Clima, Cina e Usa: nessun taglio di Co2. Bruciate le speranze di Copenhagen

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Domenica, 15 Novembre 2009

 

Singapore - Battuta d'arresto per l'accordo sui mutamenti climatici. I leader mondiali riuniti per il Vertice dell'Apec, tra i quali Barack Obama e Hu Jintao - principali attori dei negoziati sul clima - ritengono infatti che non sia possibile raggiungere un'intesa alla conferenza di Copenhagen del prossimo mese. E l'hanno così declassata da vertice conclusivo di un processo ad una "tappa intermedia" verso la ricerca di un accordo.

"Noi riaffermiamo il nostro impegno ad affrontare i cambiamenti climatici e lavorare verso un accordo ambizioso a Copenhagen" si legge nel comunicato congiunto dei 21 leader del Foro di Cooperazione Asia-Pacifico, senza pero' fare riferimento a obiettivi riguardo ai tagli. Obiettivi che esistevano nella bozza originaria del documento, che conteneva il dimezzamento delle emissioni entro il 2050, secondo quanto ha dichiarato proprio un funzionario del ministero degli Esteri cinese ieri durante una conferenza stampa. Ma alla fine, visto che la questione era controversa, e' stato rimosso per "decisione collettiva": "Se l'avessimo tenuto, avremmo ostacolato i negoziati", ha spiegato.

A dimostrare che a Singapore si stava giocando il futuro di Copenhagen, ieri notte e' arrivato il primo ministro danese Lars Lokke Rasmussen, presidente della Conferenza, che questa mattina ha partecipato a sorpresa alla colazione dei leader dedicata alla discussione delle questioni sul clima. Parlando ai leader, Rasmussen li ha esortati a trovare in queste tre settimane che mancano all'inizio dei lavori della conferenza sul clima un consenso minimo. Ma e' apparso rassegnato all'eventualita' che non si arrivi all'accordo pieno che si era sognato e che gli esperti ritengono essenziale per fermare i mutamenti climatici e le loro conseguenze. "Anche se non riusciamo a mettere a punto gli ultimi dettagli di uno strumento legale vincolante - ha detto - io credo che un accordo politico vincolante, con impegni specifici per riduzioni e finanziamenti possa fornire una base forte per un'azione immediata negli anni a venire".

Nonostante parli di un "generale consenso a sostegno" della posizione di Rasmussen, Mike Froman, vice consigliere per la Sicurezza Nazionale di Obama, ha sintetizzato molto efficacemente quello che e' successo a Singapore, e soprattutto nei negoziati tra Cina e Stati Uniti: "i leader hanno verificato che sarebbe irrealistico aspettarsi che un accordo pienamente vincolante possa essere negoziato nei 22 giorni che mancano al vertice di Copenhagen".

Ma non ha esitato ad aggiungere che il presidente, alla colazione di lavoro questa mattina, "ha parlato dell'importanza di ottenere un successo a Copenhagen". Il fatto e' che la definizione di successo appare drasticamente cambiata e ridimensionata: nessuno dei leader dell'Apec "pensa che sia probabile raggiungere un accordo finale a Copenhagen, ma ritengono che sia importante che costituisca un passo avanti".

Il successo diventa cosi' un processo in due tempi, spiega ancora Froman: il primo che prevede l'accettazione da parte dei 191 Paesi partecipanti al Vertice di un 'framework' che comprenda elementi chiave come il meccanismo di finanziamento per uno sforzo coordinato contro i mutamenti climatici; il secondo, un accordo vincolante sui tagli delle emissioni che viene rimandato a futuri negoziati.

Un processo in due tempi che Obama sostiene, ha aggiunto il consigliere della Casa Bianca, e' che un "diretto riflesso" delle conclusioni a cui sono arrivati i partecipanti al vertice riguarda all'impossibilita' di raggiungere ora un accordo pieno. Dalla Casa Bianca non viene ancora comunque annunciato se Obama partecipera' al vertice. (adnkronos)

PS. futuri negoziati? (RG)

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