Questo agosto è stato reso noto il "2009 World Population Data Sheet" da parte del prestigioso Population Reference Bureau (vedasi www.prf.org) . Queste agili schede seguono il ponderoso "World Population Prospect" delle Nazioni Unite uscito lo scorso marzo; un rapporto che esce ogni due anni e che è certamente il più autorevole documento sulla popolazione e sulle previsioni di crescita a livello internazionale e di cui ho già parlato su queste pagine. I Data Sheets del Population Reference Bureau ci comunicano che la popolazione attuale, a livello mondiale, sarà nel 2009 di 6.8 miliardi e le previsioni medie ci dicono che potremo raggiungere nel 2025, gli 8.1 miliardi e nel 2050, i 9.4 miliardi (il Continente nero, l'Africa, per quella data farà registrare 2 miliardi di abitanti).
Le dieci nazioni più popolose al mondo nel 2050 saranno: India con 1.748 miliardi di abitanti, Cina con 1.437 miliardi, Stati Uniti con 439 milioni, Indonesia con 343 milioni, Pakistan con 335 milioni, Nigeria con 285 milioni, Bangladesh con 222 milioni, Brasile con 215, Repubblica Democratica del Congo con 189 milioni e Filippine con 150 milioni. Oggi, come sappiamo, la Cina è leader con 1.331 miliardi di abitanti, seguita da India (1.171), Stati Uniti (307), Indonesia (243), Brasile (191), Pakistan (181), Bangladesh (162), Nigeria (153), Russia (142) e Giappone (128). La popolazione attuale nei paesi ricchi è di 1.232 miliardi mentre nei paesi poveri e di nuova industrializzazione è di 5.577 miliardi.
Riprendendo quanto scrivevo nella mia rubrica la scorsa settimana relativamente al complesso problema dell'approvvigionamento energetico per un mondo con una popolazione e con i consumi in crescita è necessario ricordare che attualmente un cittadino degli Stati Uniti consuma energia come 2 europei, 6 cinesi, 22 indiani o 70 keniani. Questa forte disparità è aggravata dal fatto che i Paesi che consumano meno sono di gran lunga, come abbiamo visto, i più popolati. Inoltre secondo le previsioni ONU nei prossimi trent'anni dovranno avere accesso all'energia altri 2,5 miliardi di persone.
Come più volte ho fatto presente su queste pagine, trattando di tanti altri argomenti relativi alla nostra crescente pressione sulle risorse del pianeta accoppiata alla nostra crescita di popolazione e di consumi, è evidente che non sarà possibile far vivere "all'occidentale" tutti gli abitanti della Terra utilizzando i combustibili fossili che, peraltro, provocano alterazioni climatiche e tantissimi problemi ambientali, sociali e sanitari di portata devastante ed inoltre costituiscono risorse non rinnovabili ormai destinate ad esaurirsi.
Come ci ricordano chiaramente Nicola Armaroli e Vincenzo Balzani nel loro bellissimo volume "Energia per l'astronave Terra" (edizioni Zanichelli) di cui ho parlato già nella rubrica della scorsa settimana: "La crisi energetica è indiscutibile, anche se molte persone non l'hanno ancora percepita nella sua gravità. Essa è basata su tre dati incontrovertibili: l'esaurimento progressivo dei combustibili fossili, i danni causati alla salute e all'ambiente dal loro massiccio impiego, la forte disuguaglianza nella disponibilità di energia fra Paesi ricchi e Paesi poveri. La crisi energetica mette in discussione il modello di sviluppo basato sul consumo a tutti i costi, che le grande disponibilità di energia a prezzi irrisori ha creato nei decenni passati e di cui ha goduto soltanto una minoranza della popolazione della Terra."
Oggi il consumo mondiale di energia primaria annuale si aggira intorno ai 400 miliardi di miliardi di joule ossia 400 esajoule (400 EJ). Di questi circa 300 EJ sono costituiti da combustibili fossili.
Gli Stati Uniti con 307 milioni di abitanti hanno 780 automobili ogni 1000 persone. Invece la Cina e l'India con una popolazione complessiva di 2 miliardi e 400 milioni di persone hanno meno di 20 automobili ogni 1000 abitanti. Se la Cina e l'India avessero 780 automobili per mille abitanti, con una percorrenza media di 10.000 km l'anno e con un consumo di 7 litri per 100 km quei due Paesi consumerebbero circa 8 miliardi di barili di petrolio l'anno, ossia 22 milioni di barili al giorno (un barile di petrolio è costituito da 159 litri) : più del doppio della produzione dell'Arabia Saudita, un quarto dell'intera produzione mondiale.
Attualmente le sei fonti di energia primaria a livello mondiale sono: il petrolio che copre una quota per il 35%, il carbone per il 25%, il gas naturale per il 21%, le biomasse per il 10%, l'energia nucleare per il 6,5 %, l'idroelettrico per il 2% e le "nuove" rinnovabili per lo 0,5%. Oltre l'80% dell'energia utilizza dalle nostre società proviene dai combustibili fossili, che ripetiamo, oltre ai danni che provoca il loro utilizzo sono risorse limitate e non rinnovabili.
I primi 10 paesi consumatori di petrolio sono (in migliaia di barili al giorno) : gli Stati Uniti con 20.698 barili al giorno, la Cina con 7855, il Giappone con 5051, l'India con 2748, la Russia con 2699, la Germania con 2393, la Corea del Sud con 2371, il Canada con 2303, il Brasile con 2192, l'Arabia Saudita con 2154 (l'Italia consuma 1745 barili di petrolio al giorno).
Invece i primi 10 paesi consumatori di carbone sono (in milioni di tep - tonnellate equivalenti di petrolio l'anno) : Cina 1311,4 tep/annui, Stati Uniti 573,7, India 208, Giappone 125,4, Sudafrica 97,7, Russia 94,5, Germania 86, Corea del Sud 59,7, Polonia 57,1, Australia 53,1 (l'Italia consuma 17,4 tep/annui).
I primi 10 paesi consumatori di gas naturale sono (in miliardi di metri cubi l'anno): Stati Uniti 652,9, Russia 438,8, Iran 111,8, Canada 94, Gran Bretagna 91,4, Giappone 90,2, Germania 82,7, Italia 77,8, Arabia Saudita 75,9 e Cina 67,3.
Come ci ricordano sempre Armaroli e Balzani utilizzare i combustibili fossili per ottenere energia è molto comodo e molto utile. Si tratta di un vero tesoro, trovato nella stiva della nostra "astronave Terra", che abbiamo scovato e che utilizziamo in modo intensivo. Ma negli ultimi 20-30 anni ci siamo accorti che questo tesoro pone numerosi e gravi problemi: è destinato ad esaurirsi, il suo uso causa seri danni alla salute dell'uomo e dell'ambiente, la sua irregolare localizzazione nelle varie zone del pianeta crea disuguaglianze economiche, tensioni politiche e addirittura guerre.
Ecco perché è giunto veramente il momento di voltare pagina e questo richiede capacità di visione, capacità di futuro, apertura al nuovo, coraggio, innovazione, conoscenza. Tutti elementi che sembrano purtroppo diventare sempre più rari tra i politici ed i leader in genere. (G. Bologna - greenreport.it)
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