Le grandi piogge di questo periodo hanno portato in Veneto alluvioni e come di consueto si è ripresentato a Venezia il problema dell'acqua alta. Il costoso "Progetto Mose" il grande sistema di paratoie mobili che dovrebbe proteggere la città lagunare sia dalle acque alte che dall'eventuale innalzamento del livello dei mari forse entrerà in funzione nel 2014. Intanto a Chioggia "il piccolo Mose" quasi completamente realizzato ha dato i suoi frutti: le paratoie hanno impedito che l'acqua (alta marea di circa 110 cm) entrasse in città. Ovviamente quanto si è verificato a Chioggia ha dato grande slancio e infuso ottimismo in prospettiva veneziana.
Alla via tecnologica New York invece risponde con più natura. L'innalzamento degli oceani previsto in seguito ai cambiamenti climatici è più che una minaccia per la "Grande Mela". In base ha quanto si apprende da fonte Ansa il gruppo di lavoro New York State Sea Level Rise Task Force ha predisposto un rapporto consegnato all'amministrazione dello Stato di New York in cui sono elencate le principali soluzioni per difendere la città e non solo. Infatti il piano, messo a punto dalla task-force istituita nel 2007, riguarda anche le aree costiere (da Long Island alla valle del fiume Hudson), più esposte alla minaccia che viene dal mare. Secondo gli esperti l'area dello Stato di New York, è tra le più vulnerabili alla crescita degli oceani dove si prevede che entro il 2020 il livello delle acque possa salire da 5 a 12 centimetri. Se questo avvenisse sarebbe coinvolto il 62% della popolazione dello Stato di New York. Il rapporto poi riporta le soluzioni: secondo gli studiosi si dovrebbero inasprire le norme per la costruzione nelle aree costiere e considerare l'ipotesi di abbandonare queste coste e favorire la nascita di barriere naturali grazie all'espansione dei parchi naturali.
«Si tratta - ha dichiarato Adam Freed, dell'ufficio del sindaco di New York Michael Bloomberg - di un importante passo nello sviluppo di un progetto statale per fronteggiare i rischi posti dalla crescita del livello degli oceani e dell'aumento della frequenza delle tempeste e degli uragani sulle coste». Lo spostamento di edifici proposta è impegnativo economicamente (come del resto riparare i danni a eventi avvenuti, bisognerebbe sempre ricordarlo ndr) ma gli studiosi spiegano che si dovrebbe senza dubbio ricollocare almeno gli edifici a maggior rischio (scuole, ospedali, stazioni polizia, infrastrutture di trasporti). Poi si dovrebbero adottare soluzioni definite di "ingegneria soft" come l'estensione delle paludi di acque salata e barriere di isole artificiali che potrebbero offrire una protezione più vasta a un costo inferiore rispetto a soluzioni "hard" come le paratie in cemento. (greenreport.it)
|