Proteggere il mare conviene economicamente

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Martedì, 26 Maggio 2009

 

La protezione di mari ed oceani attraverso l´istituzione di Aree marine protette (Amp), «grazie al turismo ed alla pesca regolamentata, può assicurare dei guadagni più elevate e più durevoli che lo sfruttamento continuo». E´ la conclusione alla quale arriva una nuova pubblicazione dell´Iucn che raccoglie studi di caso relativi ai vantaggi economici delle aree marine protette e presentato a Washington al secondo International Marine Protected Area Congress.

Nel 1999, lungo le coste delle Hawaii è stata creata una rete di Amp per proteggere il mare dalla sovrapesca che riforniva gli acquari di pesci esotici. Oggi la pesca è tornata ai livelli di oltre 40 anni fa. Nelle Figi, vicino all´isola di Viti Levu, nell´Amp di Navakavu gestita dai locali, la pesca è aumentata del 3% nei quattro anni successivi alla protezione del mare con un aumento del guadagno per i piccoli pescatori di 28.700 dollari.

I pescatori che operano nell´Amp di Kulape-Batu-Batu, nelle filippine, hanno visto le loro entrate crescere del 20% dopo l´istituzione del parco marino. Sono solo alcuni dei casi che secondo Carl Gustaf Lundin, direttore del Global Marine Programme dell´Iucn, «dimostrano che il divieto di pesca o di altri utilizzi estrattivi nelle aree marine scelte è economicamente vantaggioso. Ben gestite, le aree marine aiutano la ricostruzione degli stock di pesci, il che accresce il rendimento delle zone vicine e migliora la situazione economica delle comunità locali». Le Amp si stanno dimostrando anche una potente calamita per il turismo, un´altra fonte di guadagno per le comunità costiere e insulari.

Dopo la realizzazione nel 2003 di una piccola Amp di 4 Km2 vietata alla pesca nell´isola britannica di Lundy, nel canale di Bristol, il turismo è aumentato considerevolmente con un raddoppio del business locale. Anche i pescatori ne hanno tratto beneficio: gli astici sono più abbondanti e mediamente più grossi sia dentro che fuori l´Amp e gli stock ittici dell´intera regione sono in ripresa.

«Nella giornata della biodiversità, l´Iucn ha portato le prove che la protezione degli oceani è buona per la biodiversità ma anche per l´economia - sottolinea Julia Marton-Lefèvre, direttrice generale dell´Iucn - Questi esempi di diverse regioni del mondo dimostrano che non ci sono più scuse per continuare a sfruttare gli oceani fino a che non resterà più nulla, il che alla fine porterà alla distruzione completa della pesca, per non dire niente della diversità della vita sul nostro pianeta». Intanto le Amp italiane languono, prese in mezzo tra l´approvazione della Carta di Siracusa che ne afferma l´importanza e la necessità di ampliamento le politiche concrete dello stesso ministro che l´ha proposta che le ignorano. Anche altrove non va meglio: solo l´1% dei mari del pianeta è protetto, un dato risibile rispetto al 12% della superficie delle terre emerse protette. Eppure, nel quadro della Convenzione Onu sulla diversità biologica, gli Stati (Italia compresa, che aderisce anche a convenzioni regionali ancora più ambiziose) hanno deciso di aumentare la protezione di mari ed oceani per arrivare al 10% entro il 2010.

Da noi si potrebbe cominciare dalle Amp non ancora istituite (come l´Arcipelago toscano) quando c´è una legge, la 979, che le indica fin dal 1982 o da quelle incagliate al ministero dell´ambiente (come le secche della Meloria). Per passare dalle parole ai fatti (e alla gestione ben seguita e finanziata) sarebbe necessario e producente seguire l´esempio di inglesi, americani, filippini e figiani, invece di star dietro al piccolo cabotaggio e alle baruffe locali ed elettoralistiche di chi, nonostante gli esempi e gli studi internazionali, continua a voler far credere che le Amp sono un danno.

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