Ancona - Aumenta il tasso di natalità nelle Marche. Merito della ripresa della fecondità nelle italiane ma merito, soprattutto, delle donne immigrate. Ad oggi, infatti, tra le donne che partoriscono nei punti nascita della regione, più di una su cinque è immigrata. Si tratta di madri provenienti prevalentemente dall’area del Magreb, dalla Romania, dall’Albania e dalla Cina.
Così, mentre, la popolazione marchigiana diminuisce e invecchia, l’incremento della popolazione residente è esclusivamente dovuto alla popolazione straniera. I dati, rilevati attraverso il certificato di assistenza al parto, provengono dal primo rapporto regionale 'Gravidanze e nuove nascite nelle Marche', presentato oggi in Regione.
Sono stati analizzati 14.279 parti su un totale di 14.669 relativi al 2008 e fornite informazioni dettagliate sulla qualità dell’assistenza data alle donne marchigiane in gravidanza, sui parti e sulle nascite, delineando un quadro regionale complessivo sulla salute materno-infantile. Il rapporto ha dedicato particolare attenzione al contesto demografico marchigiano, alle caratteristiche socio-economiche e alla cittadinanza delle madri e dei genitori, mostrando le ricadute che le diseguaglianze sociali hanno sull’assistenza ricevuta, sugli esiti della gravidanza e sul neonato.
“Misurare e analizzare lo svantaggio nella salute di alcuni gruppi della nostra popolazione – ha detto Patrizia Carletti dell’Osservatorio epidemiologico sulle Diseguaglianze Ars/Regione Marche – come suggerisce l’OMS, è importante per favorire un’azione comune tra i diversi attori delle politiche, a partire da una riorganizzazione dei servizi socio-sanitari, in modo da garantire lo stesso accesso e le stesse cure a chi ne ha bisogno, a beneficio, anche economico, di tutta la collettività”.
Per il Sistema sanitario la conoscenza delle caratteristiche culturali e sociali delle utenti è importante per individuare le strategie più appropriate e il linguaggio più efficace da adottare per raggiungere tutte le donne. Complessivamente, nelle Marche l’assistenza in gravidanza e gli esiti sono buoni. In particolare, si configurano due gruppi di gestanti: quello della maggioranza che riceve cure prenatali in eccesso, dispendiose, potenzialmente ansiogene, e quello della minoranza, caratterizzata da un profilo sociale vulnerabile (immigrate, donne con basso livello di istruzione, disoccupate), che ricevono un’assistenza di livello inferiore e hanno esiti peggiori.
In questa ottica la Regione Marche, dal 2005, ha avviato un progetto regionale di promozione della salute materno-infantile della popolazione immigrata attraverso la produzione e la diffusione presso i punti nascita e i consultori familiari della regione, di un video in 11 lingue, tra cui l'italiano, 'Per la vostra salute donne del mondo', e un percorso di formazione del personale dell'area materno-infantile.
Quanto al parto, l’indagine ha mostrato che le donne con basso livello di istruzione sono più esposte al rischio di partorire prematuramente, verosimilmente anche causa del fatto che effettuano meno controlli in gravidanza e che il basso livello di istruzione spesso si associa a condizioni socioeconomiche svantaggiate.
Per quanto riguarda le modalità del parto, nelle strutture marchigiane il parto vaginale viene effettuato attraverso l’induzione farmacologica del travaglio nel 22% dei casi (circa 3.200 parti) e con maggiore probabilità nelle nullipare e nelle italiane. E’ da rilevare che la notevole variabilità tra i punti nascita della frequenza con cui il parto viene indotto, dimostra che tale pratica è fortemente dipendente dalla “cultura” e dalle abitudini degli operatori.
La percentuale di parti con taglio cesareo era nel 2008 pari al 35%, con un trend in costante aumento. Tra i fattori biologici è l’età della donna che influenza principalmente l’incidenza del taglio cesareo; infatti, le donne al di sopra dei 35 anni hanno mediamente una probabilità molto superiore di partorire mediante taglio cesareo. Vi sono però importanti differenze tra i punti nascita della regione, non attribuibili alle condizioni della donna. Questo suggerisce la necessità di avviare un confronto tra i clinici per raggiungere un consenso sul ricorso appropriato al TC.
Per una pratica ostetrica meno invasiva è indispensabile l’aumento della consapevolezza e delle conoscenze da parte delle donne. Ciò significa raggiungere l’obiettivo prioritario di informare tutte le donne per dare loro la possibilità di gestire in prima persona l’evento nascita insieme agli operatori che le assistono e sviluppare una nuova cultura tra gli operatori, recuperando la fisiologia dell’evento nascita.
“Per fare questo – ha concluso Patrizia Carletti - occorre attuare un’efficace opera di prevenzione specificamente rivolta alle donne più a rischio che sono quelle in condizioni di svantaggio sociale, tra cui le immigrate che rappresentano oggi, nelle Marche il 22% delle madri, mirando al superamento delle barriere burocratiche e di quelle linguistico-culturali esistenti nei servizi”. (ilrestodelcarlino.it)
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