Pensiero sostenibile: ridimensioniamo i consumi

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Lunedì, 5 Ottobre 2009

 

NEW YORK - E' guerra all'eco-chic, l'ambientalismo da ricchi. La battaglia non viene sferrata dalla destra conservatrice ma da una nuova corrente di "pensiero sostenibile". È una generazione di guru verdi più in sintonia con la maggioranza della popolazione.

Parla ai colletti blu, al ceto medio impoverito dalla recessione, agli immigrati. Cioè quel 69% della popolazione Usa che fugge dai prodotti con l'etichetta "bio" perché troppo cari, un lusso per privilegiati. No, non è vero che fare la spesa eco-compatibile deve costare caro. Questa nuova tendenza ha il suo decalogo: dieci principi da seguire, capovolgendo i luoghi comuni dell'ambientalismo tradizionale.

Zaccai Free, 37 anni, autore di libri per bambini, è uno degli esponenti della nuova tendenza. "Adottare uno stile di vita meno distruttivo per il pianeta - dice - non significa andare in cerca di alimenti cari e prodotti per la casa che costano il doppio". Glenn Croston, autore di "Starting Green", è altrettanto severo con le mode che hanno trasformato il consumo sostenibile in un salasso per i bilanci familiari. "Basta con l'eco-lusso - dice Croston - ci sono scelte quotidiane che si possono fare per proteggere il pianeta e il futuro dei nostri figli, risparmiando".

Sotto tiro ci sono le élite progressiste, che hanno trasformato le scelte responsabili in una moda sofisticata. I venture capitalist di San Francisco con le ville coperte di pannelli solari e l'auto elettrica da 200.000 dollari in garage. Gli abitanti dell'Upper West a Manhattan che affollano Whole Foods, il supermercato tutto-bio che sembra una gioielleria. Uno snobismo dagli effetti dissuasivi sul resto della popolazione. "Secondo un'inchiesta di Grail Research - rivela il Washington Post - oltre i due terzi degli americani associano i prodotti "verdi" con un prezzo irraggiungibile per il loro potere d'acquisto".

All'americano medio - col mutuo da pagare, le rate sull'automobile, la fatica per arrivare a fine mese - si rivolge invece Shel Horowitz, l'autrice di "Painless Green" ovvero l'ambientalismo indolore. Un elenco di consigli per "aiutare l'ambiente, ridurre il nostro impatto sul cambiamento climatico, tagliare le spese e migliorare la qualità della vita". Consigli semplici alla portata di tutti. Alcuni ci riportano alle abitudini di vita dei nostri nonni. Usare i ventilatori invece dell'aria condizionata. Riscaldarci meno d'inverno, a costo di indossare il maglione in casa. Lavare le finestre con il semplice alcol. Chiudere il rubinetto dopo aver inumidito lo spazzolino o la lametta da barba, anziché lasciar scorrere l'acqua. Altri sono suggerimenti hi-tech: installare i nuovi apparecchi che interrompono la corrente quando non stiamo usando la tv o il computer, o le docce ad alta efficienza che riducono di quattro litri al minuto l'erogazione d'acqua senza che ce ne accorgiamo.

Con un'attenzione rigorosa ai costi, il decalogo del nuovo ambientalismo sottopone a un esame severo tutti i vecchi miti del pensiero "sostenibile". Stabilisce quali regole restano valide e quali vanno abbandonate. Partendo da ciò che ci sembra più ovvio. Dobbiamo spegnere sempre la luce quando usciamo da una stanza? Sbagliato, se abbiamo installato le nuove lampadine compatte fluorescenti: accendendo e spegnendole troppo spesso la loro vita si accorcia. E non è vero che costino più care, sulla bolletta elettrica pesano il 25% delle lampadine tradizionale.

Al supermercato è giusto fare la spesa orientandosi sulle "etichette verdi"? Spesso è sbagliato, per gli scarsi controlli su quei certificati. Installare pannelli solari? Prima fate isolare l'abitazione per evitare le fughe di calore, è molto più efficace. Comprare prodotti biodegradabili per ridurre l'accumulo nelle discariche? Quasi sempre è inutile, i prodotti che si proclamano tali non si decompongono abbastanza rapidamente. Molto meglio ridurre gli sprechi, per dare un contributo immediato all'emergenza rifiuti.

Comprare un'auto ibrida? Mezzi pubblici e bicicletta restano molto più verdi, e ovviamente meno cari. Vale la pena spendere dal 20% al 40% in più comprando dall'agricoltura biologica, perché sono più sani e più nutrienti? Il sovrapprezzo è giustificato in alcuni prodotti come pesche, mele, mandarini, lattuga, uva. Non vale la pena invece per quella frutta e verdura che anche nell'agricoltura tradizionale ha una bassa intensità di sostanze chimiche inquinanti: dal cavolo al pomodoro. Comprare dall'agricoltura locale per ridurre le emissioni di CO2? In realtà il trasporto contribuisce all'11% delle emissioni carboniche dell'agricoltura, il resto è legato ai metodi di produzione. Molto meglio, sia per la salute che per il portafoglio, ridurre il consumo di carne rossa perché l'allevamento di bovini è ad alta intensità di consumo energetico.

I nuovi comandamenti hanno un principio in comune. Ridimensionare anche di poco i nostri consumi, ha un impatto sull'ambiente molto più benefico che la rincorsa alle mode dei prodotti verdi. (repubblica.it)

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