In Italia l'acqua è "low cost", SOS per fogne e depuratori

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Giovedì, 28 Maggio 2009

 

Quattro italiani su cento non hanno l'acqua corrente in casa. Quindici su cento non hanno gli scarichi collegati a una fogna. Trenta su cento non dispongono del servizio di depurazione. Non stiamo messi bene e l'Unione europea lo ha sottolineato aprendo un procedimento a carico dell'Italia per 300 casi di irregolarità. Dobbiamo colmare il ritardo e per farlo servono 60 miliardi di euro in 30 anni. Dove prenderli? Federutility, la federazione delle imprese energetiche e idriche, ha lanciato ieri a Bari, nel corso della Conferenza europea H2 Obiettivo 2000, la proposta degli "hydro bond", un finanziamento con tempi lunghi di ritorno del capitale basato sulla stabilità di aziende che lavorano in un mercato a domanda costante.

A Bari è stata presentata anche la radiografia del consumo di acqua degli italiani sintetizzata nel Blue Book. Nel 2008 il record delle tariffe più alte è toccato ad Agrigento, dove per un'utenza standard di 200 mila litri di acqua si sono sborsati 440 euro in un anno. Seguono Arezzo con 410 euro l'anno e Pesaro e Urbino con 409 euro. All'estremo opposto della classifica troviamo invece Milano (103 euro l'anno), seguita da Treviso e Isernia (rispettivamente a quota 108 e 109 euro). In media si paga 1,29 euro a metro cubo, con oscillazioni che vanno da 1,73 euro in Toscana a 0,92 euro in Lombardia.

Dall'analisi di Federutility risulta che le bollette dell'acqua degli italiani rappresentano una quota modesta della spesa domestica: 20 euro al mese per una famiglia di tre persone, rispetto ai 486 euro investititi in trasporti, ai 131 euro in combustibili, ai 131 euro alla voce "tempo libero e cultura", ai 26 euro per le sigarette.

Poco anche rispetto agli altri paesi. A Roma, ad esempio, una famiglia di tre persone paga 177 euro per 200 metri cubi di acqua. Nel panel di metropoli che vengono confrontate si spende meno solo a Buenos Aires (37 euro l'anno), Hong Kong (102 euro l'anno) e Miami (169 euro l'anno). Più care Berlino (968 euro l'anno), Zurigo, Parigi, Bruxelles, Helsinki.

Non tutti però sono d'accordo con l'idea di un servizio idrico che richiede più fondi e maggiore spazio per il capitale privato. I comitati contrari alla privatizzazione hanno contestato la riunione di Bari perché "promuove una logica di privatizzazione dei servizi pubblici e dell'acqua, il bene pubblico per eccellenza, in continuità con la politica che ha animato il Forum Mondiale sull'acqua di Istanbul, secondo il quale l'acqua deve essere considerata un bisogno - e, dunque, un bene economico commercializzabile da cui trarre profitto - e non un diritto umano inalienabile".

Resta il fatto che, come ha scritto l'economista Antonio Massurutto, "l'acqua è un dono di Dio, tuttavia Dio ha donato l'acqua, ma non i tubi e i depuratori: a quelli dobbiamo pensarci da soli". E dobbiamo pensarci presto. In base alla direttiva europea del 2000, dovremo affrontare a rapidi passi il percorso verso il disinquinamento totale del ciclo dell'acqua. Entro il 2015 i fiumi all'atrazina e i laghi eutrifizzati dagli scarichi agricoli e urbani dovranno essere un ricordo. Entro il 2020 i corsi d'acqua dovranno addirittura tornare allo "stato di natura".

"Per raggiungere questi obiettivi non si può improvvisare: è necessario programmare gli investimenti sapendo che il ritorno sarà a lunga scadenza: ci vuole capacità di gestione, efficienza e una normativa sufficientemente stabile", osserva Renato Drusiani, responsabile ambiente e acqua di Federutility. (Antonio Cianciullo - repubblica.it)

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