Le Alpi soffrono il caldo. E le foreste vanno salvate

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Giovedì, 15 Aprile 2010

 

Picchi di 5 gradi di aumento della temperatura. Una diminuzione del 25 per cento delle piogge nelle regioni meridionali. Ondate di calore triplicate. Collasso dei ghiacciai alpini. Così si presenterà l'Italia a fine secolo se non fermeremo subito le emissioni di gas serra prodotte dall'uso di combustibili fossili e dalla deforestazione.

L'analisi previsionale, con il condizionale di prudenza d'obbligo, è frutto dell'elaborazione di un centinaio di scienziati italiani coordinati dal Centro euro mediterraneo per i cambiamenti climatici. Sono 590 pagine di ricerca che contengono una messa a fuoco dei dati finora raccolti. E gli scenari futuri coincidono con l'analisi del presente e del passato. Tutti i record del caldo sono concentrati negli ultimi anni: i primi 10 anni più caldi dal 1800 ad oggi in Italia sono successivi al 1990 e, di questi, sei su 10 sono successivi al 2000. La top ten dei primati del caldo degli ultimi due secoli è la seguente: 2003, 2001, 2007, 1994, 2009, 2000, 2008, 1990, 1998, 1997.

Anche il 2009 conferma la corsa verso il riscaldamento: la primavera figura al quarto posto tra le più calde negli ultimi duecento anni (con 1,76 gradi di anomalia rispetto alla media 1961-1990), e l'estate è al quinto posto (con 1,87 gradi in più). Per le piogge invece gli ultimi mesi sono stati in controtendenza rispetto alle proiezioni che indicano una diminuzione secca sul versante Sud del Mediterraneo: le precipitazioni nel periodo novembre 2008 - aprile 2009 hanno segnato un 54% in più rispetto al periodo 1961-1990, mai negli ultimi due secoli era piovuto tanto in Italia nello stesso periodo.

Il caos climatico è ancora più visibile nei luoghi più freddi. Sulla catena alpina la superficie ghiacciata si è più che dimezzata (è scesa dai 4.474 km2 del 1850 ai 2000 km2 del 2003): nelle Alpi negli ultimi 80 anni c'è stato un incremento di temperatura quasi doppio rispetto alla media globale.

Non va meglio alle foreste. Anche se finora in Europa hanno registrato una buona avanzata, il futuro si annuncia grigio: "Nei prossimi 100 anni è da attendersi una progressiva 'disgregazionè degli ecosistemi forestali, dei quali solo poche componenti potranno migrare in aree più adatte ai mutati scenari climatici, mentre la maggior parte di esse saranno destinate all'estinzione, almeno a livello locale".

L'elenco delle alterazioni climatiche è lungo e comprende l'anticipo di 3 giorni ogni 10 anni per le varie stagioni (vuol dire che a metà secolo la primavera arriverà con due settimane di anticipo).

Ma il senso più generale del rapporto si coglie in questo passaggio, in stridente contrasto con la mozione piena di dubbi sui cambiamenti climatici appena votata dalla maggioranza al Senato: "La comunità scientifica internazionale è ormai unanimemente d'accordo nel considerare il cambiamento climatico del pianeta non solo in atto, ma come principalmente connesso all'alterazione degli equilibri naturali da parte dell'uomo. Tale riscaldamento avrà conseguenze anche sul mare, aumentandone il livello e la frequenza degli eventi estremi. Ciò, molto verosimilmente, potrà provocare l'accelerazione dei processi erosivi e notevoli danni, in termini economici e di qualità della vita, alle popolazioni rivierasche". (Antonio Cianciullo - repubblica.it)

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