L'astronave Terra percorre la sua orbita ai margini della galassia, "ancorata" alla nostra stella Sole ma ad un passo dal vuoto intergalattico. Possibile che non risenta di ciò che avviene là fuori?
In realtà sul nostro pianeta si sono venute via via manifestando condizioni di "difesa" dalle perturbazioni esterne e di relativa stabilità, che hanno consentito l'evolversi della vita come noi la conosciamo. L'atmosfera ci protegge (almeno parzialmente) dagli impatti di asteroidi e di altri corpi celesti e fa sì che la temperatura sia più alta e più stabile di quella che si ritroverebbe su un pianeta analogo ma senza aria. Il campo magnetico terrestre scherma gran parte dei raggi cosmici e delle particelle di alta energia che vengono dallo spazio esterno e lo strato di ozono stratosferico impedisce che i raggi ultravioletti "duri" giungano fino a noi. E questi sono solo alcuni esempi di meccanismi di "difesa" e stabilità...
Tuttavia, vista da fuori, l'astronave Terra appare in tutta la sua piccolezza e marginalità, e non si può fare a meno di pensare che possa cadere in balia di forze più grandi di lei...: è ovviamente un atteggiamento psicologico, un cambio di sistema di riferimento che forse si è manifestato concretamente a tutti solo con la famosa fotografia della Terra ripresa dalla Luna nel corso di una missione Apollo.
A questo proposito, mi viene da pensare che una delle cose più belle dell'attività scientifica è che atteggiamenti psicologici, idee e visioni del mondo possano essere poste in discussione da analisi scientifiche e dai loro risultati. La scienza ci insegna una via verso l'umiltà: la propria visione del mondo al banco di prova della ricerca.
Inoltre, in un sistema come la Terra, dove numerosi influssi esterni la possono "colpire", occorre "pesare" quantitativamente l'importanza relativa degli stessi sul comportamento del sistema. Se il sistema è complesso (e questo è il caso), occorrerà valutare attentamente la "propagazione" di questi influssi esterni con una fisica e una matematica che tengano conto dei processi e degli effetti di feedback, fino a comprendere l'importanza relativa dei singoli influssi esterni. E' chiaro che l'effetto del singolo influsso non è estraibile dal contesto, ma va pesato insieme agli altri, inevitabilmente con un modello.
E veniamo a noi... Nel can-can mediatico intorno al tema dei cambiamenti climatici recenti, c'è chi sostiene che il riscaldamento globale sia dovuto all'aumento di concentrazione dei gas ad effetto serra e chi sostiene che la causa vada ricercata in influssi naturali. L'analisi scientifica, ovviamente, mostra che entrambi i fattori (naturali ed antropogenici) hanno avuto un ruolo negli ultimi 150 anni, ma con un peso diverso: il che fa generalmente attribuire buona parte dell'aumento di temperatura alle cause di origine umana.
Negli ultimi anni si sono anche analizzate più a fondo alcune cause di cui si sa di meno, ad esempio l'influsso dei raggi cosmici. Purtroppo i risultati sono piuttosto deludenti, in quanto spesso si tratta di evidenze di correlazioni lineari che, tra l'altro, alcuni trovano ed altri no, a seconda di come si effettui l'analisi statistica. Insomma, nessuno ha mai condotto un'analisi pienamente non lineare e nessuno ha mai pesato questi influssi in un modello che contenga una descrizione della dinamica del sistema.
Oggi, per fortuna, quest'ultima cosa è stata fatta: metodi e risultati di una ricerca in tal senso sono stati pubblicati il 13 maggio scorso in un articolo di due ricercatori americani (Pierce e Adams) sulla rivista internazionale Geophysical Research Letters .
Ebbene, tutti sanno che l'andamento termico terrestre deriva dal bilancio tra radiazione entrante (solare) e radiazione uscente dal pianeta. Nessuno nasconde, quindi, che il Sole abbia un ruolo essenziale. Il problema è che con la forzante solare non si spiega se non una minima parte della variabilità di temperatura dell'ultimo secolo, tanto meno il suo trend di aumento. Sembra che un ruolo fondamentale lo abbiano le forzanti antropogeniche, ma perché non indagare il ruolo di altri effetti naturali? I raggi cosmici sono tra questi.
Mentre la variabilità nel ciclo solare di 11 anni è solo dello 0.1% nella radiazione emessa, la variazione dei raggi cosmici nello stesso periodo undecennale può raggiungere il 15%, a causa delle variazioni nel cosiddetto "vento solare ". Inoltre, dati indiretti indicano un trend di diminuzione dei raggi cosmici, tanto che il loro flusso sarebbe diminuito mediamente del 15% dall'inizio del secolo scorso. Abbiamo dunque, a quanto pare, variazioni significative.
Ma come i raggi cosmici influenzerebbero il clima? L'effetto principale cui si può pensare è quello per cui questi raggi contribuiscano a formare prima ioni e poi nuclei di condensazione per il vapor d'acqua. Dunque la loro presenza favorisce la formazione di nubi, nubi che, a loro volta, tendono ad indurre un raffreddamento nella bassa atmosfera. La graduale diminuzione del flusso di raggi cosmici nell'ultimo secolo potrebbe dunque aver indotto una diminuzione di nuvolosità e un aumento di temperatura compatibile con il riscaldamento osservato.
Fin qui le considerazioni qualitative. Qualche conto quantitativo che analizzi solo questo processo fa pensare che la diminuzione del flusso di raggi cosmici nell'ultimo secolo possa rendere conto del riscaldamento globale in atto. Ma ci sono alcune cose che non quadrano...
Ad esempio, esistono molti fattori che fanno sì che l'efficienza di formazione di nubi a partire dai raggi cosmici sia molto meno elevata di quanto fanno intendere le considerazioni precedenti. Innanzi tutto, molte particelle vengono "perse" per coagulazione prima di raggiungere il raggio di nuclei di condensazione; poi una parte significativa dei nuclei presenti è dovuta ad emissioni antropiche o naturali di origine diversa (per esempio dagli oceani) e dunque non modulate dai raggi cosmici; infine, le correlazioni raggi cosmici « nubi si riferiscono a nubi basse che si trovano a basse latitudini, mentre il potenziale ionizzante dei raggi si espleta ad altezze elevate e ad alte latitudini: sono dunque questi nuclei effettivamente trasportati dalla circolazione generale dell'atmosfera?
E' chiaro che questi elementi possono essere valutati e pesati solo inserendo il processo che conduce dai raggi cosmici alla formazione delle nubi in un modello che consideri anche gli altri elementi e processi che avvengono nel sistema clima, insieme alla sua dinamica. Ciò è stato fatto da Pierce e Adams.
Ebbene, lasciando alla lettura dell'articolo citato per i dettagli tecnici, il risultato fondamentale cui giungono i due ricercatori è che, anche considerando i feedback che possano aumentare l'efficienza di formazione di nubi a partire dai raggi cosmici, questa formazione risulta circa 100 volte inferiore a quanto sarebbe necessario per spiegare con questo meccanismo i cambiamenti osservati nella copertura nuvolosa e per contribuire significativamente al riscaldamento globale riscontrato nell'ultimo secolo.
Insomma, la Terra è effettivamente piccola e fragile se vista dallo spazio esterno. Allo stesso tempo, però, questo pianeta si è costruito in milioni di anni meccanismi di regolazione da determinati influssi esterni, che, guarda caso, tendono a salvaguardare da mutamenti eccessivi e pericolosi per le forme di vita. Sono stati processi lunghi cui, tra l'altro, la vita si è a sua volta adattata.
Oggi gli influssi pericolosi sembra che vengano dalle azioni di noi umani. Non un clima figlio delle stelle, dunque, ma figlio nostro...
Si potrebbe sperare che alcuni meccanismi di regolazione naturale ne limitino gli effetti. Ma, ancora una volta, non ci si può fermare ad ipotetiche speranze o a considerazioni qualitative: dobbiamo pesare gli influssi umani quantitativamente, insieme agli altri influssi e considerando la complessità del sistema clima.
I modelli climatici lo fanno e ci dicono che i feedback negativi non sono sufficienti a controbilanciare le nostre azioni. (Antonello Pasini - ilsole24.it)
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