Secondo le World meteorological organization dell'Onu (Wmo) «Le condizioni meteorologiche estreme constatate attualmente in alcune parti dell'Europa occidentale e degli Stati Uniti sono legate a delle vaste perturbazioni che colpiscono la pressione atmosferica ed il regime dei venti nell'emisfero nord dalla fine dell'autunno».
Durante una conferenza stampa convocata a Ginevra, la portavoce della Wmo, Clare Nullis, ha spiegato che «Attualmente stiamo assistendo a una seconda ondata di freddo in Europa e nell'est degli Usa, dopo la prima di fine novembre. Nello stesso tempo, le condizioni sono state più calde della media nelle regioni polari, compreso l'Artico. La direzione dei venti e generalmente dall'ovest ad est ed ha portato condizioni più miti, mai dei blocchi atmosferici impediscono attualmente questi flussi, che vanno quindi attualmente più nel senso nord-sud».
Secondo la Wmo il freddo intenso dovrebbe diminuire in Europa alla fine di dicembre, inizio gennaio, ma ondate di freddo potrebbero prodursi durante l'inverno in numerose aree dell'emisfero nord «Attualmente è ancora troppo presto per determinare se le condizioni estreme saranno di così lunga durata», ha detto la Nullis.
Mentre l'emisfero nord e l'Europa fanno i conti con il ghiaccio, nell'emisfero sud il problema è opposto: la Nina è più forte che mai, a livelli mai registrati negli ultimi 50 anni, ed è responsabile di piogge torrenziali e alluvioni, con pesanti ripercussioni sull'agricoltura, e addirittura sul settore minerario, in Australia ed in Asia. Secondo il Bureau of meteorolgy del governo australiano, La Nina dovrebbe aver raggiunto il suo culmine e le precipitazioni eccezionali dovrebbero cominciare a diminuire: «I modelli a lungo termine attuati dal Bureau suggeriscono che il fenomeno La Nina potrebbe essere al suo apogeo e persisterà fino all'estate nell'emisfero sud. Le condizione de La Nina persistono nel Pacifico tropicale. Tutti gli indicatori climatici (...) restano al di sotto delle soglie de La Nina».
In Asia ed in Australia, a causa delle eccezionali ed anormali piogge stagionali, la produzione di grano, caffè, caucciù, soia, olio di palma ed altri prodotti agricoli è largamente inferiore al normale. Il clima umido nelle principali piantagioni di caucciù in Thailandia ed Indonesia ha fatto aumentare il prezzo del caucciù, che attualmente è superiore del 30% a quello di prima de La Nina. Il prezzo dell'olio di palma è cresciuto addirittura del 50%. In Indonesia e Vietnam il raccolto del caffè è inferiore al normale. L'Auistralia prevede di ridurre di almeno un quarto le sue esportazioni di zucchero e prevede un forte calo anche per lò'esportazione di grano di alta qualità.
Ma l'effetto più inatteso de La Nina è sulla miniere di ferro e carbone in Indonesia ed Australia, dove diverse miniere sono state inondate e le inondazioni hanno ostacolato i trasporti, con pesanti ricadute per la Cina, che è il principale cliente dei due Paesi.
Il Bureau of meteorolgy australiano sottolinea che «Il fenomeno de La Nina 2010 ha contribuito a fare in modo che il periodo da settembre a novembre sia stato il più umido che abbia conosciuto l'Australia. La stagione dei monsoni dell'Australia è arrivata due settimane prima del normale». L'unica buona notizia deriva dal fatto che «Il rischio che dei cicloni alimentati da La Nina si sviluppino al largo delle coste orientali ed occidentali dell'Australia resta ad un livello moderato». Tirano un sospiro di sollievo le piattaforme offshore per estrarre gas e petrolio che ogni anno vengono fermate temporaneamente durante la stagione dei cicloni che in Australia dura da novembre ad aprile. (greereport.it)
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