La privatizzazione dell'acqua, imposta con il voto di fiducia alla Camera Dei Deputati è una scelta grave e pericolosa che la maggioranza ha fatto in spregio a qualsiasi valore ma anche a qualsiasi criterio d'efficienza. Accogliamo con favore le perplessità sollevate da molte Regioni che hanno preannunciato anche ricorso alla Corte Costituzionale, e anche questo sarà un caso in cui sarà l'organo supremo a dover risolvere, visto che il governo da un lato si lancia ogni giorno in proclami di federalismo spinto e poi nella pratica, come già accaduto con la legge per il rilancio del nucleare, fa approvare norme al Parlamento in cui si espropriano Regioni ed enti locali di qualsiasi autonomia.
Che l'acqua non sia una merce ma un bene comune dovrebbe essere una questione indiscutibile, un valore fondante, invece la si vuole trattare come una qualsiasi commodities, imponendone la privatizzazione. L'emendamento che il Pd è riuscito a far passare al Senato in cui almeno si garantisce che la proprietà resti pubblica, se è certamente positivo sul piano dei principi, purtroppo non può rassicuraci nei fatti perché obbligando i comuni ad affidare la gestione del servizio a privati purtroppo se ne perderà il controllo. La scelta della destra è peraltro ideologica perché non ci si è affatto preoccupati di misurare gli effetti delle privatizzazioni già avviate: in nessun caso c'è stato un effettivo miglioramento del servizio, anzi al contrario, si sono verificati moltissimi episodi di disagio ed inefficienza.
Il problema della gestione della risorsa idrica - continua l'esponente Ecodem - nel nostro paese è innanzitutto collegato a una rete di acquedotti ‘colabrodo' (con un record europeo del 37 per cento di perdite) su cui si dovrebbe investire e da questo punto di vista la privatizzazione non offre alcuna garanzia. L'altro problema più generale, squisitamente ambientale, è che si dovrebbe finalmente passare dalla ‘gestione della domanda' alla ‘pianificazione dell'offerta', cioè superare l'attuale approccio per cui si sommano le richieste idriche (industriali, agricole, civili) e poi si cerca disperatamente di soddisfarle. Si dovrebbe partire dalla disponibilità idrica, bacino per bacino, pianificare conseguentemente le attività. Ma rispetto a questo orientamento la privatizzazione non può offrire alcuna garanzia, anzi certamente aggraverà il problema. (greenreport.it)
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