Sandbag: "Come l'Italia ha sprecato i miliardi per Kyoto"

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Venerdì, 17 Dicembre 2010

 

Il rapporto "Carbo diem - Seizing Italy's opportunities in the EU ETS" dell'Ong britannica Sandabag potrebbe essere molto sgradevole per l'Italia se il nostro governo non avesse ormai superato a livello internazionale ogni soglia dell'imbarazzo. Secondo la prestigiosa associazione che si occupa di cambiamento climatico e in particolare di emissions trading e produce rigorose analisi su come viene attuato e su come evolve il suo mercato, con particolare e riferimento proprio all'Emissions trading scheme (Ets) dell'Ue, «L'Italia ha buttato nei rifiuti 2,2 miliardi di euro di carbon credit all'estero tra il 2008 e il 2012».

Secondo Sandabag, «I tentativi del governo di proteggere le aziende italiane per ridurre le loro emissioni nell'Eu Emissions trading scheme (ETS) significa 1,7 miliardi euro, in soldi dei contribuenti che dovranno essere spesi in carbon credits all'estero se il paese vuole soddisfare i suoi obblighi ai sensi del Protocollo di Kyoto dell'Onu. Inoltre, si prevede che le aziende italiane nel sistema Ets, spenderanno altri 500 milioni di euro in private funds outsourcing per le loro carbon reduction all'estero, piuttosto che investire all'interno».

Per l'Ong ci sono anche forti dubbi che questi miliardi di euro possano essere spesi dall'Italia per carbon credits fortemente controversi: «Il governo italiano è idoneo ad acquistare le cosiddette "hot air" Kyoto allowances da Paesi che hanno ricevuto miliardi di crediti di Kyoto, più di quanto effettivamente necessario? Sulla base delle attuali dati, l'87% degli offsets acquistati da società italiane per l'Ets compliance viene da progetti industriali distruzione di gas che la Commissione europea ha proposto di mettere al bando dal 2013». Si tratta soprattutto dei famosi progetti di abbattimento delle emissioni industriali di HFC-23 e N2O in Paesi emergenti come Cina ed India, che sono sotto inchiesta anche da parte dell'Onu, perché accusati di prendere fondi per tagliare le emissioni mentre in realtà le aumentano..

Il rapporto sottolinea che se l'Italia avesse fatto come altri Paesi, puntando a tagliare le emissioni delle grandi imprese invece che pagare surplus credits, «L'ammontare di offsets del Paese da acquistare sarebbe sceso drasticamente da 181megatonnellate a 15 mt. Questo avrebbe fatto risparmiare 1,7 miliardi di euro di "costi inutili" ai contribuenti italiani».

L'autore del rapporto, Damien Morris, dice che «L'Italia ha spinto fino in fondo il pulsante per onorare gli impegni climatici al minimo costo, quando avrebbe potuto investire nel futuro dell''Italia. Ironicamente, mentre il governo italiano dovrà spendere circa 1,7 miliardi di euro di denaro pubblico per rispettare Kyoto, darà via carbon permits per un valore di 2,5 miliardi di euro come "regali" ad aziende come il Gruppo Riva, Edipower ed Italcementi».

Critiche alle quali Enel ribatte dicendo che il rapporto sovrastima le allocazioni degli Ets ETS credits che sarebbero più che compensati dalle short of allowances. Per l'Enel i settori Ets italiani sono a circa 40 milioni per il 2012. Giuseppe Deodati, responsabile of carbon strategy di Enel ha detto che «Raccomandare di non fare queste allocazioni andrebbe contro le regole dell'Ets già approvate e realizzate. Il che sarebbe pagato da quei settori industriali che stanno già soffrendo di più la crisi economica attuale».

Secondo "Carbo diem" l'Italia si è data una strada relativamente stabile fino al 2012, ma dovrebbe definire urgentemente «La decarbonizzazione delle infrastrutture energetiche del Paese se vuole evitare di sprecare altri miliardi nell'acquisto di foreign offset tra il 2013 e il 2020». L'Ong britannica non fa sconti al governo Berlusconi e al ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo: «L'errore costoso dell'Italia è una delle ragioni principali dietro la ripetuta presa di posizione ostruzionistica contro gli obiettivi climatici europei più ambiziosi».

Morris spiega che «L'adozione di un target di riduzione del 30% entro il 2020 (rispetto all'attuale obiettivo del 20%) è esplicitamente sostenuto da Paesi come Gran Bretagna, Germania, Francia e Danimarca ed è stato reso molto più facile da raggiungere con la riduzione delle emissioni causata dalla recessione. L'Italia presenta le difficoltà che incontra per gli obiettivi del Protocollo di Kyoto come motivo per fare resistenza alle maggiori ambizioni dell'Europa, ma deve capire che derivano dagli errori strategici fatti fino ad oggi dall'Italia nella gestione degli impegni sul clima».

Per Sandabag «Il governo deve mettere in atto politiche climatiche nazionali più severe per costringere le aziende italiane ad investire in nuove infrastrutture per l'energia, piuttosto che pagare per gli offset a buon mercato. Inoltre, gli Stati Ue dovrebbero ampliare la portata del sistema Ue Ets all'Encompass ed a più settori al fine di rendere le obbligazioni del settore non-trading più gestibili».

Nonostante tutto l'Italia non è però la pecora nera dell'Unione europea : il nostro gap del 10% sugli obiettivi per il 2020 nei settori non-traded è migliore del 25% dell'Irlanda e del 9% della Spagna e secondo Simone Ruiz, direttore per l'Europa dell'International emissions trading association, «Le imprese italiane hanno finora utilizzato appena poco più del 10% dell'importo totale delle compensazioni che hanno diritto di utilizzare». (greenreport.it)

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