Magari qualcuno prenderà anche questa notizia come la prova che il global warming è una bufala, eppure ondate di freddo di questo tipo erano state previste dagli scienziati come conseguenza del disordine climatico, ma probabilmente queste baruffe pseudo-scientifiche, fatte da giornalisti che scrivono nei loro confortevoli uffici con il riscaldamento al massimo, non sono nemmeno comprensibili nelle lontane steppe della Mongolia, dove temperature a meno 50 gradi hanno decimato 1,7 milioni di capi di bestiame, minacciando la stessa sopravvivenza di 21.000 famiglie di allevatori e pastori.
A lanciare l'allarme è stata la missione della Fao che ha verificato la situazione sul campo dal 27 gennaio al primo febbraio: «Secondo una valutazione rapida dei bisogni sull'impatto della catastrofe, un aiuto urgente di circa 6 milioni di dollari deve essere mobilitato nel corso dei prossimi 3 mesi per aiutare le popolazioni a passare l'inverno».
La Mongolia con una superficie di 1,6 milioni di km2, grande più o meno come l'intera Europa occidentale, è uno dei Paesi più esposti ai colpi del cambiamento climatico: questa ondata di freddo, con temperature tra i -40 e i -50 gradi, fa seguito ad un'estate ed un autunno segnati da una siccità prolungata che ha distrutto il foraggio che doveva servire a nutrire gli animali durante l'inverno. I Mongoli hanno battezzato questo fenomeno meteorologico estremo "dzud".
E il dzud si è trasformato in una immensa strage di bestiame: «1,7 milioni di bestie al 31 gennaio - spiega la Fao - Se le condizioni attuali persistono, il governo stima che le perdite potrebbero raggiungere i 3 - 4 milioni di capi di bestiame entro la primavera».
Una vera e propria tragedia economica e sociale, ma anche ambientale: un terzo della popolazione della Mongolia è nomade e vive esclusivamente di allevamento. I loro montoni, mucche, capre, cavalli e cammelli, ma anche centinaia di migliaia di animali selvatici, stanno letteralmente morendo di freddo e fame.
Secondo la missione di valutazione della la Fao «Le perdite economiche totali fino ad ora sono stimate in 62 milioni di dollari. 14 delle 21 Aimags (province) della Mongolia sono considerate come gravemente colpite. 21.000 famiglie di allevatori, ognuna proprietaria da 100 a 300 capi di bestiame, hanno perso più del 50% delle loro mandrie. Le famiglie colpite sono in preda a dei livelli accresciuti di insicurezza alimentare e a un calo dei loro mezzi di sussistenza, specialmente davanti al calo rapido delle loro entrate e al forte aumento dei prezzi del foraggio in rapporto all'anno scorso. Occorre assistenza nel più breve tempo possibile, la povertà diffusa provocherà una migrazione di massa verso le città nei prossimi mesi».
Secondo gli esperti della Fao, è importantissimo fornire un aiuto di urgenza per assicurare cibo alle famiglie più vulnerabili e, in particolare, la priorità assoluta è un aiuto per salvare il bestiame, «Parallelamente, c'è un bisogno pressante di foraggio, di integratori alimentari per gli animali e di cure veterinarie fino a metà aprile per un ammontare di almeno 6 milioni di dollari».
La Fao sta lavorando a progetti dettagliati da sottoporre ai donatori e la sua Commissione regionale per la produzione e la salute animale per l'Asia e il Pacifico ha già fornito 5.000 dosi di integratori nutrizionali per le mucche da latte, le giumente gravide ed i vitellini.
Gli interventi a medio termine dovranno essere mirati ad affrontare la vera e propria catastrofe che lascerà in eredità questo susseguirsi di siccità e freddo estremo e per preparare piani e strategie di riduzione dei rischi portati anche in Mongolia dal clima impazzito. (greenreport.it)
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