Bari - (Adnkronos) - Anche le polveri sottili hanno un'identità. Una ricerca finanziata dalla Regione Puglia e condotta dalle Università di Bari (Dipartimento di Chimica) e del Salento (Dipartimento di Fisica) con la collaborazione di due imprese (Lenviros srl, società spin off dell'Ateneo barese, e Fai Instruments srl), la svela per la prima volta in Europa con strumenti e metodi completamente innovativi, che segnano un significativo passo avanti nella lotta contro l'inquinamento.
'La vera identità delle polveri sottili' rappresenta l'esito di uno dei 53 progetti strategici finanziati dalla Regione Puglia ed è la quarta tappa della campagna 'I Doni della Scienza', il tour dell'Area Politiche per lo Sviluppo economico, il Lavoro e l'Innovazione dell'Ente ''a caccia del risultato''. Si tratta di una campagna durante la quale la Regione verifica e mostra ai media i prodotti delle ricerche finanziate. Questo perché le scoperte o le invenzioni di oggetti innovativi sono stati finanziati grazie a risorse pubbliche.
In particolare i 53 progetti sono sostenuti con 45 milioni di euro totali (disponibili nell'Accordo di programma quadro sulla ricerca). E' già avvenuto per il tonno rosso, (il progetto grazie al quale per la prima volta al mondo sono nati 20 milioni di larve da tonni tenuti in cattivita'), la realizzazione del diamante artificiale (capace di intercettare più degli altri prototipi i raggi ultravioletti) e il segreto dell'Acquaporina (scoperta che ha segnato un enorme passo avanti nella ricerca mondiale sulla sclerosi multipla e su una malattia rara come la neuromielite). I risultati sulle polveri sottili sono stati presentati durante il recente Festival dell'Innovazione alla Fiera del Levante di Bari, tra gli altri, dalla vice presidente e assessore allo Sviluppo economico Loredana Capone.
Sono pesanti, a volte pesantissime le polveri sottili, o fini come preferiscono definirle i ricercatori, presenti in Puglia e in tutte le regioni europee del Mediterraneo. Ma spesso non sono pericolose come al Nord perché generate dal deserto e non dal traffico. E' una ricerca alla quale sono interessati altri paesi europei poichè ha realizzato strumenti e metodi di misurazione innovativi, che fanno luce per la prima volta sul mistero delle provenienza delle polveri fini e potrebbero risolvere una volta per tutte il problema della multe comminate dall'Unione europea per il superamento del livello massimo di polveri.
La ricerca, durata 48 mesi, è costata in tutto 1 milione e 168 mila euro ed è stata possibile grazie a finanziamenti pubblici pari a 800mila euro erogati dalla Regione Puglia. ''Gli esiti di questo progetto -ha detto la vice presidente Capone- rappresentano per la Regione Puglia il ritorno, moltiplicato, di un investimento rilevante per la ricerca, che quota 1 miliardo 762 milioni per la programmazione 2007-2013''.
''Siamo la Regione che ha puntato di più in Italia su un binomio vincente: ricerca e giovani. In questo progetto vediamo all'opera un team di 23 ricercatori, più due docenti, con un'età media di trent'anni, per la maggior parte donne, che volano davvero alto per qualità delle idee e per la carica innovativa del loro approccio alla soluzione dei problemi. A questi giovani cervelli abbiamo fornito gli strumenti per alzare il livello di competitività della Puglia, valorizzando attraverso le loro idee, il nostro stesso territorio. Grazie a loro la Puglia ancora una volta si distingue come un caso internazionale nel mondo della ricerca''.
La ricetta vincente di questa scoperta è nell'integrazione di metodiche e macchine non nuove ma usate in modo differente, combinando cioè dati e strumenti, integrando modelli, mettendo insieme misure da satellite e misure al suolo. Così i ricercatori pugliesi sono riusciti a realizzare un nuovo prototipo servendosi di tecnologie innovative ma già esistenti. Questo è un approccio originale applicato per la prima volta in Europa. L'arma vincente è stata mettere insieme un'impresa partner di livello europeo (la Fai Instruments, azienda italiana leader nello sviluppo di strumentazione per il rilevamento e la misura dell'inquinamento atmosferico) con le competenze e gli strumenti delle Università di Bari e Lecce.
Si è raggiunto il risultato di identificare l'origine delle polveri, un dato fondamentale perché è la provenienza e non il peso a determinare la pericolosità di queste particelle, che i ricercatori chiamano particolato atmosferico (PM). Si scopre così che la pericolosità può essere persino inversamente proporzionale rispetto al peso. Se le polveri fini provengono dal traffico, sono leggerissime ma pericolosissime per la salute; se, invece, sono arrivate fino a noi dal deserto del Sahara sono pesanti ma non nocive.
Una differenza sostanziale, da un lato per la lotta all'inquinamento, dall'altro per i risvolti economici che implica. Le Regioni che superano il livello massimo di polveri fini consentito dalle direttive comunitarie sono soggette infatti ad una multa da parte dell'Ue pari a circa 10 mila euro al giorno. Ma, spiegano i ricercatori, attualmente il parametro che viene preso in considerazione non è la pericolosità delle polveri ma il peso. Per le regioni del basso Mediterraneo, si tratta spesso di un onere notevole, perché le loro polveri spesso sono pesantissime, proprio come avviene in Puglia.
''Le polveri fini del Tavoliere - spiega Gianluigi De Gennaro, giovane chimico dell'Università di Bari, responsabile scientifico del progetto e coordinatore della ricerca - sono diverse da quelle della Pianura Padana. A Milano le polveri prodotte dal traffico restano lì, come imprigionate in una piccola scatola. Il nostro territorio invece ha capacità disperdenti migliori perché c'è vento, sole, scambi di calore terra-aria. Ecco perché in Puglia siamo più soggetti agli eventi transfrontalieri cioè ad apporti di polveri da altre parti del mondo. Noi abbiamo concentrazioni di PM10 molte alte. Provengono dal Sahara e dal Nord Est dell'Europa, però per fortuna non sono così pericolose come quelle prodotte dal traffico''.
Un aspetto, questo, che l'Ue non valuta imponendo comunque multe salatissime. Il problema riguarda tutte le regioni del Mediterraneo. Per questo l'Italia, con Spagna, Portogallo e Cipro, ha chiesto invano una deroga. Unica concessione delle direttive comunitarie è scorporare dal limite fissato la porzione di PM10 dovuta a fonti transfrontaliere, ma i Paesi interessati devono riuscire a provarne la provenienza. E qui entra in gioco la ricerca pugliese.
''Gli strumenti tradizionali - dice De Gennaro - misurano il particolato, cioè le polveri, ma ignorano da dove provenga. Noi invece abbiamo sviluppato strumenti e metodi per capire l'origine delle particelle, se sono locali o se provengono dall'estero. Questo ci permette, tra l'altro, di fornire all'Ue le prove richieste per ridurre le infrazioni''. Pochi fino ad oggi infatti sono i tentativi di individuare tra le particelle quelle provenienti, ad esempio, dall'Africa. Ci ha provato la Spagna, utilizzando un metodo statistico. ''Siamo stati noi i primi in Europa'', ribadisce De Gennaro. ''Ci siamo serviti di tanti strumenti già esistenti e li abbiamo usati insieme. L'idea vera è stata l'integrazione''. Il prototipo realizzato dai ricercatori adesso si trova a Bari nel Dipartimento di Chimica ed è gia' richiestissimo da varie regioni italiane per misurare le polveri. Adesso è in partenza per Taranto dove avrà il compito di svelare la provenienza del benzoapirene.
La scoperta dei ricercatori pugliesi con il progetto denominato Simpa (Sistema Integrato per il Monitoraggio del Particolato Atmosferico) ha svariate applicazioni. Serve ad individuare le sabbie sahariane e in generale i trasporti transfrontalieri; intercetta la produzione di benzopirene nelle aree industriali; dimostra che l'Italia è divisa in due per le polveri fini, più leggere e pericolose al Nord, più grosse ma meno pericolose al Sud e che quindi è sbagliato misurare con lo stesso criterio le polveri fini al Nord e al Sud; permette le misurazioni su microaree per pianificare azioni come il blocco del traffico; individua zone più ampie di misurazione attraverso l'uso del satellite.
Tante le ricadute del progetto sul territorio. I laboratori delle Università di Bari e di Lecce oggi sono tra i più importanti in Italia per le strumentazioni implementate, la stessa Puglia è diventata una delle regioni di riferimento per la misurazione delle particelle in atmosfera. Qui infatti sono state organizzate tre scuole nazionali e la prima scuola nazionale della Italian Aerosol Society (Ias), oltre ad essere stato pubblicato il volume 'Particelle in atmosfera. Conosciamole meglio', curato dal team di ricerca.
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