Immaginate che un giorno le foglie possano produrre energia elettrica per le nostre necessità. Immaginate che gli elettroni che circolano nelle loro cellule, attivati dalla luce solare, non servano solo a produrre zucchero, come di fatto accade, ma che una parte di essi venga dirottata e incanalata in un filo per accendere ad esempio una lampadina. Siamo ancora lontanissimi da tutto questo. Però gli scienziati dell'Università di Stanford (Usa), per la prima volta sono riusciti a «rubare» corrente da un'alga. Una quantità infinitesima, e vero, ma hanno messo a punto un metodo che potrebbe avere interessanti sviluppi. Può essere il primo passo verso la produzione di bioelettricità ad alto rendimento.
PRIMI PASSI - «Siamo i primi a estrarre elettroni dalle cellule vegetali viventi», dice Won Hyoung Ryu, a capo della ricerca pubblicata sulla rivista Nano Letters. Gli scienziati hanno costruito un piccolissimo e appuntito nano elettrodo d'oro, appositamente progettato per essere introdotto all'interno delle cellule. Quindi lo hanno delicatamente spinto attraverso la membrana di una cellula algale di Chlamydomonas. È questo piccolo elettrodo lo strumento per catturare gli elettroni che la luce ha stimolato. Le piante infatti, attraverso organuli specifici contenuti nelle cellule, i cloroplasti, con la fotosintesi convertono l'energia luminosa in energia chimica immagazzinandola negli zuccheri. La luce penetra negli organuli e fa «saltare» gli elettroni a un livello energetico più elevato. Gli scienziati di Stanford hanno «intercettato» questi elettroni proprio dopo che sono stati eccitati dalla luce, quindi nel momento in cui possedevano la loro massima energia. E attraverso il piccolissimo elettrodo d'oro infilato nel cloroplasto li hanno dirottati fuori dalla cellula per generare una minuscola corrente elettrica.
RISULTATO - «Il risultato è la produzione di energia senza rilascio di carbonio in atmosfera. Questa è una delle fonti più pulite per produrla», afferma Ryu. Ora la domanda è se questa metodologia sia economicamente conveniente. «Siamo in grado di estrarre da ogni cellula un solo picoampere», continua, «una quantità così piccola che servirebbe un trilione di cellule che funzionassero per un'ora per produrre una quantità di energia pari a quella immagazzinata in una batteria alcalina. Inoltre le cellule muoiono dopo un'ora. I prossimi passi potrebbero essere quelli di ottimizzare il design dell'elettrodo per allungare la vita delle cellule e di utilizzare piante con cloroplasti più grandi per poter catturare più elettroni». (Massimo Spampani - corriere.it)
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