LE CASE lungo lo Huangpu sono già sotto il livello del fiume. Il Bund è il quartiere commerciale più elegante di Shanghai. L'acqua, respinta dal mare, minaccia sempre più spesso di allagare alcuni dei palazzi più famosi della Cina. Anche sull'altra sponda i grattacieli di Pudong, secondo i capricci delle maree, finiscono in ammollo.
La metropoli-simbolo della modernizzazione cinese, a sei mesi dall'Expo che presenterà le conquiste del millennio, teme di sprofondare nel delta più esteso del pianeta. L'allarme degli scienziati non delinea uno scenario da The Day After Tomorrow. I dati scuotono però ormai anche il governo di Pechino. Se il riscaldamento globale non sarà fermato, rallentando lo scioglimento di ghiacciai e calotte polari, l'intera costa del Mar Giallo sarà sommersa da un metro d'acqua entro questo secolo. Altri duecento anni e il livello degli oceani aumenterà di cinque metri. Shanghai è tre metri sopra il livello del mare. Le proiezioni della facoltà di Ingegneria di Nanchino disegnano una città incassata tra dighe gigantesche.
Vasti quartieri, a causa del pompaggio sotterraneo delle acque e della costruzione di centinaia di grattacieli, sono però già sprofondati.
Non è un caso isolato. Altre capitali del mondo corrono lo stesso pericolo: Londra, Amsterdam, New York, Il Cairo, Mumbai e Tokyo sono solo alcune di esse. Shanghai e la costa orientale della Cina sono però il luogo più a rischio. In pochi anni, nella regione dello Yangtze, si sono trasferiti quasi cento milioni di ex contadini delle campagne interne. Le paludi bonificate, sommerse dal cemento, cedono. Porti, ponti, aeroporti, zone industriali, città: il mare avanza. I fiumi più grandi dell'Asia non riescono più a scaricare l'acqua nell'oceano. "Non affogheremo domani", dice Zheng Hongbo, direttore dell'Istituto di scienza della terra di Shanghai, "ma che ci piaccia o no questo è un problema da affrontare subito".
La crescita dei fiumi, ogni giorno, spinge montagne di melma contro le chiuse e gli argini che proteggono il centro. All'alba e al tramonto una diga alta cento metri, dove il fiume Suzhou si getta nello Huangpu, viene aperta e chiusa per regolare un labirinto di canali. Piene e cicloni, in un clima sconvolto, negli ultimi mesi hanno però spaventato gli scienziati. "Shanghai", dice Shikang Ma, custode della diga principale, "è protetta fino ad un massimo di 5,9 metri. Pensavamo di essere al sicuro per mille anni. L'ultimo tifone ha creato invece un'onda da 5,7 metri. Un uragano come Katrina ci sommergerebbe con 8,5 metri d'acqua".
Il governo cinese sta studiando la costruzione di barriere più alte. I tecnici, da mesi, sono al lavoro a Londra, in Olanda e a Venezia. L'idea è di costruire un sistema di dighe mobili, proprio sull'esempio del contestato Mose nella laguna veneta. "Il problema", dice Sang Baoliang, direttore del Shanghai Flood Control Headquarters, "è che ogni anno le ricerche prevedono innalzamenti maggiori. Oggi pensiamo a dighe trenta chilometri a valle rispetto alle città. Ma nessuno al mondo sa dire quanto alte dovranno essere". Lo spettro è l'esodo di milioni di persone che vivono sulla costa. "Ma la verità", dice Edward Leman, consulente del più importante centro di ricerca di Ottawa, ingaggiato dalla Cina, "è che non siamo pronti. Nessuna amministrazione dispone di progetti esecutivi: parliamo di opere che richiedono poi anni per essere realizzate". (Repubblica.it)
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