Con 59 centrali in costruzione e 149 in fase avanzata di progettazione in tutto il mondo, la World nuclear association parla di "rinascimento nucleare". Non c'è dubbio che il nucleare sia considerato una delle opzioni in campo per cambiare il paradigma energetico attuale e iniziare il "phase out" dal petrolio.
È vero anche che il "rinascimento" si sta verificando soprattutto in Asia, dove sono in costruzione 33 centrali e 84 sono in fase avanzata di progettazione . Ma l'opzione nucleare è tornata di attualità anche in altre parti del mondo, compresi gli Stati Uniti, dove è stata fatta propria dall'amministrazione di Barack Obama.
Con la tecnologia atomica ritornano d'attualità i problemi che si trascina dietro. E uno dei più importanti è quello dei "rifiuti radioattivi", in particolare delle scorie HLW: ad alto livello di radioattività. Si sa che rifiuti sono destinati a restare radioattivi e dunque pericolosi, per migliaia e anche per milioni di anni. E che, in attesa di un qualche processo in grado di accelerare il loro naturale decadimento radioattivo, debbano essere confinati in un "deposito geologico definitivo": insomma sotto terra, al sicuro.
Facile a dirsi. Ma difficile a farsi. Infatti, finora nessuno è riuscito a individuare e ad allestire un "sito geologico definitivo". Il problema resta dunque clamorosamente aperto in questo periodo di "rinascimento nucleare". E, dunque, non è un caso che se ne occupino, negli ultimi numeri giunti in edicola, la due riviste scientifiche più diffuse al mondo, l'americana Science e l'inglese Nature. Proponendo due notizie e due esempi che solo in apparenza sono diversi.
Da un lato Nature rende noto che la Francia si sta avviando verso una soluzione. E che l'ANDRA (l'Agenzia nazionale per i rifiuti radioattivi) sta costruendo un grande laboratorio da un miliardo di euro nel sottosuolo di Bure, nel nord-est del paese, in rocce vecchie di 150 milioni di anni e considerate geologicamente stabili. Il laboratorio non è il sito dei rifiuti ad alta intensità. Anzi, in quel laboratorio non entrerà neppure un grammo di rifiuto radioattivo. A Bure si sta realizzando, per l'appunto, un luogo di sperimentazione - della tenuta delle rocce e dei contenitori entro cui vengono alloggiati i rifiuti radioattivi - in grado di fornire dati affidabili per la costruzione del "deposito geologico definitivo" - dove confinare 2.300 metri cubi di HLW e 42.000 metri cubi di MLW, di rifiuti radioattivi di media intensità - che il paese più nuclearizzato d'Europa prevede di costruire entro il 2025.
In Europa anche altri paesi si stanno indirizzando verso questa soluzione. Con tempistiche analoghe: Finlandia e Svezia prevedono di allestire un deposito geologico per i loro HLW entro il 2025 o, al più tardi, il 2030. La Germania entro il 2035. Si tratta, come si vede, di soluzioni di medio periodo. Al momento, dunque, il problema resta aperto. Come dimostra anche il caso italiano, dove - dopo le vicende di Scanzano - del deposito geologico definitivo nessuno sembra più occuparsi.
Anche negli Stati Uniti la questione resta aperta, ci ricorda Science. Obama ha infatti bloccato la costruzione del sito geologico nella Yucca Mountain, che avrebbe dovuto ospitare 60.000 metri cubi di HLW. Il sito era stato indicato come soluzione unica dal Congresso nel 1987. Ma, malgrado un quarto di secolo e 10 diverse amministrazioni, la più grande potenza nucleare al mondo non ne è venuta a capo. Sia per motivi tecnici - il sito si è rivelato meno "sicuro" del previsto - sia per motivi politici: la fiera opposizione della popolazione del Nevada.
Ora Obama ha insediato una (nuova) commissione tecnica che dovrà indicare una soluzione al problema, che resta aperto esattamente come in tutta Europa.
C'è tuttavia una differenza tra la Francia e gli Stati Uniti. Una differenza che mettono in risalto su Science Eugene Rosa e un gruppo di colleghi che si occupano di scienze sociali. Il laboratorio di Bure così come l'eventuale sito geologico definitivo non hanno e, presumibilmente, non avranno in Francia quella fiera opposizione degli stakeholders, le popolazioni locali che hanno un interesse in gioco, che invece si è avuta negli Stati Uniti, persino nelle regioni più desertiche del Nevada (e che l'Italia ha avuto a Scanzano). Per un motivo molto semplice.
In Francia da qualche anno l'ANDRA e tutte le autorità che si occupano di nucleare civile coinvolgono attivamente la popolazione, attraverso una costruzione trasparente e preventiva del consenso. In una forma di "cittadinanza scientifica attiva". Cosa che non si verifica negli Stati Uniti e, aggiungiamo noi, in Italia.
Non sappiamo se mai l'Europa e l'America avranno un qualche sito geologico definitivo per i loro rifiuti radioattivi ad alta intensità. Sappiamo però che difficilmente l'avranno senza il consenso informato della popolazione locale. (Pietro Greco - greenreport.it)
|