Alle ore 19 circa, mentre era in navigazione, da bordo si comunicava con la radio costiera per segnalare mare grosso e forte vento di bora.
Poi un silenzio che veniva ritenuto come normale andamento della navigazione. Il primo drammatico allarme veniva dato poco dopo le ore 9,30 del 23 dicembre dalla petroliera “Mariangela Montanari” anch’essa in lotta con il mare in tempesta.
Il motopeschereccio “Conte Bianco” verso le ore 15,15 avvistava bombole e materiale di bordo, poi una barca rovesciata ed infine la chiglia del “Rodi’: Il motopeschereccio, nonostante le sempre più proibitive condizioni del mare, continuava le ricerche e verso le ore 16 i marinai scorgevano un cadavere alla deriva su un salvagente. Si tentava il recupero ma, purtroppo, il corpo ricadeva in mare inabissandosi. Sul salvagente la scritta che dava la tragica conferma: “Rodi — Messina’.
Dieci uomini si trovavano a bordo nel momento del naufragio: Di Felice Agostino — Miarelli Domenico — Liberati Giovanni — Mengoni Ivo — Ciarrocchi Marcello — Falaschetti Silvano di 16 anni — Palumbo Giovanni avrebbe compiuto 18 anni il giorno dopo la sua morte — Pignati Francesco di 19 anni — Alessandrini Antonio — Palestini Alteo.
Negli ambienti marinari, in tante case, si era vegliato tutta la notte mentre l’ansia e l’angoscia crescevano nelle famiglie dei dispersi e in tutti coloro che partecipavano con passione e con speranza all’evolversi degli avvenimenti.
Poi lo sgomento di una intera città, delle popolazioni del vicino Abruzzo (il comandante era di Martinsicuro ed un marinaio di Tortoreto Lido); il dolore dei congiunti e degli amici, le bandiere a mezz’asta su tutti i natanti della flottiglia sambenedettese ormeggiata nel porto; numerosi manifesti sui muri della città e la rabbia, tanta rabbia per la mancanza di un intervento immediato, sollecito, tecnicamente valido, perché, malgrado tutto, si sperava tenacemente che qualcuno dentro la nave potesse ancora essere vivo per una sacca d’aria di possibile formazione; perché almeno i corpi fossero ripresi, per sfogare tutta l’angoscia e tutto il pianto su di loro.
In tale convulsione e marasma di sentimenti e di emozione esplose la protesta in forma insolita, spontanea e con accenti di estrema gravità: sciopero generale ed azione convulsa nelle vie cittadine, bloccata la stazione di San Benedetto, con tronchi d’albero scaricati da un treno merci in sosta, e quella di Porto d’Ascoli; blocco anche sulla Statale Adriatica con una lunga fila di camion.
Non autorizzati ad uscire con motopescherecci, i pescatori sambenedettesi reagivano a loro modo. Si chiedeva che il pontone Micoperi iniziasse subito le operazioni di recupero e che le autorità si facessero garanti di tale sollecita, indispensabile operazione.
Ormai insabbiato, il “Rodi” era oggetto di ripetute ispezioni da parte di sommozzatori della Marina Militare di Ancona e degli incursori di La Spezia, appositamente chiamati a Pescara.
Ma le proibitive condizioni atmosferiche non permettevano ai 25 uomini-rana della Marina Militare di tentare una ricognizione nell’ interno dello scafo sia per il lento, progressivo insabbiamento del natante che riduceva la visibilità, che per la pericolosità dell’intervento.
Il 29 dicembre il pontone “Micoperi 30‘ al traino di due rimorchiatori, si portava a ridosso del “Rodi” ed iniziava la manovra per l’aggancio del relitto. I lunghi ganci della gru del pontone riuscivano ad imbracare l’asse dell’elica e ad estrarre in un primo momento la parte poppiera che era insabbiata per oltre cinque metri e successivamente, a tarda ora, tutto il “Rodi” veniva tratto in sospensione fuori dalle acque marine ed infine sistemato nel porto di Ortona.
A bordo del motopeschereccio nei giorni successivi proseguivano le esplorazioni pur tra grandi difficoltà per i gravi danneggiamenti interni e per la melma che si era formata in una settimana di inabissamento.
Venivano recuperate solo quattro salme: nei locali alloggi Giovanni Liberati e Silvano Falaschetti; nella sala macchine Alteo Palestini e Marcello Ciarrocchi.
La messa funebre veniva celebrata dal Vescovo diocesano, mons. Vincenzo Radicioni, nella Chiesa dell’Adorazione dei Padri Sacramentini con la presenza di parlamentari, autorità regionali, provinciali e comunali.
Oltre diecimila persone partecipavano alle solenni onoranze che evidenziavano la spontanea e commossa partecipazione delle popolazioni della costa marco-abruzzese, nel ricordo costante di tutti i deceduti in mare degli anni passati». (prof. Ugo Marinangeli, tratto dal libro “Le Tragedie del Mare”.)
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