Zeptospazio, chi era costui?

Aggiorna la pagina

 

Venerdì, 24 Dicembre 2010

 

ROMA - Altro che Dan Brown e le sue bubbole parascientifiche (e parastoriche) con bottiglie piene di antimateria da portare a spasso. La realtà supera sempre la fantasia. Fino a una ventina di anni fa, eravamo convinti di aver capito, se non proprio tutto, la maggioranza del contenuto dell’Universo. E fisici ed astronomi erano concordi nel dire che la materia della quale siamo fatti noi umani, i sassi, gli oceani, la Terra, i pianeti e tutte le stelle e galassie visibili fosse un parte significativa, se non dominante, dell’Universo.


Errore. In un duro colpo al nostro innato antropocentrismo, adesso sappiamo che la materia come la nostra rappresenta pochi percento di tutto l’Universo: siamo un pizzico di sale nella minestra. Il problema vero, però, è che non abbiamo idea di che cosa sia il resto, il grosso dell’Universo. Lo chiamiamo energia “oscura” o materia “oscura” perché non si vede, certo, ma soprattutto perché non sappiamo dirne altro.

Anche se un po’ opprimente, questa ristrutturazione dell’Universo è il più grande risultato della cosmologia moderna. Adesso però bisogna andare avanti e capire la natura di questa componente oscura universale. E’ la sfida più importante che astronomi e fisici hanno di fronte proprio nei prossimi anni. Chi la vince è sicuro di fare un viaggetto invernale a Stoccolma e di passare alla storia.

E l’antimateria di Dan Brown? Al confronto, un gioco da ragazzi. Nel senso che quella, dagli anni trenta, l’abbiamo trovata e pensiamo di aver capito che cosa sia. E’ materia simile a quella di cui siamo fatti noi, le stelle, etc. ma con segno della carica elettrica opposta (per far semplice). Se un protone è positivo, l’antiprotone assomiglia a un protone, ma è carico negativo.

Rispetto alla materia oscura, però, l’Universo ci pone il problema opposto con l’antimateria: sappiamo cos’è, ma ne troviamo pochissima. Per simmetria, ce ne aspettavamo una quantità uguale alla materia, invece no. Di antimateria, in giro per l’Universo, ne vediamo solo quantità minuscole, ridicole. Non sappiamo bene perché sia così, ma vorremmo tanto saperlo meglio. Anche perché (ma questo, arditamente, lo aggiungo io) quella risposta potrebbe addirittura contenere indizi sull’origine della vita.

Comunque, al CERN di Ginevra, il più grande centro al mondo di ricerca fisica, l’antimateria la usano tutti i giorni, anche se in modiche quantità. In un gigantesco anello sotterraneo di 27 km, protoni e antiprotoni vengono accelerati in senso opposto e poi fatti sbattere gli uni contro gli altri. Dalle collisioni vengono fuori pezzi più o meno strani, che sono proprio quello che i fisici vogliono studiare. Insomma, nel grande acceleratore europeo LHC del CERN, materia e antimateria vengono usati per capire come sono fatte dentro. Come tirare due televisori uno contro l’altro e poi capire come funzionano analizzando i pezzi della collisione.

Lo spazio, infinitamente piccolo, dove tutto ciò avviene ha già un suo nome: zeptospazio. La sua storia affascinante è adesso godibile in un libro (Odissea nello zeptospazio, Springer-Verlag Italia Srl, 328 pagine, 29 euro) di uno scienziato vero, Gian Francesco Giudice, fisico teorico che al CERN ci lavora. Molto meglio di Dan Brown, racconta cosa succede davvero al CERN in generale e nello zeptospazio in particolare.

Impariamo che nessuno è mai andato così avanti nello studio della materia come il CERN, che oggi detiene, ovviamente, il record mondiale di energia delle particelle accelerate. E che da un protone e un antiprotone sbattuti uno contro l’altro ad energie così alte vengano creati “pezzi” che non abbiamo mai visto. Magari con dentro la spiegazione ancora mancante sulla natura delle particelle elementari.

Difficile immaginare le collisioni del CERN: l’energia dei protoni è altissima, ma, fatti i conti, il loro urto è più o meno simile a quello di due zanzare che si scontrassero in volo…

Nei pezzi potremmo trovare anche la spiegazione sulla materia oscura dell’Universo, perché l’infinitamente grande potrebbe essere spiegato dall’infinitamente piccolo. Sarebbe molto elegante: lo zeptospazio si chiama così per le sue dimensioni: è la settima (zepto…) potenza di un millesimo di metro. Chiaro no? Insomma, andiamo a cercare la natura della materia in una frazione piccolissima di metro.

Ma il bello è che se rivoltiamo la frazione, otteniamo ovviamente una distanza molto grande, anzi, grande proprio come le distanze tra le galassie… Chissà che la Natura ci stia dicendo qualcosa. Anche perché, in mezzo tra lo zeptospazio e le galassie c’è proprio il metro, cioè la dimensione dell’uomo. Interessante, no? Ilmessaggero.it)

PS: Credo in un solo Dio... creatore delle cose visibili e invisibili... pardon, delle cose invisibili e visibili (RG)

Commenti dei lettori

Al momento non ci sono commenti dei lettori per questo articolo

Inserisci un tuo commento a quest'articolo

Nome:

 

Email:

(non verrà visualizzata)

Messaggio:

 

 

Vi ricordiamo che i commenti inviati verranno prima controllati dall'amministratore di METEORIVIERAPICENA

Visione ottimizzata 1024x768 pixel

Imposta come tua

"Pagina iniziale"

di Internet Explorer

Webmaster

Disclaimer

by meteorivierapicena.net