Nave dei veleni, il Governo con la testa sotto la sabbia

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Giovedì, 17 Settembre 2009

 

Le dichiarazioni rilasciate dal pentito di ‘ndrangheta Francesco Fonti sono note agli inquirenti da ormai diversi anni e confermano quanto già a conoscenza del primo governo Berlusconi, almeno secondo quanto affermato dall'allora ministro Carlo Giovanardi, della presenza di un disegno di smaltimento in mare, e non solo, dei rifiuti radioattivi. La risposta, che per conto del governo fornì ad una interrogazione fatta dal deputato Ermete Realacci - come si legge sul libro Terre blu di Legambiente - non lascia dubbi: «da un'attenta analisi dei documenti è emerso un imponente progetto per lo smaltimento in mare dei rifiuti radioattivi con la scelta dei vari siti che , nel pianeta e anche nel mare Mediterraneo, avrebbero raccolto i pericolosi rifiuti».

Adesso che il relitto di una nave affondata è stato trovato sul fondo al largo di Cetraro sulla base delle coordinate fornite da Fonti, le sue dichiarazioni trovano riscontro e sarebbe quindi almeno doveroso andare a verificare anche tutte le altre, che fanno emergere un quadro criminoso relativo allo smaltimento di rifiuti (tossici e radioattivi) in cui la varie organizzazioni mafiose erano solo i meri esecutori, mentre altri sarebbero i mandanti.

«A contattare me erano i servizi segreti italiani»-dice Fonti in una intervista al Sole24Ore, dichiarandosi disponibile anche a riconoscerli «se qualcuno (gli) mostrasse le foto» e a fare «nomi e cognomi dei politici che avevano contatti con gli uomini dei servizi segreti che poi si rivolgevano a me a alle altre cosche». E sempre secondo quanto sostiene il pentito nell'intervista «la maggior parte di loro fa ancora politica».

Alla luce di queste dichiarazioni appare allora ancora più inconsistente la risposta data dal ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito al deputato Realacci che lo interrogava nel corso del quetion time di ieri su quali iniziative pensava di prendere il governo di fronte a questa vicenda, che si perde - è il caso di dirlo - nel "porto delle nebbie".

A parte il lapsus di riferirsi alla Rigel anziché alla Cunsky parlando del ritrovamento del relitto a largo delle coste calabresi, il ministro Vito ha nei fatti argomentato quanto già era di pubblico dominio, ovvero che il ministero dell'Ambiente ha messo in piedi una task force che - dotata dei pochi mezzi a disposizione - andrà a verificare la natura del carico trasportato dalla nave e che verranno fatti anche accertamenti sulla terra ferma.

Premettendo, in maniera del tutto pleonastica il fatto che il governo e il ministero dell'Ambiente sono a fianco della magistratura. Una risposta che nella sua replica Realacci ha correttamente bollato come «non all'altezza della gravità della situazione». Perché quello che ci si aspetterebbe da un governo che dice di essere a fianco della magistratura è non solo il doveroso e quantomeno automatico intervento del ministero ambiente in un caso in cui si pone l'ipotesi (per non parlare ancora di evidenza, in attesa del corpo del reato) di un grave rischio per l'ecosistema marino e poi per la salute della popolazione, ma un immediato coordinamento di tutti i settori dell'esecutivo per impostare un'azione generale di governo a supporto delle magistrature che indagano sulla vicenda.

«Dobbiamo dimostrare che lo stato c'è.- ha replicato Realacci - Il tempo di agire è ora. Omissioni, ritardi, affossamenti non possono più essere tollerati».

Il fatto è che però come sottolinea Andrea Romano nell'editoriale scritto oggi sul Sole24Ore, siamo di fronte ad un governo più incline ad «un pugnace revival antielitario» anziché ad affrontare i problemi reali del paese.

«Nessun grande paese - continua Romano - lo ha fatto (ha cercato cioè di superare crisi di legittimità nelle laedership politiche ed economiche, ndr)- elevando la retorica antielitaria a standard permanente di lotta politica e rinunciando così anche solo a immaginare una soluzione reale a un problema reale. E' esattamente questo il rischio che in queste settimane sembra incombere sulla nostra vita pubblica».

E se anche di fronte a questa grave vicenda delle navi affondate per smaltire rifiuti e che a quanto sembra dalle dichiarazioni di Fonti rilasciate ieri a Il manifesto ( e che stanno nelle deposizioni del pentito) è intrisa anche delle storie più torbide relative alle morti di Ilaria Alpi e Miriam Hrovatin per le inchieste sui traffici di rifiuti e armi con la Somalia, il governo volesse rinunciare a «dare una soluzione reale ad un problema reale» sarebbe da delinearsi non solo una minaccia consistente all'ambiente e alla salute dei cittadini, ma alla stessa democrazia. (Lucia Venturi - greenreport.it)

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