Al Gore e la guerra del clima "Perché gli ecoscettici hanno torto"

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Venerdì, 5 Marzo 2010

 

SAREBBE un immenso sollievo se i recenti attacchi alla scienza che studia il riscaldamento globale indicassero davvero che non ci troviamo di fronte a una calamità inimmaginabile la quale esige misure preventive su vasta scala per proteggere la nostra civiltà. Naturalmente, dovremmo comunque affrontare i rischi per la sicurezza nazionale di una sempre maggiore dipendenza da un mercato petrolifero dominato dalle riserve in diminuzione situate nella regione più instabile del mondo. E saremmo comunque all'inseguimento della Cina nella corsa allo sviluppo di reti elettriche intelligenti, treni veloci, energia solare, eolica, geotermica e di altre fonti di energia rinnovabile: le più importanti fonti di nuova occupazione del XXI secolo. Ma che peso ci saremmo tolti! Non dovremmo più preoccuparci che un giorno i nostri nipoti ci considerino una generazione criminale, che ha ignorato egoisticamente e spensieratamente i chiari segnali che il loro destino era nelle nostre mani.

Potremmo festeggiare coloro che hanno ostinatamente continuato a sostenere che i rapporti sul cambiamento climatico delle principali Accademie nazionali delle Scienze avevano semplicemente commesso un errore enorme. Io, per esempio, mi auguro sinceramente che le crisi climatiche siano un inganno. Sfortunatamente, però, la realtà del pericolo che stiamo correndo non è stata modificata dalla scope rta di due errori tra le migliaia di pagine di uno scrupoloso lavoro scientifico svolto nel corso degli ultimi 22 anni dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc). In realtà, la crisi si sta aggravando perché ogni 24 ore continuiamo a scaricare nell'atmosfera (come se fosse una fogna a cielo aperto) 90 milioni di tonnellate di inquinanti che contribuiscono al riscaldamento globale del pianeta.

È vero che l'Ipcc ha pubblicato un dato sovrastimato sulla velocità di scioglimento dei ghiacciai dell'Himalaya e che ha utilizzato delle informazioni sui Paesi Bassi fornitegli dal governo e rivelatesi, in un secondo tempo, parzialmente inesatte. Inoltre, le e-mail rubate all'università dell'East-Anglia hanno dimostrato che alcuni scienziati assediati da un'offensiva di richieste ostili da parte degli scettici del clima potrebbero non aver seguito nel modo appropriato i criteri stabiliti dalla legge britannica sulla libertà di informazione. Ma le attività scientifiche non saranno mai esenti da errori. Ciò che importa è che la schiacciante unanimità sul riscaldamento globale resti invariata. È importante anche notare che gli scienziati del comitato - agendo in buona fede, sulla base delle migliori informazioni disponibili - hanno verosimilmente sottovalutato la portata dell'aumento del livello del mare in questo secolo, la velocità con cui la calotta polare artica sta scomparendo e quella con cui alcuni dei grandi flussi glaciali in Antartide e in Groenlandia si stanno sciogliendo e riversando in mare. Poiché questi e altri effetti del riscaldamento del pianeta sono distribuiti a livello globale, è difficile individuarli e interpretarli in ogni singola località.

Ad esempio, il mese di gennaio è stato considerato eccezionalmente freddo in gran parte degli Stati Uniti. Tuttavia, da un punto di vista globale, si è trattato del secondo gennaio più caldo dall'epoca in cui le temperature della superficie sono state misurate per la prima volta, 130 anni fa.

Anche se coloro che negano il cambiamento climatico hanno capziosamente sostenuto per anni che nell'ultimo decennio non si è verificato alcun riscaldamento, gli scienziati hanno confermato che gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi da quando le temperature terrestri vengono registrate. Le forti nevicate di questo mese sono state utilizzate a favore delle loro tesi da quelli che affermano che il riscaldamento del pianeta è una leggenda; tuttavia gli scienziati hanno rimarcato che le più elevate temperature globali hanno accelerato la velocità di evaporazione degli oceani, immettendo molta più umidità nell'atmosfera e provocando così le forti precipitazioni di acqua e neve in determinate aree, tra cui gli Stati Uniti nord-occidentali. Come è importante non perdere di vista l'essenziale per il particolare, così é altrettanto importante non farsi trarre in inganno dalle nevicate.

Ecco cosa sta accadendo al nostro clima secondo gli scienziati: l'inquinamento globale prodotto dall'uomo intrappola il calore del sole e aumenta le temperature atmosferiche. Le sostanze inquinanti - soprattutto l'anidride carbonica - sono aumentate rapidamente con il diffondersi dell'uso del carbone, del petrolio, dei gas naturali e dei roghi dei boschi, e nello stesso lasso di tempo le temperature sono cresciute. Quasi tutti i ghiacci che ricoprono alcune regioni della Terra si stanno sciogliendo, provocando l'innalzamento del livello dei mari. Si prevede che gli uragani diventeranno più forti e più distruttivi, anche se il loro numero dovrebbe diminuire. I periodi di siccità diventeranno più lunghi e più gravi in molte regioni e la violenza delle alluvioni aumenterà. La prevedibilità stagionale delle piogge e delle temperature è stata stravolta, mettendo in grave rischio l'agricoltura. Il numero delle specie estinte sta crescendo a livelli pericolosi.

Tuttavia, malgrado le iniziative del presidente Obama al summit sul clima di Copenhagen, lo scorso dicembre, i leader mondiali non sono riusciti a mettere insieme nulla più che la decisione di "prendere atto" dell'intenzione di agire. Ciò comporta dei costi dolorosi. La Cina, oggi la fonte di inquinamento più grande e a sviluppo più rapido, all'inizio dell'anno scorso aveva riservatamente fatto sapere che, se gli Stati Uniti avessero approvato una legge incisiva, avrebbe partecipato, dal canto suo, a un serio sforzo per arrivare alla elaborazione di un trattato efficace. Quando il Senato non ha seguito le indicazioni della Camera dei Rappresentanti, obbligando il presidente Obama ad andare a Copenhagen senza una nuova legge, i cinesi si sono tirati indietro. Con i due maggiori inquinatori che si rifiutavano di agire, la comunità mondiale è rimasta paralizzata.

È importante sottolineare che l'inazione degli Stati Uniti non un caso unico. La globalizzazione dell'economia, associata alla delocalizzazione dell'occupazione da parte dei Paesi industrializzati, ha contemporaneamente fatto crescere i timori di ulteriori perdite di posti di lavoro nel mondo industriale e ha incoraggiato le aspettative delle economie emergenti. Il risultato? Una maggiore opposizione, sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, a qualunque limitazione all'uso dei combustibili fossili.

La decisiva vittoria del capitalismo sul comunismo, negli anni Novanta, ha portato a un periodo in cui la filosofia delle economie di mercato è sembrata dominante ovunque e all'illusione di un mondo unipolare. Negli Stati Uniti, quella vittoria ha condotto anche a una tracotante "bolla" di fondamentalismo dell'economia di mercato. Leggi e regolamenti che interferivano con le operazioni del mercato, sembravano emanare il vago odore dello screditato avversario statalista che avevamo appena sconfitto.

Questo periodo di trionfalismo del mercato ha coinciso con la conferma, da parte degli scienziati, che i primi timori sul riscaldamento globale erano stati grossolanamente sottovalutati. Ma via via che la scienza è diventata più chiara, alcune industrie e alcune società, i cui piani affaristici dipendono da un inquinamento atmosferico senza regole, si sono arroccate ancora di più sulle loro posizioni. Combattono ferocemente contro le disposizioni più miti - proprio come le aziende del tabacco per quattro decenni hanno bloccato le restrizioni alla vendita di sigarette anche dopo che la scienza aveva confermato il collegamento tra fumo e malattie polmonari e cardiache. Allo stesso tempo, i cambiamenti nel sistema politico americano - tra cui la sostituzione dei giornali e delle riviste da parte della televisione e dei mezzi di comunicazione dominanti - ha dato grandi vantaggi ai ricchi sostenitori del mercato senza restrizioni. Alcune organizzazioni mediatiche oggi presentano uomini di spettacolo mascherati da intellettuali politici che spacciano odio e divisione per intrattenimento.

Il loro tema costante consiste nell'etichettare come "socialista" qualunque proposta di riformare i comportamenti basati sullo sfruttamento. La strada verso il successo è ancora aperta. Essa inizia con la scelta da parte degli Stati Uniti di approvare una legge che stabilisca un costo per l'inquinamento che contribuisce al riscaldamento climatico. Abbiamo già superato delle serie minacce all'esistenza. Spesso viene citato Winston Churchill quando disse: "A volte fare del nostro meglio non è sufficiente. A volte bisogna fare ciò che è necessario". Quel momento è arrivato. I funzionari pubblici devono raccogliere la sfida facendo ciò che è necessario e l'opinione pubblica deve esigere che lo facciano, oppure sostituirli.

©New York Times / la Repubblica (Traduzione di Antonella Cesarini)

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