San Benedetto del Tronto - Non è il nudista che prende il sole, educatamente separato da sguardi indiscreti. Quello che scandalizza della Sentina è vedere un’area enorme lasciata ad allevamento di zanzare. Il verde che dovrebbe costituire il polmone ambientale, è limitato a qualche filo spelacchiato mentre sarebbe bello godere di un orto botanico a cielo aperto. Le poche persone che s’incontrano non sembrano turisti a caccia di birdwatching, l’osservazione degli uccelli. Uno spunta da un sottopasso maleodorante sotto le campate dell’Ascoli mare. Forse lì ha pure pernottato. Le sue cose le ha riposte dentro un borsone sgargiante e la doccia sarà l’Adriatico ad offrirgliela.
I sentieri sterrati portano a strade sbarrate. I lucchetti arrugginiti dalla salsedine evitano che con le auto si possano raggiungere i casolari. Ma, a piedi, chi vuole, può entrarci. A patto che non abbia paura delle bisce che pure loro, ormai, latitano. Comincia dal campo Ciarrocchi il viaggio alla scoperta di un’area che i più giovani sono stati invitati a non frequentare. Tanti anni fa offriva almeno qualche radice di liquirizia. I ragazzi di San Benedetto e Porto d’Ascoli ci andavano in bici. Oggi in un’ora e mezza, di ciclisti ne passano soltanto due e con il rapporto lungo, quasi a voler scappare. Gli altri esseri umani sono operai dei campi di broccoli: tre donne dall’aspetto dell’Est che raggiungono un trattore, impegnato nella semina delle piantine.
Per il resto l’area è soltanto una distesa brulla. C’è un albero di bachi da seta ed è la rarità. Quindi i gabbiani, altri uccelli e tortorelle, sui pali della luce. Vicino a un casolare abitato da papere, una boa enorme, abbandonata, è stata data alle fiamme. Si notano qua e là, carcasse di imbarcazioni lasciate a marcire.
Un altro edificio ha il tetto crollato per più della metà. Le prossime piogge faranno il resto e forse anche i muri ben presto spariranno. Ma quello che più fa impressione del degrado, è immaginare quegli stessi luoghi con tanta vita sana. Lungi dalla speculazione, una serie di percorsi ciclopedonali, verde in abbondanza, davvero piante e alberi, magari qualche guida che spieghi dove siamo e a cosa serve questo luogo, oggi inospitale di giorno. Figuriamoci di notte.
Ci sono i divieti, di caccia, di accesso e “ai non autorizzati”. Basterebbe vedere il fosso collettore, con la balaustra fiammante di legno intagliato, per farsi un’idea di come si potrebbe attrezzare la zona. Riproporre l’arredamento su tutti i sentieri darebbe già un senso di decoro. Farebbe pensare ad un’area accogliente, un vero Parco, senza le carcasse degli alberi caduti che arrivano fin sulla spiaggia. Sulle dune, ricchezza di questo luogo, spunta di tutto. Non ci sono più le canne che il vento farebbe ondeggiare ma rovi e ben altri tipi di “canne”. Buttati lì in mezzo, i resti dell’amore, consumato velocemente. E forse non è neppure colpa di chi non pulisce. Se è vero che lì si fa di tutto perchè sia un luogo interdetto, quasi si conservi il gusto per il declino, lo ricordano i cartelli. Quindi non si capisce perchè qualcuno se ne debba occupare. Il punto è proprio questo. Se la Sentina deve rimanere un posto proibito agli umani o può risorgere. Se qualcuno - gli enti che ne hanno competenza - finalmente si prenderà la briga di sostituire la caccia alle rane degli anni Cinquanta con giochi, magari sempre per bambini, un po’ meno pericolosi. O forse no. Ma almeno fare in modo che tornino quelle rane. Stavolta, da studiare. (Laura Ripani - corriereadriatico.it)
|