, Bologna, Perugia, Roma e
Trento. Bocciate, invece, Catanzaro e Genova per la
presenza di sostanze indesiderate come trialometani,
nichel e alluminio. Si pone, dunque, la questione dei
limiti di potabilità. Per poter entrare nelle nostre
case, l'acqua deve rispettare parametri fissati
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Sostanze come
cloriti, arsenico, fluoro sono tollerate fino a una
certa soglia. Il decreto legislativo 31/2001, oltre ad
aver reso più stringenti questi parametri, ha introdotto
la possibilità, per Regioni e Province, di derogare alle
regole per 3 anni fino a un massimo di 9. Come
evidenziato dall'Osservatorio di Cittadinanzattiva sui
servizi idrici 2009, otto regioni (erano 13 nel 2007),
hanno chiesto deroghe al ministero della Salute per
poter dichiarare bevibili le acque in alcuni comuni dei
loro territori. Si tratta di Lazio, Lombardia, Piemonte,
Trentino, Umbria, Toscana e Puglia, per livelli di
arsenico e cloriti fuori norma. Problemi che in parte
derivano dall'origine vulcanica di alcune aree
geografiche, in parte da un eccesso di sostanze chimiche
utilizzate soprattutto in agricoltura. Secondo la legge,
chi sfrutta una deroga dovrebbe informare
tempestivamente la popolazione. Un dovere che non sempre
viene assolto. In tutta Italia 25 aziende locali di
gestione dell'acqua - tra cui Hera, Smat, Acea e
Mediterranea delle Acque con bacini di utenza che
comprendono grandi città come Bologna, Torino, Roma e
Genova - hanno aderito alla campagna di Legambiente e
Federutility "Acqua di rubinetto? Si grazie!" e fanno
controlli con una frequenza più alta di quella prevista
per legge. Inoltre rendono disponibili i risultati delle
analisi tramite i propri siti internet, le bollette o la
stampa locale. Queste buone pratiche sono di esempio. Le
aziende che distribuiscono acqua nelle nostre case
possono fare di meglio per garantire ai cittadini
qualità e sicurezza. (Monica Rubino -
repubblica.it) |