GINEVRA — Davanti agli occhi degli scienziati del Cern ci sono finalmente le tanto attese prime collisioni fra le nuvole di protoni che corrono nel superacceleratore Lhc. Dopo la sua accensione venerdì notte, il passo fatidico era proprio questo: scontrare i due fasci di particelle che corrono in direzione contraria per generare qualcosa di nuovo e di diverso. I quattro esprimenti intorno all'anello sotterraneo hanno registrato gli «eventi» come li chiamano i ricercatori, a partire dalle 14.22, prima nei rivelatori di Atlas, poi di Cms e quindi di Alice e Lhcb. Così inizia la storia della più potente macchina del mondo costruita per scoprire i primi momenti, le prime frazioni di secondo, dopo il Big Bang da cui è nato l'Universo.
Varcando la soglia delle sale di controllo sembra di entrare in uno straordinario, gigantesco videogioco e quasi ci si sente smaterializzare. Sulle pareti, a tutta grandezza, appaiono in successione animata spaccati di fantascientifici strumenti, linee che saettano dal pavimento al soffitto, brillamenti improvvisi, cifre in continua mutazione. Al di là di una grande vetrata gli spettatori osservano ammirati ciò che succede in questi silenziosi acquari di colori e numeri con gli scienziati chini davanti ai monitor come pregassero. Tutto arriva dalle viscere della Terra dove Lhc, a 100 metri di profondità e ormai impenetrabile, esprime le sue iniziali capacità. «Siamo al primo passo con un'energia di mezzo Tev - dice Sergio Bertolucci, direttore della ricerca al Cern - ma gli eventi raccolti mostrano il buon funzionamento della macchina: ieri volevamo far girare solo i due fasci in parallelo e invece siamo già agli scontri».
I diecimila fisici che dentro e fuori il Cern lavorano al superacceleratore sono ora mobilitati anche se Bertolucci manda a tutti un segnale ripescato dalla sapienza latina: «Affrettiamoci con calma». I guai del passato insegnano. Dalle collisioni ottenute, ovviamente, non sono zampillate scoperte perché tutto ciò serve per il rodaggio dei mille marchingegni che le generano. Alla guida dei due più grandi esperimenti ci sono, tra l'altro, scienziati italiani dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare: Fabiola Gianotti (Atlas) e Guido Tonelli (Cms). La buona risposta delle ultime ore promette comunque un'accelerata. «Entro novembre - ipotizza fiducioso Lucio Rossi responsabile dell'anello superconduttore che lavora alla temperatura di 271 gradi sotto zero - riusciremo ad anticipare quanto pensavamo di completare per dicembre e cioè conquistare i 2,4 Tev. In questo modo supereremo la potenza del Tevatron di Chicago». Con il centro americano c'è la gara per la cattura del bosone di Higgs, la «particella di Dio», ma il loro acceleratore non va oltre i 2 Tev. «Il passo successivo - continua Bertolucci - sarà portare l'Lhc a 7 Tev complessivi, cioè 3,5 per fascio, per giungere in primavera ai 10 Tev. Ma già dalle prossime settimane gli scienziati potranno lavorare seriamente». A quel punto rimane l'ultimo balzo fino a 14 Tev con 40 milioni di scontri al secondo fra i protoni e un'energia mai raggiunta. I tempi esatti dipenderanno dai prossimi mesi e dalle verifiche intermedie. Lungo la salita, tuttavia, i fisici scruteranno nel nuovo mondo delle particelle che loro stessi hanno creato cercando indizi della particella di Dio, della supersimmetria e di altre meraviglie che nemmeno loro sono riusciti ad immaginare. Una nuova fisica, forse, è alle porte. E tacciono, finalmente, i siti Internet che avevano preconizzato la fine del mondo scatenata dai buchi neri generati dall'acceleratore. (Giovanni Caprara - corriere.it)
|