ROMA - "Ho visto la gente vagare senza meta per le strade sconvolte. Li ho visti urlare, piangere, disperarsi e poi crollare in ginocchio a pregare. Tutta la città è piena di detriti. I palazzi e le case sono implosi, piegati su se stessi, i marciapiedi sollevati, i pali dell'elettricità lanciati a distanza. Non c'è luce, non ci sono comunicazioni. Si cammina a piedi, tra i cadaveri, a centinaia, i detriti, gli incendi che scoppiano all'improvviso. C'è un fiume umano che vaga senza meta, che cerca i familiari, che chiama i nomi dei propri cari, che scava, che si affanna. Moltissimi i feriti: hanno gambe e braccia fratturati: giacciono anche loro sui marciapiedi senza che nessuno sia in grado di raccoglierli e di assisterli". Stefano Zannini, capo missione di Msf a Haiti, ci chiama dopo una notte e una mattinata di vero inferno. La sua voce tradisce emozione e stanchezza. Ma anche le immagini di un'isola sconvolta da un terremoto che è un'ecatombe.
"Parlare di apocalisse non è un'esagerazione. Il terremoto si è accanito con furia. Le scosse sono state molte, lunghe, infinite e fortissime. Tutte le costruzioni, piccole e grandi, sono implose. Molte sono crollate a terra e hanno scagliato i detriti a centinaia di metri. Questo ha trasformato le strade in un percorso a ostacoli. Ci si muove solo a piedi e l'assenza di qualsiasi linea telefonica costringe la gente ad andare sui posti per cercare di capire se un proprio parente è ancora vivo o è sotto le macerie. Anche la macchina dei soccorsi funziona a singhiozzo: i mezzi non riescono a girare e manca gran parte del personale".
"La prima, grande emergenza", suggerisce Zannini, "è tentare di curare i feriti. Si tratta di migliaia di persone colpite da traumi. Gente che ha subito moltissime fratture e che giace per strada in attesa di essere soccorsa. Ma oltre all'assenza dei mezzi di trasporto e di personale, non ci sono più gli ospedali pubblici. Ne ho visitati oggi otto. Nessuno era in grado di funzionare. Non ci sono camere operatorie, mancano le attrezzature; in moltissimi, pericolanti, non c'è personale. Tutti questi feriti devono essere recuperati e portati in una struttura attrezzata. Se restano dove sono, come sta accadendo, rischiano di morire. Rimangono in funzione solo gli ospedali e le cliniche private. Ma sono poche e hanno tariffe proibitive per una popolazione tra le più povere al mondo. Nessuno qui se le può permettere. Nessuno si rivolge a questi centri, né questi centri si mobilitano per accogliere i feriti".
"Non so cosa stiano facendo le istituzioni", ci spiega ancora il capo missione di Medicins sans frontière. "L'assenza di linee di comunicazione costringe tutti ad andare sui posti. Solo incontrandosi di persona si può decidere cosa fare e come organizzarsi. Ma per raggiungere gli uffici del governo, dei ministeri, gli stessi ospedali ci vogliono tre-quattro ore di cammino a piedi. Sappiamo che stanno arrivando i primi voli charter con i gli aiuti umanitari. Ma non so ancora dove e come distribuiranno i carichi. Noi stiamo cercando di mettere in sesto uno dei due nostri ospedali che hanno subìto danni rilevanti. Una volta resi agibili, cercheremo di concentrare in quella struttura i feriti e di organizzare i primi interventi chirurgici. Per il momento i feriti più gravi sono ammassati ovunque ci sia spazio: negli uffici, nei bagni, nei giardini".
"Nelle prossime ore si rischiano nuove epidemie. I cadaveri che giacciono un po' ovunque e che nessuno è in grado di raccogliere sono un pericolo per la salute. Manca anche l'acqua potabile e la poca disponibile è contaminata. Le conseguenze sono facili da immaginare. La gente ha sete e finirà per ammalarsi. Gli effetti potrebbero essere devastanti. Siamo anche preoccupati per altri tipi di malattie. Alle vie respiratiorie, per esempio. E' la stagione fredda, per quello che significa freddo in un posto come Haiti. La gente tende a coprirsi e non avendo più nulla rischia di contrarre bronchiti e poi polmoniti. Stessa cosa per il cibo. Non si trova, perché tutti i supermercati sono crollati, e nutrirsi potrebbe cominciare a essere un problema. Se non interveniamo in modo organizzato, nelle prossime 24 ore l'isola potrebbe trasformarsi in un immenso cimitero". di DANIELE MASTROGIACOMO
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